Uomini di Basket
LUIGI LAMONICA: FISCHIANDO PER IL MONDO.

Andrea Tundo intervista l’arbitro italiano che ha diretto la finale del Campionato Mondiale fra USA e Turchia.

Brindisi
Venerdě, 19 Novembre 2010 - Ore 11:00
Pubblicato su "Trezerocinque - Il magazine del basket brindisino".

Lo chiamano il principe degli arbitri italiani perché è il numero uno in chiave tecnica e per traguardi raggiunti. Ma anche spaziando su temi che non siano basket e regole, Luigi Lamonica esprime concetti e idee all’avanguardia. Una mania per l’ambiente, l’energie alternative e le macchine ibride: il fischietto abruzzese è internazionale non solo nelle liste arbitrali ma anche per la portata del suo modo di pensare.

Un risvolto figlio del suo viaggiare per il mondo dirigendo partite su partite, un’attività che l’ha portato in qualsiasi posto dell’Europa e fino nel lontano Oriente, dove nel 2008 ha arbitrato le Olimpiadi di Pechino, «un’emozione unica che conserverò tutta la vita, sia sotto il profilo sportivo che umano: l’aria che si respira ai Giochi è unica, un’esperienza che lascia una traccia per sempre».

Quarantacinque anni, ex impiegato in una ditta di amministrazione, Lamonica è passato ad arbitrare a tempo pieno da qualche anno, anche perché la Fiba Europe gli ha affidato un progetto sui giovani arbitri in collaborazione con l’Università di Gran Canaria: «Un’iniziativa stupenda che assorbe tempo ma è rivoluzionaria. Ho fatto una scelta di campo, credo la migliore».

Così il basket è diventato la sua vita al cento per cento. Un’avventura iniziata nel lontano 1979, quando Lamonica aveva appena 14 anni. «La Federazione dimenticò d’inviare gli arbitri in un torneo e io mi ritrovai col fischietto al collo. Ho iniziato così, per scherzo…».

Come spesso accade la miccia è accesa per caso ma la deflagrazione è forte e chiara. Il ruolo a Lamonica piace, è bravo e soprattutto c’è un aspetto del campo arbitrale che Gigi, come lo chiamano tutti, apprezza particolarmente: «Arbitrando ho preso il primo treno a 15 anni, il primo aereo, la prima nave. Per la mia prima direzione intascai 3000 lire, sognavo di comprare una Vespa. Non ce l’avrei mai fatta, ma poi mi sono detto: “Luigi, puoi viaggiare, vedere posti nuovi, fare nuove esperienze”. E quindi ho continuato».

Arbitra bene oggi, e arbitra meglio domani, Lamonica si ritrova in serie A nel 1993: oltre 500 partite, 10 finali scudetto e la nomina ad internazionale nel 1996. Il “Principe” espande il suo reame: arbitra in Eurolega, è sua la Finale degli Europei di Svezia ’03 quando l’Italia conquista il pass per Atene ’04 grazie al terzo posto. Potremmo andare avanti a lungo, ci limitiamo alle finali di Eurolega (2002 e 2007), alla semifinale olimpica Argentina-USA e alla Finale Mondiale dello scorso settembre tra Turchia e Stati Uniti.

«Ho visto tanti campioni da vicino: Ginobili, Jaric, Parker, Belinelli, il team Usa a Pechino con tutte le star dell’Nba e Durant all’ultimo mondiale, eppure se c’è qualcuno che mi ha particolarmente impressionato è Ricky Rubio. Fatico a pensare ad un altro giocatore con la faccia così agonisticamente cattiva. Uno che entra in una finale olimpica, ruba palla a Wade e serve un compagno con un no look. Roba da fenomeni».

Parla con passione e sciorina i suoi mantra per un fischietto di successo: «Self control ed equilibrio sono le fondamenta del buon arbitro, le conoscenze tecniche vengono dopo – spiega -. L\'arbitro bravo è quello che non si ricorda al termine della partita. Noi non dobbiamo essere protagonisti di una gara».

E ampliando lo sguardo al sistema non ha dubbi: «Ognuno deve trovare la sua collocazione nelle mille sfaccettature di questo sport che tutti noi amiamo. C’è chi farà il giocatore perché ha grandi capacità tecniche, e chi l’allenatore perché riesce a capire all’istante e sotto pressione qual è la mossa giusta. Il nostro sistema non vive un momento felice perché mancano i dirigenti, le idee e le motivazioni: da qui dovremmo ripartire».

Intanto il basket italiano si è dato nuove regole a partire da questa stagione e Lamonica prova a fare il punto su quali “sposteranno” realmente gli equilibri del gioco: «Tutti hanno focalizzato l’attenzione sulla linea da 3 ma cambierà poco. Così come il semicerchio, perché l’applicazione prevede che entrambi i piedi debbano essere all’interno dell’area. Mentre farei attenzione al “passaggio indietro”: fischieremo più 8” e meno palla indietro. E occhio anche ai 14” che tenderanno a velocizzare il gioco regalando maggiore spettacolarità. Forse questa è l’unica regola che avvicina davvero il basket europeo alle stelle d’oltreoceano».

 







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