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Via Seneca [Il privè di ROSETO.com]
FERNANDO DI MARCOBERARDINO: SORRISO FORTE.
Fernando Di Marcoberardino, nel 1997.

Intellettuale, insegnante, attivista, politico. Un ricordo di quando c’era ancora e tre ricordi di quando se n’è andato. Oggi, l’umanità, la lungimiranza e il sorriso di Fernando ci mancano da 13 anni.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 17 Agosto 2015 - Ore 15:30

IL FIUME: VITA AUSPICABILE E MORTE POSSIBILE.
Chiacchierata con Fernando Di Marcoberardino sul fiume Vomano.
[Pubblicato sul mensile “Cavalli & Country”, ottobre 1997.]
I fiumi sono spesso oggetto di sevizie da parte degli uomini, che paiono ricordarsene solo poco dopo aver assistito all’ennesimo straripamento inevitabile, con conseguente allagamento di case e distruzioni connesse.
Le cause che hanno determinato negli anni, in gran parte del territorio italiano, uno squilibrio dell’ecosistema fluviale sono numerose, ma spesso si somigliano.
La cementificazione selvaggia che ha ridotto i letti di molti fiumi ad una pista di cemento, gli scarichi di sostanze tossiche versate dalle industrie senza che per molto tempo nessuna voce si levasse, le escavazioni spesso non autorizzate, sono tra le cause principali dell’impoverimento spesso irreversibile dei fiumi.
Erodere il letto di un fiume per una decina di metri, com’è accaduto per il Vomano, fino ad arrivare allo strato argilloso, e quindi impermeabile, può avere conseguenze catastrofiche.
Infatti l’argilla, trasportata verso il mare, creerà un situazione innaturale di torbidità delle acque. Questa situazione metterà in difficoltà la riproduzione delle specie che vivono nei fondali marini, specie i mitili, che non potranno più cibarsi. Ecco che quindi il danno si propaga dal fiume al mare.
La situazione del Vomano somiglia a quella di tanti fiumi italiani, che nel corso della fine degli anni ’70, inizio anni ’80, hanno sopportato la cementificazione di buona parte dei torrenti affluenti. Una vera e propria disdetta, visto che i torrenti non solo portano acqua ad una velocità molto superiore rispetto a quella normale, ma anche perché le acque stesse spesso non sono minimamente depurate.
I danni non si limitano all’ecosistema fluviale, ma interessano anche le strutture che insistono lungo i fiumi. Pensiamo ai ponti e ai pericoli che la popolazione corre in caso di emergenza. Durante l’ultima disastrosa piena dell’Aprile 1992, crollò in Abruzzo un ponte sul fiume Tavo, a Cappelle sul Tavo, in Provincia di Pescara. In quell’occasione ci furono purtroppo 3 morti.
Molte disgrazie sarebbero evitabili, se si tenesse conto della ciclicità delle ondate di piena di un fiume, che mediamente ogni 30 anni si verificano.
Rispettare l’alveo non cementificando né costruendo entro i limiti naturali potrebbe prevenire diversi problemi.
È stato un vero peccato aver dovuto parlare di queste problematiche per tanti anni, quando si sarebbe invece potuto pianificare un sistema di parchi fluviali, che avrebbe favorito lo sviluppo di sport eco-compatibili (mountain bike, equiturismo, canoa ed altri) e favorito il riavvicinamento della gente alla natura.
La partita più importante si gioca però adesso. Oggi, con le lotte vinte e la nuova sensibilizzazione della gente, si può puntare ad un’opera di pianificazione concreta, per riappropriarsi di un territorio meraviglioso come quello dei fiumi.
In Abruzzo le lotte hanno dato buoni frutti, tanto che oggi un terzo del territorio è protetto, ma non possiamo abbassare la guardia, perché ancora tanto c’è da fare.
Questo nuovo modus vivendi passa anche e soprattutto per manifestazioni come questa, che ha incontrato un eccezionale favore di pubblico, e per amici stupendi come il cavallo, essere vivente e tramite perfetto fra l’uomo e la natura.
Fernando Di Marcoberardino e Luca Maggitti
 
FERNANDO
Sorriso Forte.
[18 agosto 2002.]
Ai margini di questa mattina, una domenica che di lì a poco avrebbe preso a sapere di morte, ho saputo che Fernando Di Marcoberardino, biologo, insegnante, persona splendida e leale, se n’era andato, scivolando lungo un precipizio mentre arrampicava, da solo, un sentiero roccioso del versante aquilano del Gran Sasso d’Italia.
Fernando era, maledetto imperfetto, una delle persone con le quali, nel 1993, feci un’esperienza bellissima: la costituzione dell’Associazione Culturale e Lista Civica “Roseto Unita”.
Nel 1993, alle elezioni amministrative, eravamo candidati insieme: il mio cognome veniva dopo il suo.
Ero orgoglioso di averlo per amico. Nel segreto dell’urna votai lui, penalizzato da quel cognome abruzzese, lungo, difficile per gli inizi della preferenza scritta.
Uomo vero, tosto come la montagna che amava tanto, Fernando era impegnato in politica con i Verdi.
La cosa che ricordo più nitidamente di lui, la cosa che mi sta tormentando in queste ore è il suo sorriso. Un sorriso solenne, aperto, capace di restare tale anche nelle situazioni più dure.
Penso di non averlo mai visto arrabbiato esteriormente.
Aveva la calma dei forti e questo gli permetteva di restare lucido e di portare avanti le sue ragioni con calma e ferma determinazione.
Fernando era un Saggio, uno di quelli che ogni tanto saliva a ricaricarsi lungo i sentieri di montagna.
Le prime voci sulla sua scomparsa dicono che ieri doveva arrampicare con il fratello e che il fratello sia rimasto a casa perché raffreddato. Lui è partito lo stesso.
Come diceva Schopenhauer: “La sorte mischia le carte e noi giochiamo”.
Ciao Fernando, sorriso forte.
Luca Maggitti
 
FERNANDO DI MARCOBERARDINO
[Pubblicato su IL TEMPO d’Abruzzo del 21 agosto 2002.]
Fernando Di Marcoberardino lo trovavi sempre in alto, inerpicato sulla sofferta parete di battaglie importanti, fedele al motto di Kant che tutti quelli della lista civica “Roseto Unita”, nel 1993, scrissero sul loro programma: “Agisci in modo da considerare l’umanità sempre come fine e mai come mezzo”.
Già, perché Fernando era un uomo fra gli uomini, uno che non ha mai fatto mancare la sua stretta di mano vigorosa e il suo sorriso aperto alle iniziative che avevano il bene di tutti come fine.
E proprio il sorriso, uguale al sole che ride dei Verdi, era il suo tratto distintivo: non ricordo un solo problema tanto cattivo da farlo rabbuiare. Aveva un’apertura di labbra a metà fra il saggio e il mistico, tipico di un uomo abituato alle vette e alle provocazioni d’intelletto, così lontano dalla mortale seriosità di chi annaspa e sgomita per affermarsi nel sociale.
Conobbi Fernando nel 1992. Nel 1993 eravamo nella stessa lista civica, insieme a persone speciali come Carla De Antoni e Rosanna Racinelli, anch’esse, come Fernando, troppo presto scomparse fra le pieghe di una vita i cui misteri sono a volte insopportabili e dolorosissimi.
Fernando ci parlava dell’ambiente da tutelare, dei tir da cacciare dalla statale, della pineta Mazzarosa e del Gran Sasso. Mi raccontava della sua passione per la montagna e di suo fratello, tosto come lui al punto di meritarsi il soprannome, a Penne, di “Lù Trave”.
Sempre con quegli occhi puntuti, vivissimi, pieni di disponibilità. L’ultima volta che lo incontrai parlammo addirittura di basket: per una volta ero orgoglioso di poterlo interessare con le mie chiacchiere.
Adesso, se proprio devo immaginarlo lontano, voglio pensarlo su quel Gran Sasso che ha amato e difeso, sorridente, di guardia.
Magari ascoltando quella canzone di Fossati che dice: “Per niente facili, uomini sempre poco allineati …”.
Ciao Fernando.
Luca Maggitti
 
FERNANDO
L’assenza è un assedio.
[12 aprile 2003.]
Fernando,
non riesco ancora a parlare di te in pubblico senza che un nodo mi assedi la gola e mi faccia piangere come un vitellino.
Conoscendoti, mi spernacchieresti per questo mio modo di drammatizzare il tuo ricordo. Però dire e idealizzare è una cosa, trovarsi alle prese con l’assenza (che come diceva Piero Ciampi è un assedio) è ben altra cosa.
Spero perciò di riuscire, in futuro, a parlare nuovamente di te senza mescolare sorriso e lacrime, ma tenendomi solo il sorriso. Ma non è detto che ci riesca.
Speravo di riuscirci anche nel corso della serata che ti abbiamo dedicato e che avevamo organizzato per parlare di Pace con Don Vitaliano della Sala. Invece niente. Al primo pensiero ecco le lacrime, nodo alla gola e mutismo assoluto. Una figuraccia (di cui vado fiero, alla faccia di quelli che sono sempre sicuri e controllati) che ti avrebbe fatto sorridere ancor di più di quanto tu già non sorridessi in compagnia di amici.
Fernà, quaggiù le cose non vanno poi così bene. Ci vorrebbero, a qualunque livello, molte, moltissime persone con il sorriso forte come il tuo. Invece, a qualunque livello, abbiamo un sacco di gentaglia incolta, guerrafondaia e superficiale, salvo rare e benedette eccezioni.
Io lo so, perché mi ricordo le nostre riflessioni, che ci toccherà sempre stare dalla parte di quelli che perdono, ricordandoci, come diceva Bertolt Brecht, che ci siamo seduti dalla parte sbagliata perché era l’unica lasciata libera. Ma è una faticaccia quotidiana sopravvivere al “nuovo che avanza”, quando questo nuovo è un usato nemmeno tanto sicuro, ridipinto alla bell’e meglio.
Spero che tu, da qualche parte, in alto, stia bene.
Ti abbraccio.
Luca Maggitti
 
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