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IL COMANDANTE GREGORIO DE FALCO E L’ITALIA CHE NAUFRAGA
Giulianova, 10 novembre 2012. Il Comandante Gregorio De Falco riceve il Premio Paolo Borsellino.
[Mimmo Cusano]


Giulianova, 10 novembre 2012. Il Comandante Gregorio De Falco riceve il Premio Paolo Borsellino.
[Alessandro Catania]


Giulianova, 10 novembre 2012. Il Comandante Gregorio De Falco e la sua famiglia, a pranzo, insieme a Luca Maggitti.
[Francesca Logatti]


Un ricordo, dal Premio Nazionale Paolo Borsellino 2012.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 26 Settembre 2014 - Ore 14:45

«Nessuno di noi nasce eroe. Occorre però che il coraggio prenda il sopravvento. Qualunque sia la responsabilità a cui si va incontro, nel momento in cui ciascuno di noi è convinto, ha la passione e si attiva in funzione del ruolo che ricopre, il coraggio prende il sopravvento. Tutto qui, io vi voglio solo ringraziare».
 
Così il Comandante Gregorio De Falco, a Giulianova, il 10 novembre 2012, chiudendo il suo intervento di ringraziamento dopo aver ricevuto il Premio Nazionale Paolo Borsellino, all’epoca giunto alla 17^ Edizione.
 
Il Comandante Gregorio De Falco fu premiato perché era l’Ufficiale, della Capitaneria di Porto di Livorno, che la notte della tragedia sull’Isola del Giglio della nave da crociera Costa Concordia coordinò i soccorsi ai naufraghi, intimando al comandante Francesco Schettino di fare il proprio dovere (“Torni a bordo, cazzo!”).
 
Questa fu la motivazione letta, prima di consegnargli il Premio Borsellino.
 
Con la sua vibrata esortazione urlata al capitano Schettino, nella tragica notte vissuta dalla Costa Concordia, il Comandante De Falco è diventato l’esempio di un uomo, come tanti altri, che crede nelle proprie responsabilità e rimane al proprio posto per affrontare le difficoltà. “Salga a bordo” vogliamo urlare anche noi alla nostra classe politica. Gridiamo “salga a bordo”, contro l’imperdonabile assopimento della coscienza civile. Noi saliamo a bordo con la brama di Verità prima di ogni anelito. In un Paese senza regole certe e con pochi uomini veri, il suo ordine ha dipinto De Falco come un eroe. Quando invece è stato un uomo che ha fatto bene il suo lavoro. E noi lo premiamo per questo, con il Premio “Paolo Borsellino” 2012 per l’impegno sociale.
 
Quel giorno ebbi l’onore di condurre la cerimonia di premiazione del Borsellino. Finita la premiazione, per un caso fortuito, accompagnai con la mia macchina il Comandante Gregorio De Falco, sua moglie Raffaella e le loro due figliole nel bed&breakfast in cui aveva preso alloggio, per poi andare insieme al pranzo che unì organizzatori, istituzioni e premiati del Borsellino 2012.
 
Arrivati al ristorante, tutti avevano già preso posto, così, sempre per un caso fortuito, ebbi il piacere di sedere al tavolo con il Comandante e la sua Famiglia, pranzando con loro. Persone amabili, educate, limpide. Mi ricordo in particolar modo le bimbe: tanto giovani quanto educate, che non hanno mai avuto, per tutto il pranzo, il bisogno di una sgridata o di una occhiataccia, perché perfettamente inserite nella conversazione, con domande curiose e spiazzanti. In un’epoca di bambini iperattivi e maleducati capaci di fare la zumba sui tavoli dei ristoranti, il primo segnale della “rivoluzione della normalità”, ripensandoci, mi sembra quello.
 
E poi la franchezza della conversazione, nonostante ci conoscessimo da pochi minuti, la passione in ogni concetto espresso dal Comandante ricordando momenti del suo lavoro e l’amore per il mare. Parlammo molto della figura di Paolo Borsellino, del suo insegnamento, delle cose che Gregorio De Falco aveva fatto nella sua qualità di ufficiale delle Capitanerie di Porto e poco, forse nulla, della tragedia della Costa Concordia.
 
Il motivo credo sia nelle parole che De Falco usò per aprire il suo intervento di ringraziamento, dopo aver ricevuto il Borsellino 2012. Disse, sul palco del Kursaal di Giulianova: «Io sono lusingato già per il fatto che il mio nome venga accostato a quello del dottor Borsellino. E già qui potrei dire che ho coronato un qualcosa che neanche attendevo come sogno nella mia vita. E allora le uniche parole che a questo punto posso dire non posso essere mie, sono di Borsellino».
 
Così, aperto un foglietto che custodiva nel taschino interno della divisa, dal lato del cuore, lesse queste parole di Paolo Borsellino: «Non sono un eroe né un kamikaze, ma una persona come tante altre. Temo la fine perché la vedo come una cosa misteriosa. Non so cosa succederà nell’aldilà, ma l’importante è che sia il coraggio a prendere il sopravvento. Un uomo fa quello che deve fare, quello che è suo dovere fare, quali che siano gli ostacoli, i pericoli e le pressioni. Questa è la base di tutta la moralità umana».
 
Ecco, quando ieri ho letto del trasferimento del Comandante Gregorio De Falco dal centro operativo ad un ufficio amministrativo della Capitaneria di Porto di Livorno, indugiando poi sulle dichiarazioni anonime di qualche suo collega di lavoro – riportate dal Corriere della Sera – che sottolineavano come la sua inflessibilità e il suo puntiglio lo avessero portato, di fatto, ad essere “rimosso”, ho ripensato al suo intervento e a quella citazione di Paolo Borsellino che oggi appare quasi profetica e mette i brividi.
 
Nel pensare al Comandante De Falco e al suo sorriso franco, a tavola, parlando del mare e della passione che deve muoverti per farne rispettare le regole, la mente è tornata a tutti gli altri Servitori leali e fedeli dello Stato che, grazie al Premio Nazionale Paolo Borsellino, ho avuto modo di conoscere negli anni.
 
Ho ripensato al magistrato Nicola Gratteri, ai giornalisti Manuela Iatì, Lirio Abbate, Peppe Baldessarro, Salvo Palazzolo e tanti altri. Gente che vuole solo fare il proprio lavoro per bene, e che auspica un’Italia davvero rivoluzionaria: un Paese normale.
 
Quindi un paese in cui chi fa bene il proprio lavoro non venga rimosso e annegato in un ufficio a nuotare fra le scartoffie, bensì – magari – promosso al comando di una Capitaneria di Porto o, meglio ancora, di una Capitaneria che sia pure Direzione Marittima.
 
Un’Italia in cui chi ha fatto bene il proprio dovere una tragica notte, colma di lutti per colpa di altrui insipienza, e che si è sottratto volontariamente al possibile (e molto redditizio) abbraccio mediatico, non venga beffato per questo suo essere uomo “preparato e normale”. E quindi speciale, in questa Italia contemporanea e disgraziatissima.
 
Provo a immaginare come possa sentirsi il Comandante Gregorio De Falco, al di là delle dichiarazioni rilasciate dopo la notizia dello spostamento ad altro incarico, ma sono certo di non poter neanche lontanamente immaginare la sua tristezza e la sua frustrazione.
 
E allora penso a Francesco Schettino, comandante della Costa Concordia la notte della tragedia. Una tragedia annacquata dalla ridicolizzazione che tanti mass media hanno fatto di lui, ma che, è bene non dimenticarlo, è costata 32 morti, un sommozzatore morto nel 2014 in azioni collegate al naufragio della nave passeggeri di maggior tonnellaggio mai naufragata nella storia, e milioni o miliardi di euro di costi che si sommano a quelli in termini di vite umane. Ecco, ci penso e prendo atto dello stato attuale delle cose: Schettino è oggi un volto noto, deriso ma persino blandito in alcuni casi, sempre e comunque “gettonatissimo”.
 
Penso a questi due destini così distanti, ma così sovrapponibili, di due comandanti che suppongo essere molto diversi nella vita e nelle convinzioni, e non posso che essere divorato da una rabbia figlia della percezione di un senso di ingiustizia più grande del mare.
 
La mia solidarietà al Comandante Gregorio De Falco. E a tutti quelli che fanno bene il proprio lavoro e che, in un’Italia in disfacimento, pagano per questo.
 
Premio Nazionale 2012
PAOLO BORSELLINO
Intervento del Comandante Gregorio De Falco.
 
Luca Maggitti
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