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Serie A
8 RIFLESSIONI SUL PRIMO CAMPIONATO ITALIANO
Luca Banchi, coach Campione d’Italia in carica con Milano, con il preparatore fisico Giustino Danesi la notte dello Scudetto.

Paolo Moretti, coach di Pistoia e allenatore MVP dello scorso campionato.

Maurizio Buscaglia, coach del Trento, esordiente in Serie A.

Milano e il possibile ciclo, l’equilibrio diffuso, le italiane in Europa, gli impianti, i giocatori italiani, gli allenatori esordienti, la formula giusta, la Coppa Italia: Stefano Blois analizza i temi caldi del prossimo torneo della massima serie.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 01 Ottobre 2014 - Ore 16:45

01.MILANO APRE IL CICLO?
Quella appena conclusa potrebbe essere stata la stagione della svolta per il basket italiano. Dopo anni di dominio incontrastato, la Montepaschi Siena ha infatti chiuso il suo glorioso ciclo vincente (sette scudetti consecutivi) ed a tornare sul tetto d'Italia è stata l'Olimpia Milano. Un passaggio del testimone atteso per la verità già da qualche anno, visti i grandi investimenti operati dalla società di Armani, e facilitato dai problemi extracestistici in casa biancoverde, che hanno successivamente decretato la ripartenza dalla Serie B per i toscani. Un'assenza che si aggiunge a quella delle varie Treviso e Fortitudo Bologna, con altri club storici come Cantù, Varese e le due Virtus che pur rimanendo nella massima serie non sembrano per il momento poter competere (soprattutto per questioni di budget) ai vertici della classifica. Lo scenario diventa, quindi, quello di una Milano sola al comando, con le più immediate inseguitrici da ricercare nelle "nuove leve" del nostro basket: Sassari, Reggio Emilia, Venezia, tutte società che attraverso progetti ben condotti (non solo a livello puramente sportivo) stanno mutando le gerarchie ed i rapporti di forza. Di fatto però, l'impressione è quella di un'EA7 nettamente al di sopra delle altre: di certo non assisteremo al dominio a tratti imbarazzante di molte versioni della Siena di Pianigiani (che in alcune Finali ha chiuso sul 4-0 registrando sempre scarti in abbondante doppia cifra), lecito però pensare che lo Scudetto appena conquistato (pur con estrema sofferenza) possa aver dato il via ad una nuova Era vincente.

02.EQUILIBRIO DIFFUSO.
Se la leadership di Milano sembra essere una certezza, il resto del torneo si preannuncia particolarmente livellato. A dire la verità, già da due anni a questa parte i playoff hanno regalato emozioni ed equilibri nuovi: nel 2013, cinque serie su sei considerando quarti e semifinali si protrassero fino alla decisiva gara-7 (dato da record, o quasi). E lo scorso anno, la Finale tra Milano e Siena ha rappresentato, per seguito mediatico ed appeal, l'apice della popolarità cestistica italiana negli ultimi anni. D'altronde, da quando nel 2008 venne istituito il format delle 7 partite di Finale anche nel nostro campionato, mai si era arrivati nemmeno a gara-6: Siena aveva sempre prevalso in quattro, o al massimo in cinque sfide. Un equilibrio che dovrebbe protrarsi anche quest'anno, alle spalle degli uomini di Banchi: ipotizzare una presunta griglia-playoff a settembre è un esercizio storicamente difficile, ancor di più quest'anno. Sassari rappresenta sicuramente una delle prime alternative credibili, ma andrà verificato l'impatto di un roster radicalmente cambiato (e senza i cugini Diener), oltre al doppio impegno europeo. Reggio Emilia e Venezia puntano ad un campionato di vertice, seppur in modalità diverse: la Grissin Bon prosegue un progetto che va avanti da diverse stagioni, lanciando tanti giovani e con un trofeo (l'Eurochallenge) già conquistato. In Laguna si è assistiti all'ennesima rivoluzione estiva, delegando a coach Recalcati il compito di portare finalmente la Reyer ai livelli richiesti dall'attivissimo presidente Brugnaro. E un discorso simile si può fare per Avellino, che parte a fari spenti dopo la pessima stagione appena conclusa, ma ha allestito un roster potenzialmente da primi posti. Nel frattempo, occhio alle vecchie volpi: Cantù deve fare i conti con un budget ridotto ma tradizionalmente staziona sempre nel gruppo di vertice (e la squadra costruita quest'anno è molto interessante), stesso discorso per Roma che negli ultimi due anni ha chiuso tra le prime quattro. Tra le nuove leve, occhio a Trento, altra società solida che sta crescendo gradualmente, senza ovviamente escludere altre sorprese (positive e negative). Ci divertiremo!

03.EUROPA: CI SIAMO ANCHE NOI!
Una rinascita del nostro basket non può che passare dai risultati internazionali, non solo degli Azzurri di Pianigiani ma anche per quanto riguarda le squadre di club. E l'auspicio è quello di aver intrapreso la direzione giusta, dopo troppi anni di anonimato (un problema circoscritto anche ad altri sport: basti pensare ai recenti risultati delle italiane di calcio in Champions ed Europa League). L'ultima stagione di Milano ha riportato il nostro Paese alla ribalta anche in campo europeo: merito dei successi (alcuni davvero roboanti) su Olympiacos, Barcelona e Fenerbahce, e in generale di un ottimo percorso in Eurolega che ha visto gli uomini di Banchi lottare per le Final Four casalinghe, uscendo (non senza qualche rimpianto) nei playoff contro i futuri campioni del Maccabi Tel Aviv. Per la verità, una realtà italiana importante in Europa negli ultimi anni c'era stata: la Montepaschi Siena ha navigato stabilmente nell’elite continentale, centrando diverse partecipazioni alle Final Four. Ma per bacino d'utenza e potenziale mediatico/economico, l'Olimpia rappresenta una risorsa importante per il basket italiano, oltretutto adesso che è diventata a tutti gli effetti la principale rappresentante dello Stivale, vista la dipartita della stessa Siena. La mission è quindi quella di far parte stabilmente del "gruppo di testa", e di non relegare quello dell'anno scorso a caso isolato. L'EA7 ha tutte le carte in regola per riuscirci, ed anche le scelte di mercato operate in estate testimoniano un'attenzione particolare al discorso europeo (attenzione comunque già evidente da qualche anno). Importante, ovviamente, anche lo sviluppo di realtà parallele: l'esordio di Sassari nella massima rassegna europea è una grande notizia per la Sardegna, ma in generale per tutta l'Italia cestistica. Ed in questo senso, si spera di poter fare più strada anche in Eurocup, competizione stregata per le nostre squadre. L'unico trofeo in cui abbiamo tradizione positiva è l'Eurochallenge, dai contenuti tecnici obiettivamente modesti, ma ottimo trampolino di lancio per società emergenti come Reggio Emilia, che l'ha appena vinta (per la Virtus Bologna fu invece una sorta di canto del cigno, a livello europeo). Quest'anno, ci sarà addirittura anche una squadra di A2, Biella, a confrontarsi con realtà di tutto il continente. L'auspicio è quello di un cammino europeo il più lungo possibile per le nostre squadre, in tutte e tre le competizioni.
 
04.IMPIANTI.
Una delle vere note dolenti in questo momento per il nostro basket: gli impianti. Piccoli, vecchi e spesso inadeguati. Le Final Four di Eurolega al Mediolanum Forum di Assago (comunque, obiettivamente, non all'altezza delle migliori arene europee) non possono certo considerarsi un punto di arrivo, semmai uno stimolo a ridare strutture adeguate, anche in funzione europea. Quanti sono i nostri palasport utilizzabili anche in campo internazionale? Prendiamo le otto squadre degli scorsi playoff, ad eccezione di Milano (con il già citato Forum) ed ovviamente Siena (il cui PalaEstra ha comunque goduto di una deroga, perché altrimenti incompatibile con la Licenza A di Eurolega). Sassari in prospettiva europea non può mantenere il PalaSerradimigni (la cui limitata capienza ha lasciato tanti tifosi fuori nelle gare degli scorsi playoff), a Cantù si parla da anni di un nuovo palasport, ma di fatto dovrebbe essere adeguato lo storico Pianella. Le ambizioni importanti di Reggio Emilia stridono palesemente con il vetusto PalaBigi, tanto che la società biancorossa ha organizzato le scorse Final Four di Eurochallenge al PalaDozza di Bologna. Il PalaPentassuglia di Brindisi è in assoluto uno degli impianti meno funzionali della massima serie, mentre sarebbe ingiusto infierire sul PalaCarrara di Pistoia, con i toscani appena promossi in Serie A. Il caso più paradossale è però quello di Roma, metropoli di quasi 3 milioni di abitanti, la cui prima realtà cestistica ha disputato le ultime stagioni nel modesto PalaTiziano (meno di 4.000 posti) pur avendo a disposizione il PalaLottomatica, impianto decisamente più adeguato alla Capitale. Ironia della sorte, dove ci sarebbero strutture adeguate (quantomeno per quanto riguarda la capienza) mancano squadre sufficientemente ambiziose per sfruttarle: l'esempio più immediato è quello delle bolognesi, ma anche all'Adriatic Arena di Pesaro da qualche anno si gioca esclusivamente per la salvezza. Reggio Calabria, Firenze, Ancona, Livorno sono solo alcune delle città provviste di palazzetti capienti senza basket di alto livello, Torino (che di impianti ne ha in abbondanza) sta provando a riportarlo. Ma il problema è ben più profondo, soprattutto confrontando la nostra realtà con le altre nazioni europee.

05.ITALIANI: POCHI MA BUONI.
Se i campionati minors sono considerati (spesso a ragione) la vera fucina di talenti nostrani, anche in Serie A si sta vivendo una riscoperta dei giocatori italiani. Se non nella quantità (i numeri restano impietosamente a favore degli atleti stranieri), perlomeno parlando di qualità: l'esempio più lampante si può verificare nello scudetto di Milano, soprattutto se paragonato alla dinastia senese degli anni precedenti. La Montepaschi era solita concentrare su giocatori stranieri il maggior peso del suo roster: i vari McIntyre, McCalebb, Kaukenas, Lavrinovic, Stonerook (seppur di passaporto italiano) e Sato, solo per citarne alcuni, decidevano gran parte dei destini offensivi dei toscani. Il ruolo degli italiani era spesso marginale (seppur molto utile, come quello degli storici alfieri Carraretto e Ress), cosa che non è certo avvenuta lo scorso anno in casa EA7: il miglior giocatore biancorosso dei playoff è probabilmente risultato Alessandro Gentile, ma responsabilità e minutaggi da titolare li hanno avuti anche Hackett e Melli, altri protagonisti importanti del tricolore Olimpia. Il discorso può essere però esteso anche in altri contesti, e non è un caso che sia aumentato il nucleo di giocatori importanti da cui la Nazionale può pescare: una delle società che sta maggiormente lavorando in questa direzione è senza dubbio Reggio Emilia, che al gruppo di talenti fatti in casa ha aggiunto un paio di pezzi pregiati come Cinciarini (capace di trovare la consacrazione personale in maglia Grissin Bon) ed il neoacquisto Polonara. Ma, in generale, il segnale sembra essere chiaro: nonostante la predominanza di giocatori stranieri, avere almeno un paio di italiani di valore è un requisito essenziale per chi vuole lottare per il vertice (una dimostrazione in tal senso l'ha data anche Sassari, con l'ingaggio di Cusin in chiusura di mercato). D'altro canto, resta comunque innegabile il numero complessivo ristretto dei giocatori di casa nostra: e su questo tema, difficile capire dove stia davvero la ragione fra chi vorrebbe regole più restrittive nei tesseramenti, e chi ritiene invece giusto far giocare chi merita, stimolando gli atleti di casa nostra a guadagnarsi il posto sul campo. La certezza è una sola: più italiani trovano spazio e responsabilità, più il nostro basket ne trarrà giovamento, in ottica Nazionale e non solo.
 
06.ALLENATORI ESORDIENTI.
I protagonisti principali restano gli atleti sul parquet, ma un ruolo fondamentale nel nostro basket resta quello degli allenatori. In questo caso, la tendenza rispetto ai giocatori è decisamente diversa: ai nastri di partenza della prossima Serie A ci saranno infatti sedici allenatori italiani per altrettante società impegnate. E sarà interessante capire soprattutto quale sarà l'impatto degli esordienti assoluti, soprattutto considerando che si ritiene spesso la categoria di tecnici in Serie A un elite quasi immutabile, dove circolano sostanzialmente sempre gli stessi nomi. Una teoria smentita nella passata stagione, ad esempio, da coach Paolo Moretti: reduce da una brillante promozione con Pistoia, nonostante un budget risicato e una squadra sulla carta da ultimi posti, ha trascinato la sua Tesi Group ad un campionato sopra ogni aspettativa, concluso con l'accesso ai playoff e forzando addirittura Milano alla decisiva gara-5. L'allenatore toscano proverà a ripetersi anche in questa stagione, mentre c'è curiosità per l'impatto dei suoi "successori": il più atteso è probabilmente Gianmarco Pozzecco, uno dei personaggi più carismatici della storia del nostro basket, che da giocatore non sempre aveva rapporti eccellenti con i propri allenatori. La carriera in panchina è però partita con il piede giusto, nel biennio di Capo D'Orlando, sfiorando anche la promozione diretta in A: un salto che alla fine è arrivato grazie alla proposta di Varese, con cui il Poz ha vinto uno storico scudetto da giocatore, rendendo dunque ancora più interessante l'imminente avventura a Masnago. Percorso importante anche quello di coach Maurizio Buscaglia, che con Trento ha vinto due campionati negli ultimi tre anni, meritandosi l'opportunità di allenare nella massima serie, e portando avanti un progetto tecnico e societario rivelatosi vincente. L'ultimo nome nuovo sarà Giulio Griccioli, allenatore senese di origine e formazione cestistica, che campionati senior non ne ha vinti maturando però ottima esperienza al piano di sotto con Scafati e Casale Monferrato. Capo D'Orlando gli offre l'opportunità di dare una svolta alla sua giovane carriera, ma in generale tutte e tre le società che hanno scelto una linea per certi versi rischiosa ma allo stesso tempo affascinante, si augurano di aver pescato il "nuovo Moretti" del prossimo torneo.
 
07.LA FORMULA GIUSTA.
Come avvenuto anche nella passata stagione, alle società è offerta la possibilità di scegliere la conformazione del proprio roster: il 3+4, ossia un limite di sette stranieri (ma con al massimo tre giocatori extracomunitari) oppure il 5+5, che consente al massimo l'utilizzo di cinque stranieri senza però distinzioni di passaporto. Analizzando i roster del prossimo torneo, è apparsa abbastanza chiara la strategia di base: le squadre di vertice hanno puntato sul 3+4, alzando la qualità del proprio roster con sette stranieri e pescando anche sul mercato dei comunitari (meno vasto e più costoso rispetto a quello americano). La fascia medio/bassa, almeno sulla carta, ha invece quasi integralmente optato sul 5+5, muovendosi spesso sul mercato dei rookie americani a basso costo. Questa strategia obbliga d'altro canto a rinforzare maggiormente il pacchetto italiano, e l'unica ad utilizzarla tra le teoriche big del campionato è stata Reggio Emilia, che è andata ulteriormente controcorrente: un solo extracomunitario nel roster (Drake Diener), ed un paio di stranieri di giovanissima età (Silins e Pechacek) oltre ai veterani Kaukenas e Lavrinovic (entrambi lituani, e quindi comunitari). Qualche altra società ha utilizzato varianti particolari: Cantù ha varato il 2+5, lasciandosi la possibilità di sostituire un comunitario con un americano (soprattutto se le condizioni fisiche di Eric Williams non dovessero rivelarsi sicure), mentre Venezia per adesso di stranieri ne ha sei (3+3), e può quindi aggiungere in qualsiasi momento un atleta comunitario. Roma, infine, ha nel proprio roster otto stranieri: almeno fin quando continuerà il doppio impegno con l'Eurocup (dove ovviamente non esistono vincoli di passaporto) in campionato si andrà di turnover, poi la scelta potrebbe essere quella di tagliare definitivamente uno straniero. Non è ovviamente un caso che le squadre di alta classifica scelgano il 3+4, che garantisce maggiore profondità e altri due slot per gli stranieri. Ma utilizzare il 5+5 significa anche poter schierare due americani in più, e potersi togliere quindi soddisfazioni importanti setacciando bene il mercato oltreoceano (l'esempio più calzante resta quello di Pistoia, l'anno scorso).
 
08.LA FINAL EIGHT.
Uno dei momenti più emozionanti della stagione è sempre quello della Final Eight di Coppa Italia. Come accade anche in altri sport, il basket ha scelto un modo intelligente per valorizzare la coppa nazionale, spesso snobbata ad esempio nel calcio: un weekend di partite secche, appassionanti per natura e diverse dalle lunghe serie di playoff, con le otto migliori squadre del girone d'andata a confronto. La sosta del campionato e la sede unica dell'evento rendono inoltre le Finali un momento clou per tutto il movimento cestistico italiano, una sorta di festa del basket di alto livello, con un ambito trofeo in palio. La grande domanda per quelle del 2015 è se Milano, dopo aver spezzato l'incantesimo (decisamente più pesante) dello Scudetto, riuscirà a fare altrettanto con la Coppa Italia: nell'era-Armani, l'Olimpia non è mai riuscita a vincere il trofeo né a raggiungere la Finale (e le ultime due edizioni si sono chiuse con altrettanti rovesci nei quarti, nonostante il vantaggio di disputare la competizione al Forum di Assago). Anomalia relativa, per l'imprevedibilità delle partite secche (confermata anche dalle ultime tre Final Four di Eurolega), ma anche ripensando al percorso della Montepaschi Siena che negli anni passati ha stravinto campionati e serie playoff, ma conquistando solo al terzo tentativo dell'era-Pianigiani la Coppa Italia (vinta poi per cinque anni di fila, prima dello storico trionfo di Sassari). Compito del basket italiano sarà invece rilanciare l'All Star Game, dopo i fiaschi delle ultime edizioni, dovute anche ad una cultura dello sport differente da quella che si respira negli USA (dove invece l'appuntamento è un cult della stagione NBA). Nuova anche la formula della Supercoppa, che inaugura ufficialmente l'annata, una Final Four con quattro squadre impegnate anziché due, come avviene in Spagna. Il campionato resta il piatto forte, ma anche gli eventi "collaterali" rappresentano una parte importante, e per certi versi unica, della stagione.
 
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Il Mohicano del Basket [Stefano Blois]
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Stefano Blois
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