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Luigi Lamonica
FRA LA FINAL FOUR DI EUROLEGA E LE OLIMPIADI: INTERVISTA ALL’ARBITRO SCRITTORE.
Luigi Lamonica arbitra la Finale di Eurolega 2011 fra Panathinaikos Atene e Maccabi Tel Aviv.
[Ciamillo&Castoria]


Luigi Lamonica arbitra la Finale di Eurolega 2011 fra Panathinaikos Atene e Maccabi Tel Aviv.
[Ciamillo&Castoria]


Luigi Lamonica arbitra la Semifinale di Eurolega 2011 fra Maccabi Tel Aviv e Real Madrid.
[Ciamillo&Castoria]


Chiacchierata con Luigi Lamonica, alla vigila della sua partenza per Istanbul.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 10 Maggio 2012 - Ore 17:00

Luigi, stai per partecipare alla tua 4^ Final Four di Eurolega. Qual è il sentimento dominante?
«Grande responsabilità. Seconda Final Four consecutiva, con 2 semifinali davvero di difficile pronostico.  Ma anche grande soddisfazione, per aver disputato una stagione di buon livello ed aver dimostrato che il lavoro, alla lunga, paga. E non solo quello dell'ultima annata sportiva, ma anche quello degli anni passati».

Che stagione di Eurolega è stata quella 2011/2012, prima della Final Four?
«Certamente di altissimo livello, culminata con delle serie di play off davvero emozionanti ed equilibrate. Una stagione che, fino alla fine del lock out della NBA, ha permesso di far ammirare ai tifosi europei alcuni giocatori sensazionali come Gallinari, Rudy, Ibaka, Batum. E poi i giocatori che sono rimasti per tutta la stagione, preferendo la continuità europea: su tutti Kirilenko, ma anche Andersen».

Fra gli 8 arbitri designati per Istanbul ci siete tu e Jungebrand, altro "mostro sacro" della direzione arbitrale. Con lui, e con Arteaga, hai diretto la finale di Emir Cup in Qatar. 3 arbitri di massimo livello spediti in medio Oriente, dal grande capo Lubo Kotleba, per dirigere un basket di quale livello?
«Un basket con squadre zeppe di americani o naturalizzati, che investe molti soldi in marketing e comunicazione. Basti pensare che la partita è stata prodotta da una troupe televisiva inglese, senza lesinare telecamere e tecnologia. I quintetti sono anche di buon livello, mentre le panchine lasciano un po’ a desiderare. Lo spettacolo comunque non manca, grazie soprattutto alla completa assenza di tattiche difensive: una specie di corri e tira, con punteggi alti e tanto spettacolo per il pubblico».
 
Che effetto ti ha fatto il Qatar, basket a parte? Quali emozioni o riflessioni in merito?
«La riflessione, ormai solita, è che senza l'arbitraggio io in Qatar non ci sarei mai andato. Quindi ancora una volta profonda gratitudine verso l’arbitraggio. L'emozione più grande è aver visto cosa gli uomini riescono a fare, quando hanno a disposizione mezzi economici smisurati - e da quelle parti mi sembra che siano veramente fuori dal comune - e tenacia. Doha sembra una città americana, con uno skyline, soprattutto di notte, eccezionale. Strade a 4 corsie (per forza, con quelle autovetture!) e complessi sportivi che, soprattutto a noi italiani, sembrano fantascientifici. Poi, basta allontanarsi di poche centinaia di metri da quegli splendidi complessi e vedi solo sabbia e dune, oltre al colore del cielo fatto di "giallo sabbia", come se ci fosse un filtro fotografico tra te e la volta celeste».
 
Il futuro dell'economia mondiale sembra essere in oriente. E quello del basket?
«Credo che in Europa si giochi ancora la migliore pallacanestro del mondo, esclusa la NBA dei play off. Anche al di fuori, l'Europa viene ancora percepita come l'esempio da seguire, compresi noi arbitri. Non a caso, per la Finale della Emir Cup, la Federazione del Qatar ha richiesto tre arbitri Europei. Nel nostro sport, i grandi investimenti non sempre garantiscono un risultato sportivo all'altezza degli investimenti. Occorrono programmazione, lavoro, idee vincenti, ma soprattutto sacrificio per ottenere risultati duraturi».
 
A ottobre 2011 è uscito "Decidere". Dovendo fare un primo bilancio del tuo libro, cosa mi dici?
«Molto positivo e stimolante. L'idea del libro è nata giusto un anno fa e per la sua preparazione ci sono voluti quasi cinque mesi di duro lavoro… e tu lo sai, essendone il curatore. Ho finora partecipato a molti incontri per pubblicizzare il libro, rispondendo ad inviti che mi hanno fatto piacere (approfitto per ringraziare di cuore tutti gli organizzatori degli incontri). Sono felice di poter affermare che il primo traguardo è arrivato: molti giovani arbitri, dove sono stato a presentare il libro o alle mie partite, mi hanno fatto capire che adesso anche loro hanno un sogno, come lo avevo io alla loro età, e cioè il sogno di una carriera ricca di emozioni, di viaggi, di incontri, di amicizie, di gioie. E hanno capito che, qualche volta, la strada non è tutta in discesa, ma ci sono delle difficoltà. Ora rimane il secondo traguardo da raggiungere: terminare la vendita delle 2.000 copie e poter aiutare, devolvendo i miei diritti di autore, la Onlus “L'Aquila per la Vita” (www.sctf.it è il loro sito internet), che si occupa di oncologia domiciliare nel difficile territorio di L'Aquila, devastato dal sisma del 2009. Siamo a buon punto, ma non dobbiamo fermarci, come non si fermano i “Medici Guerrieri” di “L'Aquila per la Vita”, che continuano ad assistere amorevolmente i malati e hanno bisogno del nostro aiuto».
 
Hai lo spazio che vuoi: scegli qualche bel ricordo legato a "Decidere" e condividilo con i lettori di ROSETO.com...
«Sicuramente la sera della presentazione alla Villa Comunale di Roseto è uno dei ricordi più belli. Tanti amici hanno voluto dimostrarmi il loro affetto, venendo da tutta Italia. Il mio unico zio, quasi ottantenne, che mi ha fatto una grande sorpresa arrivando in treno da Pieve di Cadore. Mio fratello Giovanni, che ho visto contento ed orgoglioso come mai prima di allora. Soprattutto, ricorderò per sempre il mio amico Vittorio, il mio primo compagno di coppia, e la gioia dei suoi occhi quando, alla fine della serata, mi si è avvicinato dicendomi: “Bravo Compà... è bellissimo!". Le parole di Leo Nodari, che mi ha "regalato" quella splendida emozione aprendo la settimana dedicata al premio letterario " Paolo Borsellino", e quelle di Giampiero Porzio "il Guerriero dei Guerrieri", colui che ogni giorno combatte contro il cancro dei suoi pazienti e che mi e ci ha regalato parole di vita bellissime. Quella sera ho capito, dopo tanti stupidi tentennamenti dovuti al mio carattere riservato, introverso, schivo e a volte burbero, che “Decidere” era la cosa giusta fare, per far sì che le mie emozioni, le mie esperienze, le mie paure e le mie gioie potessero essere utili ai giovani arbitri».
 
Come vorresti finisse “l’avventura” di “Decidere”?
«Può e deve finire in un solo modo: un bel bonifico bancario allo Staff di “L’Aquila per la Vita”! E spero ci arriveremo a fine anno 2012, quando gli arbitri di tutta Italia potranno dire: “Io ho aiutato i Guerrieri di L'Aquila per la Vita!”».
 
Torniamo all'arbitraggio. Dopo la Final Four di Eurolega, ti attende una estate impegnativa con gli Europei Under 20 in Slovenia e le Olimpiadi di Londra. Ti aspettavi di essere designato ancora per le Olimpiadi, dopo aver diretto in quelle di Pechino 2008?
«No. Credo di averlo detto mille volte che, mai e poi mai, mi sarei aspettato la designazione per Londra. La gioia che ho provato nell'apprendere la notizia è stata grandissima, mi è sembrato di tornare a febbraio 2008, quando arrivò la notizia della designazione per le Olimpiadi di Pechino. Ed il solo sentirsi… 4 anni più giovane è stato emozionante! In queste occasioni, il pensiero corre rapido a tutte quelle persone che hanno avuto un ruolo importante nella mia carriera, ma soprattutto nella mia vita. A tutti quelli a cui avrei voluto gridare la mia gioia, abbracciare, sollevare da terra e che purtroppo non ci sono più materialmente, ma che il ricordo mi conserverà sempre nel cuore».
 
A cosa pensi quando ti immagini nella vecchia Londra, alle prese con la manifestazione coi i cinque cerchi?
«A Londra, mi immagino seduto nel mio posto allo Stadio Olimpico,  emozionato e nervoso in attesa dell'inizio della cerimonia di apertura, con i brividi lungo il corpo e gli occhi alla caccia di quelle immagini che rimarrano, per sempre, nel mio cuore. A Pechino è stato così e sono sicuro che, anche a Londra, sarà la stessa cosa e che lo spirito olimpico renderà l'esperienza indimenticabile, come lo è stata quella del 2008, rendendomi un privilegiato tra i privilegiati, visto che un giorno potrò dire: “Io c'ero”».
 
Luca Maggitti
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