Luigi Lamonica
KAREEM ABDUL-JABBAR: L’EMOZIONE DI STRINGERE LA MANO A UN MITO.

Mister Decidere consegna una copia del suo libro al Numero Uno.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 09 Aprile 2017 - Ore 16:30

“Indovina: chi proveranno a portare a Pescara quelli di Pomilio Blumm, per l’Oscar Pomilio Forum? È un pezzo grosso, molto grosso, del basket…”.

Era un primo pomeriggio di inizio febbraio 2017 e Luca Maggitti mi telefonò, facendomi questa domanda. Incagliandomi sulla risposta, quando “Lucone” mi disse che stavano puntando al bersaglio grosso senza darmi altri appigli, iniziai a “rosicare”!

E siccome Luca comunica quasi sempre in email o sms, la sua chiamata mi aveva messo la classica pulce nell’orecchio, visto che ci aveva addirittura sprecato una telefonata…

Qualche giorno dopo, tutto fu ufficiale: a Pescara sarebbe arrivato Kareem Abdul-Jabbar!

Per la mia generazione “KAJ”, i suoi occhialoni, i suoi ganci cielo, i suoi mitici Lakers sono stati i sogni di bambini che iniziavano a familiarizzare con i canestri, con la palla che veniva accarezzata invece che calciata, con il cemento liscio del campo all’aperto alla pineta dell’Amatori Pescara, anziché il cemento ruvido delle partitelle a pallone sotto casa mia a Piazza Salvo D’Acquisto.

Jabbar è stato il simbolo delle prime partite in televisione della NBA grazie a Tele Capodistria, in orari improponibili per ragazzi della mia età, che davano la sensazione di quanto il gioco della pallacanestro fosse affascinante, elegante, educato.

Jabbar è stato il giocatore inarrivabile, con quel suo fisico di 218 cm atletico, coordinato, veloce come pochi altri e quel suo caratteristico tiro, il Gancio Cielo, che lo ha reso unico e immortale.

Scommetto che chiunque lo abbia visto giocare avrà provato, almeno una volta, ad imitarlo. Visto in televisione, il suo Gancio Cielo sembrava di una facilità impressionante: appena Kareem riceveva la palla ed era nel suo raggio di tiro, non importa chi lo marcasse, prendeva la palla, slanciava la gamba destra coordinando spalla, braccio, mano destra, arrivava in cielo e, accarezzandola, “spediva” la palla  nel canestro!

In apparenza, un gioco da ragazzi…

Invece era un movimento plastico per lui, ma solo per lui, che aveva eleganza e coordinazione da lasciare tutti a bocca aperta. Infatti per noi, che lo imitavano, c’era la frustrazione di prendere atto di un tiro dalla difficoltà estrema, che solo la classe di KAJ rese semplice agli occhi del mondo intero.

Nei giorni seguenti alla telefonata di Luca e dopo l’ufficializzazione, salì la febbre per l’evento della Pomilio Blumm: troppe richieste di accredito e tutti i riflettori mediatici, sportivi e non, puntati su Pescara e sull’evento.

Che dire, quindi, se non bravissimi a Franco e Massimo Pomilio, per aver regalato a Pescara una giornata storica?

Miei amici di Treviso, Firenze, Roma, Napoli e altre città mi avevano chiamato per sapere se c’era la possibilità di partecipare, ma avevo risposto che anche io mi ero accreditato come tutti.

Il giorno prima del fatidico 11 marzo 2017, Maria Vittoria Pomilio, cugina di Franco e Massimo, mi chiamò per dirmi che sarei stato loro gradito ospite, al di là dell’accredito. Evviva! Non avrei potuto sperare di meglio.

Così, insieme a Luca e al nostro amico Mimmo Cusano (super fotografo sempre sul pezzo) – loro accreditati di diritto, visto che avrebbero lavorato – il giorno storico siamo partiti da Roseto con largo anticipo, per goderci una giornata speciale, ancora increduli di poter partecipare ad un evento cosi importante e, sinceramente, insperato.

Eravamo all’Aurum, sede dell’incontro, con almeno 2 ore di anticipo, ma fuori c’erano già persone pazientemente in fila ad attendere l’arrivo di Kareem Abdul-Jabbar. Tra loro tanti bambini, come giusto che fosse, e io ho pensato: “Forse questa volta sono stati i genitori a spingere i bambini a venire. Non come accade la domenica, quando i figli ‘costringono’ i padri a farsi accompagnare a vedere la partita al palazzetto”.

Entrati, vedo un gran lavoro di organizzazione. Decine di persone stanno curando gli ultimi dettagli dell’evento. La sala può contenere 250 persone sedute, mentre gli altri si dovranno accontentare dei maxischermi in sale attigue.

Per i giornalisti è stata organizzata una conferenza stampa e, anche se il mio biglietto non me lo consentirebbe, seguo Luca e Mimmo e mi intrufolo senza dare fastidio, sedendomi e aspettando. Poco alla volta, anche la sala si riempie: tutti in attesa dell’arrivo dell’ospite d’onore.

Come si addice ad una vera star, Kareem arriva con piccolo ritardo. Logicamente grande ressa: tutti che vogliono una foto, gli porgono una maglietta per farsela autografare o un pallone.

Intanto, le guardie del corpo che gli aprono la strada lo conducono all’interno della sala adibita alla conferenza stampa. La cosa che mi colpisce è che, nonostante i suoi 70 anni, si muove come sul campo di pallacanestro: sopra tutti, compreso gli enormi addetti alla sua sicurezza, dinoccolato.

Sono a 10 metri da lui e non mi capacito che quello che ho di fronte è il miglior marcatore di sempre della NBA.

Si siede e sullo schermo dietro di lui scorrono le immagini di un giovanissimo Lew Alcindor (il suo nome all’anagrafe, prima che abbracciasse la religione musulmana) prima alla High School, poi in compagnia di John Wodden a UCLA, poi con Muhammed Alí, Wilt Chamberlain, Bill Russell… immagini stupende.

KAJ ha grande disponibilità e risponde alle domande dei giornalisti, fino a quando la sua manager dice che è tempo di prepararsi per l’evento per cui è stato invitato: l’Oscar Pomilio Forum.

Al suo ingresso nella sala principale, una standing ovation spontanea di tutti i presenti. Kareem, sempre scortato da enormi guardie del corpo (che però sono almeno 20 centimetri più basse di lui), sembra piacevolmente sorpreso di tanto calore.

Per sua ammissione, l’Italia non è mai stata una sua meta. E la sua modestia, che lo ha reso famoso per essere una delle star con il più basso profilo di sempre dello sport mondiale, lo porta oggi a essere sorpreso del fatto che un settantenne possa riscuotere ancora, a migliaia di chilometri di distanza da casa sua, tanto interesse.

Al termine del suo intervento ufficiale sul tema “Il frattempo”, libero sfogo alle domande del pubblico presente, con KAJ pronto a rispondere a tutti con la massima disponibilità.

Tra le tante domande, due mi hanno colpito in modo particolare (o, meglio, mi hanno colpito le sue risposte).

La prima a seguito della domanda di un bambino che forse avrà potuto avere 10 o 11 anni e che gli ha chiesto: “Dimmi, ma come ti è venuto in mente di inventare il Gancio Cielo?”. Risata generale di tutti i presenti e dello stesso Kareem, una vota che gli è stata tradotta. Poi la risposta: “Il Gancio Cielo non l’ho inventato io. Esisteva già, io l’ho solo perfezionato per renderlo il più infallibile possibile”.

La seconda è stata di un giocatore del Roseto Sharks, Brandon Sherrod, che presentatosi sotto il palco ha chiesto al suo idolo ed esempio come avesse fatto negli anni dei mitici anni  dei Lakers e del loro “Showtime” a rimanere concentrato e a migliorarsi, nonostante vivesse in una città come Los Angeles… piena di distrazioni fuori dal campo. La risposta racchiude un insegnamento valido per tutti gli ambiti sportivi, lavorativi e professionali: “Puoi avere tutto il talento del mondo, ma da solo non basta. C’è bisogno di  sacrificarsi, sudare, lottare, impegnarsi tutti i giorni nel coltivarlo. Io sapevo cosa volevo fare nella vita una volta arrivato a Los Angeles e questo non era compatibile con troppe distrazioni. Ho solo fatto una scelta”.

Sarebbe stato bello far ascoltare queste parole a tutti i giovani del mondo! Questo l’unico rammarico di una giornata speciale: sarebbe stato bellissimo poter conciliare l’Oscar Pomilio Forum – a cui deve andare tutto il nostro ringraziamento per un evento memorabile – con un incontro con i giovani delle scuole e dei settori giovanili delle squadre di Pallacanestro: sono sicuro che avrebbe fatto avvicinare moltissime nuove leve al basket. Perché è soprattutto di questo che il nostro sport ha bisogno.
 
Per Pescara, aver avuto Jabbar è come se fosse venuto Pelé nel calcio o, fuori dallo sport, il Papa! Noi abbiamo il privilegio di sentire i suoi ragionamenti, che meritavano la massima amplificazione possibile, anche oltre l’evento.
 
Grazie Franco e Massimo Pomilio, grazie Nello Di Marcantonio e grazie Luca Maggitti per una giornata veramente speciale. E grazie a Mimmo Cusano per foto preziosissime!


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I DIARI DI LUIGI LAMONICA

CAMPIONATO MONDIALE 2010
TURCHIA, Istanbul.
Luigi Lamonica arbitra la Finale del Campionato Mondiale fra USA e Turchia.
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EUROLEGA 2011
SPAGNA, Barcellona.
Luigi Lamonica arbitra la Finale di Eurolega fra Panathinaikos Atene e Maccabi Tel Aviv.
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CAMPIONATO EUROPEO 2011
LITUANIA, Kaunas.
Luigi Lamonica arbitra la Finale del Campionato Europeo fra Spagna e Francia.
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EUROLEGA 2012
TURCHIA, Istanbul.
Luigi Lamonica arbitra la Finale di Eurolega fra Olympiacos Pireo e CSKA Mosca.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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OLIMPIADE 2012
REGNO UNITO, Londra.
Luigi Lamonica arbitra la Semifinale dell’Olimpiade fra Spagna e Russia.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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EUROLEGA 2013
REGNO UNITO, Londra.
Luigi Lamonica arbitra la Semifinale di Eurolega fra Real Madrid e Barcellona.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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CAMPIONATO EUROPEO 2013
SLOVENIA, Lubiana.
Luigi Lamonica arbitra la Finale del Campionato Europeo fra Francia e Lituania.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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CAMPIONATO MONDIALE 2014
SPAGNA, Madrid.
Luigi Lamonica arbitra il Quarto di Finale del Campionato Mondiale fra Francia e Spagna.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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CAMPIONATO EUROPEO 2015
FRANCIA, CROAZIA, GERMANIA, LETTONIA. FRANCIA, Lille.
Luigi Lamonica arbitra la Finale del Campionato Europeo fra Spagna e Lituania.
[Ultima puntata, con i link a tutte le puntate del Diario.]
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