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Uomini di basket
GIOVANNI FATTORI: IL ROSETO SULLA PELLE.
Giovanni Fattori, con il Roseto nella A2 Est 2016/2017.

Giovanni Fattori, con il Roseto nella A2 Est 2016/2017.

Giovanni Fattori, con il Roseto nella A2 Est 2016/2017.

Intervista di commiato al lungo livornese, che ha giocato la scorsa stagione con gli Sharks e sfodera una inaspettata e commovente vena poetica.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 20 Luglio 2017 - Ore 12:30

Fra le molte particolarità del Roseto Sharks 2016/2017, che ha scritto con orgoglio e determinazione una bella pagina della storia della pallacanestro rosetana, c’è quella dei due giocatori “omonimi”. Adam Smith, omonimo del filosofo ed economista scozzese (1723-1790), e Giovanni Fattori, omonimo del pittore italiano (1825-1908) annoverato fra i principali esponenti del movimento dei Macchiaioli. Di più: mentre Adam Smith “lo squalo” è di Atlanta, Georgia, USA, mentre “l’altro” Adam Smith era scozzese, entrambi i Giovanni Fattori sono livornesi.

Giovanni Fattori, il giocatore di basket, ha chiuso la sua stagione 2016/2017 nel Roseto Sharks giocando 30 partite di stagione regolare a 15,3 minuti, 4,3 punti e 2,7 rimbalzi. Poi, nelle 8 partite di playoff, ha girato a 17,3 minuti, 3,3 punti e 2,4 rimbalzi. In rapporto ai minuti in campo, uno dei migliori quanto a resa e quindi autore di una stagione più che buona.

Giovanni, toscano affilato e ironico, ha firmato da qualche giorno per il Bergamo, che sta in Serie B (avendo perso le Final Four promozione), ma si sta preparando al ripescaggio in Serie A2, se Cremona dovesse essere chiamata in Serie A dopo l’esclusione di Caserta (Bergamo giocherebbe nello stesso girone del Roseto, A2 Est).

Questa è la sua intervista di commiato.

Giovanni, cosa ti mancherà di più di Roseto?
«Un ambiente in cui sono stato benissimo e tantissime persone che mi hanno fatto sentire a casa. Ci ho giocato soltanto un anno, ma grazie a queste cose mi è sembrato di starci molto di più. Lascio tante persone care che mi dispiacerà non rivedere più quotidianamente. Due nomi per tutti: Berardo Quatraccioni e Mimmo Cusano».

Eppure mi ricordo il giorno del raduno: “cani malati” e squadra candidata a retrocessione sicura...
«Guarda, io mi considero un pessimista e mentre guidavo verso Roseto pensavo a una stagione difficile. Però, allo stesso tempo, la mia fisiologica presunzione mi portava a pensare che se ci fossimo trovati bene non saremmo mai partiti battuti e ogni gara ce la saremmo giocata. Solo che quando arrivai a Roseto trovai un ambiente molto più pessimista di me! Meno male che i brutti anatroccoli si sono trasformati in cigni, anzi in squali...».

Quando, a tuo avviso, la stagione è girata?
«Ho in mente due episodi. Il primo è  la seconda gara contro la Virtus Roma, dopo aver perso la prima di 30 punti, giocata il giorno dopo. Andammo subito sotto di 20, in modo vergognoso, e tutto lasciava presagire il naufragio. Poi invece ci guardammo negli occhi e cominciammo a rimontare, per orgoglio e dignità, con nessuno di noi che ci credeva nel momento stesso in cui lo facevamo. Alla fine vincemmo. Il secondo momento è la vittoria di Verona, all’esordio in campionato, senza un americano. A noi, fondamentalmente, interessava vincere quella e poi vivere alla giornata. Così facemmo e quel modo di interpretare la stagione ha portato ottimi risultati».

Roseto Sharks 2016/2017. Cosa ti ha dato di speciale quella stagione?
«In campo, la consapevolezza di giocare in una piazza importante e difficile, perché fatta di tifosi competenti ai quali non puoi farla sotto il naso. È stata una stagione che mi ha responsabilizzato ulteriormente come giocatore, perché ho capito quanto la gente rosetana si aspettasse da noi, vivendo per il basket. Direi che è stato bellissimo sia a livello sportivo sia a livello caratteriale. Fuori dal campo, la bellezza di vivere in un posto in cui gli abitanti hanno due grandi passioni: basket e mare, che sono anche le mie».

Dimmi tre cose “indimenticabili” di Roseto degli Abruzzi...
«La passeggiata sul lungomare, che mi sono goduto ancor di più gli ultimi giorni, quando la stagione era finita e capivo che avrei potuto anche non essere confermato. Le persone: un popolo che dà tutto per il basket e che ama far sentire i giocatori accolti, benvoluti, desiderati. Il PalaMaggetti, luogo in cui ho passato la maggior parte delle mie ore. Me lo ricorderà gremito, con la Curva Nord che ti cattura per forza l’occhio e il mal di testa che ti veniva a seguir la foga dei tifosi che volevano vincere. Quella voglia che ti si appiccica sulla pelle dando anche a te una voglia di vincere fuori dal comune, perché non puoi deludere un popolo intero che salta e urla».

Siamo ai saluti. Prego...
«Un caloroso saluto al pubblico rosetano. A tutte le persone che, anche una sola volta, sono venute al PalaMaggetti. Perché anche chi è venuto una sola volta ha contribuito a farci disputare una stagione che in molti mi hanno detto essere passata alla storia, per lo meno quella recente, di una piazza così importante. Infine, un saluto pieno di riconoscenza a tutte le persone con le quali ho avuto a che fare anche solo un minuto della mia stagione rosetana. Ognuno di loro mi ha accettato, sostenuto, desiderato, accolto come parte di una comunità. Questo è qualcosa che rende Roseto un posto speciale e di questo voglio ringraziare tutti coloro i quali, in quota parte, ogni volta che abbiamo vinto hanno conquistato i due punti con noi. Ciao e grazie, Roseto: è stato un piacere, un privilegio, un onore».

Luca Maggitti
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