Roseto Basket Story
VITTORIO FOSSATARO: UNA VITA NEL SEGNO DEL ROSETO

L’articolo pubblicato sul MESSAGGERO Abruzzo lunedì 21 agosto 2017.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 23 Agosto 2017 - Ore 20:00

Vittorio Fossataro, classe 1940, sposato e padre di due figli, si appresta a festeggiare il suo mezzo secolo in panchina in qualità di dirigente sportivo. Oggi pensionato, Fossataro ha una carriera lavorativa spesa nel campo dell’abbigliamento. Da sempre uomo di fiducia delle varie proprietà che si sono succedute alla guida del basket rosetano, Fossataro è stato vicino ad Aldo Anastasi (Il Colonnello, per il basket), Giovanni Giunco, Enzo Amadio, Ettore Cianchetti, Daniele Cimorosi e altri ancora. Nella stagione di Serie A 2003/2004, pur di non far chiudere il Roseto, Fossataro accettò il ruolo di “presidente traghettatore”, rilevando le quote da Nino Tulli e gestendo il passaggio alla cordata rappresentata dal presidente Domenico Alcini e dal general manager Michele Martinelli. A Vittorio Fossataro si deve il merito del Memorial Giovanni Giunco, che negli anni ha premiato personaggi illustri come Dino Meneghin.


Nel Lido delle Rose esiste una creatura mitologica, un po’ nostromo e un po’ sherpa (sia nell’accezione alpinistica sia in quella diplomatica).

Il suo nome è Vittorio Fossataro e preferisce lavorare dietro le quinte, anche se la sua presenza è anticipata dall’aroma dell’inseparabile sigaro.

Nel corso di oltre mezzo secolo (52sima stagione, 50esima come accompagnatore, precisa lui) ha servito molti principi, diventando una sorta di Machiavelli della pallacanestro rosetana. Non ha esitato a tuffarsi nel vuoto per la vita del Roseto, come quando nel 2003 rilevò le quote di Tulli per tenerle qualche mese e passarle alla cordata di Alcini.

Oggi, dopo una vita nel basket, l’attuale general manager degli Sharks riflette sulle parole magiche che gli hanno concesso la longevità dirigenziale: «La passione per la pallacanestro e per il Roseto, lo spirito di appartenenza alla comunità rosetana e l’attaccamento ai colori sociali».

Un uomo vecchio stampo, che in merito alle caratteristiche che fanno la differenza per un dirigente afferma: «L’umiltà, la dedizione al lavoro e la precisione, cercando di essere sempre obiettivo in tutte le situazioni».

Circa i presidenti con i quali ha avuto il rapporto più stretto, Fossataro chiosa: «I rapporti più intensi, per motivi diversi, li ho avuti con Giovanni Giunco e con Ettore Cianchetti e Daniele Cimorosi».

Il momento più difficile della sua carriera lunga oltre mezzo secolo è stato, ovviamente, quando ha assunto la carica di presidente, nel 2003. Scegliendo invece alcuni giocatori, fra i tantissimi conosciuti, riflette: «Romano Nardi, uno dei primi acquisti del Roseto targato Monti Confezioni. Paolo Moretti, componente della Cordivari che ottenne la storica promozione in A1: campione e uomo squadra di grandissimo spessore morale. Fra gli stranieri, dico Adrian Griffin e il più grande di tutti: Mahmoud Abdul-Rauf».

Riflettendo invece sugli allenatori che ha accompagnato in questi decenni, Fossataro riflette bene, consulta qualche almanacco e osserva: «Zeljko Troskot, ex giocatore della mitica nazionale jugoslava, che portò a Roseto il metodo di gioco slavo che si basava principalmente sul contropiede, raggiungendo il terzo posto nella seconda serie dietro la Brill Cagliari di Velluti e Spinetti e la Stella Azzurra di Quercia e Kunderfranco. Nello Paratore, che dopo l'esperienza con la nazionale italiana arrivò a Roseto negli anni settanta, apportando un grandissimo contributo all’organizzazione societaria. Kenneth Grant, grande specialista nel pressing difensivo e del contropiede, oggi agente NBA. Infine, il mitico Phil Melillo, che portò il Roseto in A1 nel 2000 con un gioco spumeggiante guadagnando le prime pagine dei quotidiani nazionali. Anche nel campionato 2002/2003 c’era Phil, quando sfiorammo la finale di Coppa Italia, perdendo in un rocambolesco epilogo la semifinale contro la Cantù di Stonerook e Hines. Quel Roseto si qualificò per i playoff di Uleb Cup, dove affrontammo l'Estudiantes di Madrid e fummo eliminati a causa di un arbitraggio molto discutibile. Ritengo che quella formazione del presidente Amadio, allestita dal general manager Valerio Bianchini, sia stata la più forte di sempre».

Sulla vittoria più bella, Vittorio quasi si commuove: «Il primo derby in Serie A1 contro il Teramo, nel 2003/2004, con un favoloso Luke Recker che bombardò la retina dei teramani davanti al tutto esaurito del PalaMaggetti. In quella stagione, oltretutto, fui anche il presidente per un periodo».



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