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Letteratura e Basket
FRANCESCO PICCOLO, IL PREMIO STREGA 2014, BERNARD TOONE E IL TERREMOTO DEL 1980.
La copertina del libro di Francesco Piccolo, vincitore del Premio Strega 2014, con la dedica di Francesco Antonioni a Luca Maggitti.

Bernard Toone, nel 1979, con Marquette University.

Francesco Piccolo.

Nel libro ‘Il desiderio di essere come tutti’, vincitore dell’ultimo Strega, riferimenti al terremoto dell’Irpinia del 1980, al Chieti, alla Juvecaserta e a Bernard Toone, giocatore che poi si è perso nel vortice della droga.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 15 Agosto 2014 - Ore 09:00

Fino al 2013, non avevo mai letto un libro perché “aveva vinto il Premio Strega”. Poi, lo scorso anno, una giornalista di Rai News 24 fece una intervista talmente approssimativa a Walter Siti, vincitore dello Strega con il suo romanzo “Resistere non serve a niente”, che decisi di comprarlo e leggerlo per constatare personalmente se era davvero “brutto come mi sembrava me lo avessero raccontato”. Invece mi è piaciuto.
 
Arriviamo a quest’anno. Vince lo Strega, e quindi beve direttamente dalla bottiglia il giallo liquore, Francesco Piccolo, con il romanzo “Il desiderio di essere come tutti”. Mi scrive il mio amico Francesco Antonioni, chiedendomi se l’ho letto. Gli rispondo di no e lui mi scrive di non comprarlo. Penso che mi stia comunicando che è una “sola”. Non lo compro, fidandomi del suo giudizio.
 
Poi, due giorni dopo il messaggio (siamo al 12 agosto 2014), il corriere “BRT” (me lo ricordavo quando erano “Bartolini, quelli del basket”) mi consegna un pacco. Io non aspetto nessun pacco, ma l’uomo che rappresenta BRT (Pierdomenico Casillo, ci giocavo a tennis 30 anni fa e non lo vedevo da anni) mi invita a ritirarlo: non c’è niente da pagare e, a occhio e croce, non è né un carico di antrace né un ordigno esplosivo.
 
Lo apro e ci trovo dentro “Il desiderio di essere come tutti”, di Francesco Piccolo, libro vincitore del Premio Strega 2014. Me lo manda Francesco Antonioni, con questa dedica: «Leggendo, scoprirai che avete molte cose in comune, a cominciare dalla statura e dalla passione per il giornalismo sportivo. Vivendo, scoprirai che le possibilità sono ancora tutte davanti a te e aspettano solo di essere colte».
 
Scrivo a Francesco per ringraziarlo e inizio a leggerlo subito, parcheggiando il saggio storico che avevo iniziato la sera prima e che riprenderò a romanzo finito.
 
Francesco Piccolo, nato a Caserta nel 1964, non è uno scrittore qualsiasi, come il premio dimostra. È uno bravo ed è anche uno sceneggiatore importante, visto che ha realizzato – tra gli altri – film come “Il caimano” e “Habemus Papam” (con il quale ha vinto il Nastro d’Argento) di Moretti e “Il capitale umano” di Virzì.
 
Il suo libro, autobiografico, viene definito da Wikipedia “romanzo-confessione” sulla sinistra italiana.
 
Dopo qualche pagina dedicata al calcio, nel romanzo arriva il basket. Eccolo, nelle parole dell’autore.
 
[Pagina 79.]
Pensai che avrei provato quel dolore per l’eternità, e invece il 23 novembre di quell’anno è stato l’ultimo giorno in cui ho sofferto per Elena. Era domenica, e il ricordo di quella sofferenza è molto nitido. Ero andato alla partita di basket della nostra squadra, ero nella curva opposta a quella degli ultrà, il posto dove sedevo sempre. Ricordo che non sarei voluto andare, ma avrei dovuto dare troppe spiegazioni ai miei genitori e agli amici – che erano tutti lì, come al solito: sarebbe apparso impossibile, amavo il basket, amavo le partite della nostra squadra, e quindi avrei dovuto avere una spiegazione molto articolata; e sensata. Fu più semplice andare.
 
[Pagine 81, 82.]
E invece ero lì, a guardare con tristezza una partita di basket che mi avrebbe dovuto appassionare molto. Cosa che nonostante tutto accadde. Perché la Juvecaserta giocava una partita decisiva per la salvezza con il Rodrigo Chieti – era decisiva anche se il campionato era ancora lungo, ma il destino di certe squadre, come la nostra e quella di Chieti, era segnato fin dalla prima giornata; una di quelle partite dalle quali non si poteva uscire sconfitti per non compromettere in modo troppo preoccupante il resto della stagione. Perdere in casa sarebbe stato un vero disastro. La partita fu tiratissima, una volta eravamo in vantaggio noi e un’altra loro. E poi, dopo tutta questa tensione, il nostro americano, un mulatto muscoloso e svagato, Bernard Toone, si trovò a tempo quasi scaduto a guardare fisso il canestro per non sbagliare il tiro libero decisivo: eravamo 89 pari, e se avesse segnato avremmo vinto. Segnò.
 
[Pagina 83.]
Se Bernard Toone non avesse segnato quel tiro libero, la partita sarebbe andata ai tempi supplementari. Vuol dire che con ogni probabilità il terremoto sarebbe arrivato mentre eravamo ancora tutti dentro il palasport, che era piccolo e straripante di gente. E non so cosa sarebbe successo.
 
Alzo la testa, dopo aver letto questi frammenti fra basket e terremoto d’Irpinia del 1980, e penso che quel Chieti lo allenava il mio amico coach Nino Marzoli. Poi penso a quanto dovrebbe essere orgoglioso il “mondo del basket italiano”, trovandosi citato in un libro così importante, visto che ha vinto il Premio Strega, il più prestigioso premio letterario italiano.
 
Poi penso che lo Strega è nato nel 1947 e che la prima edizione fu vinta da un abruzzese: il pescarese Ennio Flaiano, con il suo (unico) romanzo “Tempo di uccidere”. Poi penso che nel 1983 un altro abruzzese ha vinto: Mario Pomilio – nativo di Orsogna – con il libro “Il Natale del 1833”. Infine, il basket e la rosetanità mi saltano per l’ennesima volta alla gola e penso che il Trofeo Lido delle Rose è nato nel 1945, 2 anni prima dello Strega. Non c’entra niente, ma il cuore rosetano è così.
 
Mi ripiglio pensando che il “mondo del basket italiano” forse neanche sa di essere citato nel romanzo di Piccolo. O, almeno, i “papaveri” che tirano le fila del movimento forse non lo sanno. Perché ho sempre l’impressione che chi comanda – a tutti i livelli – sia un ignorantone che non legge mai libri?
 
Quanto sarebbe bello, invece, saperlo! Quanto sarebbe utile lavorare affinché gente come Francesco Piccolo – sceneggiatore oltre che scrittore – magari dedicasse un po’ del suo talento al basket. Perché non è che per forza i film sul basket devono essere girati da Spike Lee (He got game) o realizzati in America. Perché al movimento farebbe molto più bene un film bello che una televisione comprata, per metterci dentro giornalisti pagati per parlare bene dei padroni federali.
 
Mi consolo pensando alle chiacchierate a base di libri e film fatte con uomini di basket come Valerio Bianchini, Gabri Di Bonaventura, Mario Boni e il resto dei pensieri neri lo spazzo via, fondandomi su internet e cercando notizie su quella partita, giocata la sera del terremoto d’Irpinia: 23 novembre 1980. Latte Matese Caserta-Rodrigo Chieti: 90-89. Caserta allenata da John McMillen e Chieti da Nino Marzoli. Chissà cosa si ricorda il caro Nino di quella sera: devo mandargli una email.
 
Poi voglio approfondire quel “mulatto muscoloso e svagato” di Bernard Toone. Eccoci.
 
Bernard Toone, statunitense di Yonkers, New York, classe 1956, lungo di 206 cm.
Gioca a Caserta con la Juve solo nel campionato di Serie A2 1980/1981, dopo essere stato Campione NCAA nel 1977 con i Warriors (oggi Golden Eagles) di Marquette University (unico titolo della loro storia ad oggi), allenato da coach Al McGuire nella sua stagione finale, e dopo aver fatto una stagione da panchinaro nella NBA con i Philadelphia 76ers.
 
Una carriera brevissima la sua, stando a Wikipedia, che dopo Caserta lo registra un solo altro campionato, in Venezuela con i Gaiteros del Zulia nella stagione 1982/1983.
 
Strano, per uno che alla high school di Gorton aveva medie stellari: 32 punti e 20 rimbalzi a gara, fino ad arrivare ad essere l’MVP dello Stato di New York, visto che in 3 anni il suo record è stato di 56 vittorie e 7 sconfitte.
 
Cosa può essergli successo, al muscoloso e svagato?
 
Frugando nel web, esce un succoso aneddoto legato al titolo di Campione NCAA del 1977. Infatti, fra il primo e secondo tempo della gara contro Cincinnati, dopo aver protestato un paio di volte uscendo dal campo alla fine del primo tempo, Toone è stato sbattuto a terra dal suo coach Al Mc Guire. McGuire, quello che una volta ha sentenziato: «Pressione? È quando guardi una cheerleader e non noti il suo corpo». E che, in merito alla rissa con il suo giocatore, pare che nel raccontare la storia anni dopo ridesse, osservando che gli avversari parlavano di strategia mentre lui faceva a mazzate con un suo atleta. Un ricordo tutto sommato bello, perché coach McGuire ha aggiunto che forse quella rissa ha aiutato la squadra ad avere ancor più voglia di vincere il titolo.
 
Poi però le storie a lieto fine finiscono. Perché Toone non ha giocato più dopo il 1983 in Venezuela? Prigione. Il 3 novembre 1985, per la seconda volta in meno di sei mesi, ruba un’autoradio da una Saab. Poi altri reati e la galera.
 
Continuo a cercare ed ecco un altro link. È un articolo del “Milwaukee Journal” del 17 marzo 1987 e parla del 30enne Bernard Toone uscito da un penitenziario, in cui era finito per storie di droga, alla ricerca di un lavoro per mantenere moglie e figlio di 2 anni.
 
Cerco ancora ed ecco un articolo del 12 marzo 2014, del giornale web “Yonkers Daily Voice” (città natale di Toone), che racconta di come si parlerà anche di Bernard nel documentario “Untucked” (letteralmente “Fuori dai pantaloni”), diretto dall’ex studente di Marquette e oggi attore, Danny Pudi. Il film racconta di come coach Al McGuire e la stella Bo Ellis in 4 anni portarono l’università di Marquette a un record di 101 vittorie e 18 sconfitte, arrivando al titolo 1977 e a due Final Four.
 
Coach McGuire, scomparso nel 2001, è stato inserito nella Hall of Fame del Basket nel 1992. Bo Ellis è l’unico giocatore di Marquette ad aver giocato due Final Four, oltre a essere l’unico giocatore ad aver disegnato la divisa di squadra. Quella con la scritta a caratteri cubitali “MARQUETTE” in basso, in modo da portare la canottiera fuori dai pantaloni (“Untucked”, appunto).
 
La canottiera fuori dai pantalonicini è “fuorilegge” nel basket universitario dal 1984, ma Marquette ha avuto la soddisfazione e la gioia di rivoluzionare le divise e di indossarle vincendoci il suo unico titolo, finora. Nel documentario, che ho trovato su YouTube e propongo a fine articolo, non appare Bernard Toone, oggi 57enne, che vive a Yonkers ma che non è stato possibile contattare, sempre stando al giornale web. Chissà che fine ha fatto e come vive oggi.
 
Che vigilia di Ferragosto!
 
Dal Premio Strega al terremoto, dal terremoto al basket, dal basket al campione che si è perso nel vortice della droga, fino alle divise “Untucked” di Marquette. E tutto grazie a quel formidabile aliante che è la letteratura.
 
Chissà se Bernard Toone, come Francesco Piccolo, ha mai avuto “il desiderio di essere come tutti”.
 
Chissà cosa verrebbe fuori da una sceneggiatura, di Francesco Piccolo, che parte da quel tiro libero azzeccato e da quella possibile tragedia evitata, causa mancato svolgimento dell’overtime.
 
Chissà se un regista (italiano o americano, che importa?) scommetterebbe su una storia che parte da Caserta, poco prima delle 19.34 di quel 23 novembre 1980, e arriva ai giorni nostri, nella provincia americana. Una storia di macerie pubbliche, figlie di un sisma del 10° grado della Scala Mercalli; una storia di macerie private, che Bernard Toone si porta dentro da tanti anni, avendo interrotto una possibile luminosa carriera perché spento dalla droga.
 
Chissà perché Bernard Toone è riuscito ad evitare una possibile tragedia con un tiro libero segnato sulla sirena, vincendo una partita, ma non è riuscito poi a vincere il torneo della sua vita, finita più volte nella polvere.
 
Del libro ho letto appena 85 pagine, ma ho già fatto il pieno di emozioni.
 
Grazie a Francesco Antonioni. Questa mia riflessione è frutto del suo regalo.
 
ESPN
30 for 30 Short
“UNTUCKED”
(Marquette Jerseys)
 
Luca Maggitti
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