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PIERPAOLO MARCHETTI MI HA LASCIATO... PORCA PUTTENA!

Un grande amico lascia l’impiego, ma non la professione. I suoi lettori tirano un sospiro di sollievo, io uno di angoscia. Che provo ad esorcizzare con questa letteronza, indirizzata al mio grande boss (fino a stasera).

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedě, 30 Novembre 2017 - Ore 19:30

Per fortuna che è una notizia quasi annoverabile fra le “fake news”.

Quasi, perché Pierpaolo Marchetti oggi lavora per l’ultima volta come dipendente del Messaggero, ma i suoi estimatori possono stare tranquilli perché continueranno a leggere i suoi pezzi da maestro sul dorso abruzzese del quotidiano.

Quindi niente lutto per i lettori. La veste nera spetta invece a quelli come me, collaboratori di Pierpaolo, che devono salutare il responsabile delle pagine sportive del Messaggero Abruzzo, accomiatandosi con una lacrima al rhum da un grande boss.

Io collaboro col quotidiano dall’estate del 2014, grazie alla chiamata di Andrea Taffi, e per le questioni di sport ho avuto la fortuna e il privilegio di fare riferimento a Pierpaolo, che chiamo “Fratello Planti”. Lui mi ritorna la cortesia a meno che non mi chiami “De Simone”, mettendo in piedi in pochi istanti un estratto di pochade “Auricchio/De Simone”, con me nei provvisori panni di Sandro Ghiani e lui in quelli di Lino Banfi.

Pierpaolo mi invitò a scrivere per il Messaggero Abruzzo intorno al 2007, credo. Io ero al Tempo Abruzzo e al mio postò andò l’amico Marco Rapone. Poi la giostra girò ancora e dal 2014 siamo io al Messaggero Abruzzo e Marco al Centro.

Giornalista di lungo corso, “Marchettone”, che a dispetto dell’altro soprannome dovuto alla mole non si è mai venduto un articolo, ha saputo pure costruirsi una solida e premiata fama di traduttore di romanzi scritti in spagnolo.

Uomo che legge, osserva, comprende e ascolta, gli piace pure la musica e il suo sogno, malcelato, è di fare il crooner in una sempre più improbabile Cuba in cui trionfi il socialismo gaudente. Sarà per la prossima vita.

Intanto, in questa, il Nostro – c’è da giurarci... e io lo faccio – continuerà a stregare con l’aria sorniona dagli schermi di Rete 8, sculaccerà con la sciabola il calcio sul Messaggero Abruzzo e tradurrà ancora le storie che così tanto lo affascinano, legate soprattutto al Sud America.

E siccome non è ballerino da star su una gamba ad aspettar la carità di un’altra rumba, “Planti” me lo immagino continuare a scarpinare disincantato dietro a notizie e storie, con il sorriso del suo amico Leo Junior e la nettezza dell’arcifumatore Baka Sliskovic.

La nostra amicizia risale al primo anno in Serie A del Roseto Basket: il 2000. Da allora, fra sigari accesi e spenti quasi a mandare messaggi alla luna, esegesi di questo o quel modulo calcistico, analisi critico-ridanciane degli sfondoni più belli e spernacchiamento di tutti quelli che si credono Michael Jackson essendo Weird Al Yankovic, decine e decine sono le serate da circoletto rosso che ho la fortuna di annoverare con Pierpaolo e compagnia pensante. E decine e decine voglio ancora farne.

Stakanovista del pensiero – non necessariamente pesante, per fortuna – Planti si sorbisce da anni, una volta a settimana, la rotta Pescara-Roseto dopo la trasmissione televisiva di basket che mi vede impegnato (o ci vedeva, ai tempi in cui c’erano anche Giorgio Pomponi e poi Lorenzo Settepanella e poi Marco Rapone).

Giunto all’Hercules – con qualche parentesi da Spizzico, con Giuliano e il suo cartellone – il protocollo impone il saluto alla dolce Gabriella e l’inizio del bonario sberleffo a patron Alfonso, che affettuosamente gli serve il primo caffè quando si siede e il secondo quando si alza. In mezzo, tanta vita condita di sport, cultura, battute, performance.

Chi non ha mai sentito Marchetti interpretare (“imitare” mi pare irriguardoso e riduttivo) Scoglio o Cosmi forse non può dirsi suo amico. O, almeno, sodale.

Elefantiaco nella memoria, preciso nell’incasellamento dell’aneddotica almeno quanto è disordinato nella vita quotidiana (per sua sorridente confessione), Marchetti è il croupier che tiene il banco sia quando il calcio diventa roba da intellettuali sia quando piega verso derive da “core e budella”. Da Valdano a Cosmi, c’è sempre una chiave da girare e un racconto da narrare, nel rispetto di chi leggerà e senza strizzare l’occhio ai potenti di turno, da sempre snobbati nella più felice e originale accezione del termine.

Grazie a Pierpaolo ho conosciuto Giovanni Galeone, Massimiliano Allegri e Marco Giampaolo, potendo coinvolgere i primi due in progetti di solidarietà e beneficenza che hanno dato ottimi frutti.

Soprattutto, grazie alla sua benevolenza ho potuto raccontare per oltre 3 anni il basket rosetano e abruzzese sul Messaggero Abruzzo senza tagli, strattoni, paraculate o deviazioni dall’unico referente che noi giornalisti abbiamo, il lettore, operando secondo verità. Spero di essere stato un buon collaboratore nel lavoro.

Di risate, riflessioni, brindisi, libri da lui tradotti e ricevuti in regalo gli sono debitore.

Voglio invece continuare a essere un passabile complice nello sghignazzo di questo uomo pieno di stile, quindi mai incline alle mode e recalcitrante verso ogni maniera.

Alla prossima serata, Planti!

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