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Enogastronomica [Cibo, Vino e Spiriti.]
LA VERITA’, VI PREGO, SUGLI ARROSTICINI…
Arrosticini.
[Luca Maggitti]


Giovanni Tavano.
[Mimmo Cusano]


Li rustill’ vengono dai Balcani. Ce lo spiega Giovanni Tavano.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 03 Agosto 2012 - Ore 19:50

Li rustill’ ovvero gli arrosticini, i gustosissimi spiedini di carne di pecora arrostiti alla brace viva, sono divenuti uno dei più noti, amati e apprezzati simboli dell’Abruzzo a tavola.

Il successo, ormai non più solo italiano, degli arrosticini abruzzesi non è difficile da capire: sono relativamente semplici da preparare, obiettivamente buonissimi, molto originali, simpaticamente arcaici, costano poco, sono informali, si mangiano velocemente, sono belli saporiti e si tirano dunque anche qualche bella birra: insomma, tutti gli ingredienti-chiave per un (meritato) successo popolare!
 
Come tutti i simboli, si portano però dietro qualche scoria di troppo, che è bene provare a rimuovere (per quel che si può…). Ma andiamo con ordine:
 
il nome: il nome originale abruzzese è “rustill”, che non è altro che la pronuncia dialettale dell’italiano “arrostelli”. Però siccome l’italiano italiano anche in Abruzzo è ancora lingua distante dal parlare comune, ai ristoratori popolari degli anni ’60 che ne coniarono la italianizzazione commerciale parve più forbito tradurli in “arrosticini”, generando un neologismo che mi pare sgangheratamente sgrammaticato sia in dialetto che in italiano.
 
Consiglio dunque a tutti quelli che li amano davvero, di correggere sempre la loro ordinazione inarcando il sopracciglio e facendo notare gravemente all’oste che in italiano si chiamano e non possono che chiamarsi arrostelli, e non arrosticini…
 
L’origine: in una regione nella quale almeno da 3.000 anni ininterrottamente si pratica l’allevamento transumante degli ovini, nell’Abruzzo dei pastori di dannunziana memoria, tutti sono convinti che questo piatto così “primitivo” e pastorale sia antichissimo, e totalmente abruzzese. Purtroppo, non è così.
 
Ritengo infatti che in Abruzzo questo originale modo di preparare e consumare la carne di pecora non abbia più di tre secoli, e che sia arrivato dall’altra sponda dell’Adriatico.
La sua area originaria di diffusione è limitata infatti alle colline pedemontane della regione, lato mare per intenderci, mentre esclude totalmente il grande bacino montano interno, quello da millenni veramente agro-pastorale; inoltre non ve n’è traccia nelle documentazioni storiche del mangiare dei pastori, che ha fonti risalenti sino all’epoca romana.
 
In realtà, la modalità di consumare carne arrostita in piccoli tocchi infilati ad uno spiedino compare in Abruzzo nel Settecento, al seguito della massiccia introduzione di coloni agricoli dalla Dalmazia, per rinforzare demograficamente la fascia collinare e costiera abruzzese e coltivarne le terre: per lunghissimi secoli queste zone furono poco abitate e coltivate per la somma del pericolo continuo delle incursioni saracene dal mare e per la malaria endemica in tutti i fondovalle e sulla costa.
 
Il miglioramento idraulico delle aste fluviali, la bonifica delle paludi costiere e l’eliminazione del pericolo turco resero però dal ‘700 stabilmente abitabili e coltivabili tali terre, ma mancavano le braccia per farlo: le si presero dov’erano disponibili, appena al di là del mare. E coi loro cognomi (Razic, Rusic, Antinovic, Anghelovic, Radovic, Michailovic, Dragan, che sono diventati i nostri oggi abruzzesissimi Rasicci, Antonucci, Antinucci, Angelucci, Raducci, Di Rado, Di Michele, Dragani, Di Dalmazio, e molti altri…) si portarono ovviamente anche le loro tradizioni alimentari, soprattutto gli originali spiedini tipici di tutta l’area balcanica e noti come raznici, cevapcici, souvlaki…

L’originalità della declinazione abruzzese, che rende a pieno titolo questo piatto un piatto regionale, fu la carne di pecora come ingrediente unico, ed a tocchi molto piccoli, per cuocerla bene anche dentro: perché l’Abruzzo era da millenni terra di pastori, e la carne di pecora era la più umile e facilmente disponibile fra le carni (che comunque erano sempre un “lusso”).
 
Qual è la morale di tutta questa storia? Che, nel loro piccolo, anche i nostri simpatici, originali e gustosissimi arrosticini (pardon, arrostelli…) testimoniano che dall’incontro e dalla ibridazione di culture nascono frutti meravigliosi. E nessuno meglio di noi Abruzzesi, che viviamo sparsi nei cinque continenti e ai quattro angoli del mondo, lo sa.
 
 
Pubblicato su SIAMOABRUZZESI.net
 
Giovanni Tavano
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