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Luigi Lamonica
8^ FINAL FOUR DI EUROLEGA PER MISTER DECIDERE
Stoccolma, 2003. Luigi Lamonica e Jorge Garbajosa durante la Finale del Campionato Europeo: la prima delle cinque arbitrate in carriera dal direttore di gara abruzzese
[Ciamillo&Castoria]


Intervista al miglior arbitro italiano, che continua la sua carriera in Eurolega e parla della sua carriera, delle differenze fra NBA e Eurolega e di Roseto degli Abruzzi.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 09 Maggio 2018 - Ore 14:00

Luigi Lamonica è stato convocato per la Final Four di Eurolega a Belgrado, dal 18 al 20 Maggio 2018.

L’arbitro internazionale abruzzese è alla sua 8^ Final Four: veterano della truppa insieme al tedesco Lottermoser e all’ucraino Ryzhyk.

Il pensionato – per le regole arbitrali italiane, modificate peraltro appena dopo il suo ritiro alzando il limite di età – nelle 7 precedenti volte nelle quali è stato chiamato, ha diretto per 4 volte la Finale: 2007 ad Atene (Panathinaikos Atene-CSKA Mosca), 2011 a Barcellona (Panathinaikos Atene-Maccabi Tel Aviv), 2012 a Istanbul (Olympiacos Pireo-CSKA Mosca), 2016 a Berlino (CSKA Mosca-Fenerbahce Istanbul).

Il suo sterminato palmares, citando soltanto gli allori più importanti, conta pure una Finale del Campionato Mondiale (2010), 5 Finali dei Campionati Europei (2003, 2005, 2011, 2013, 2015), 23 Finali Scudetto e 9 Finali di Coppa Italia.

Abbiamo colto l’occasione per questa intervista.

Luigi, 8^ convocazione per una Final Four di Eurolega. E pensare che da 2 stagioni per la FIP sei un arbitro pensionato. Che effetto ti fa?
«Sono molto contento e questo mi sembra scontato. Dopo una stagione fatta di 31 partite arbitrate in Eurolega è una soddisfazione vedersi designare per le Final4: vuol dire che qualcosa di buono è stato fatto, che gli allenamenti, le ore di sonno perse per arrivare e partire dai luoghi delle partite, le ore passate a vedere partite mie e delle squadre che dovevo arbitrare, sono servite a qualcosa. Per la pensione c’è tempo, forse la decisione della FIP mi ha fatto capire che senza l’arbitraggio avrei avuto un’altra vita. La pallacanestro giocata è ancora qualcosa che mi emoziona, che mi coinvolge, che mi toglie il fiato talvolta, e mi ha spinto ad impegnarmi ancora di più per non perdere “la magia” del campo. Mi spiace che chi era preposto a giudicare e decidere si sia fermato a valutare una data impressa su un documento, e che abbia deciso, malgrado tutto, di inserirmi nelle liste degli arbitri fuori quadro. Ho rispettato, in primis, la decisione in silenzio e, come noi arbitri chiediamo centinaia di volte durante il corso di una partita ai giocatori, ho rispettato le regole di quel tempo. Grazie all’Eurolega ho avuto la chance di continuare e ho fatto, sto facendo e continuerò a fare tutto il possibile affinché quest’ultima parte della mia carriera continui il più a lungo possibile».

Come hai preso, umanamente, il fatto che la Fip, dopo averti regolarmente pensionato a 50 anni compiuti, ha innalzato l’età pensionabile con un Consiglio Federale svoltosi proprio nella “tua” Roseto degli Abruzzi, dove risiedevi?
«L’ho accettata perché era una regola che conoscevo esistere da molti anni e per la quale mi ero preparato da molto tempo. Ricordo che, nel 2011 ad un campionato Under 18 in Lituania, Romas Brazauskas che era al suo ultimo torneo ufficiale, anche lui ormai cinquantenne,  scambiando dei pensieri mi disse: “Luigi, preparati, hai 45 anni, il tempo vola e tra 5 anni ti troverai nella mia situazione attuale. Ho visto tanti colleghi prenderla male, malissimo. Pensa che, purtroppo, arriverà anche per te questo momento e se non sei pronto…”. Aveva ragione Romas e io ho seguito il suo consiglio: mi sono preparato per poter dare sempre il meglio sul campo, per non arrivare alla fine come un buon arbitro che però aveva dato tutto se stesso negli anni precedenti: Ho lavorato per poter lasciare il mio miglior ricordo fino all’ultima partita. Non avrei mai accettato di essere sopportato dalle squadre e dai miei dirigenti arbitrali solo perchè avevo una carriera alle spalle. No, io la mia carriera la volevo ancora di fronte a me e che mi potesse offrire altre designazioni importanti, altre soddisfazioni. Perciò ho cercato di farmi trovare sempre pronto per ogni genere di partita: sia una gara 7 di Finale sia un Campionato Under 16, come l’ultimo torneo ufficiale FIBA arbitrato in Polonia. Io ce l’ho messa tutta fino alla fine e questo atteggiamento mi ha premiato, visto che l’Eurolega ha deciso di non considerare l’età anagrafica degli arbitri, ma solo le prestazioni in campo».

Adesso vivi in Sicilia. Ti manca un po’ Roseto degli Abruzzi?
«Sai bene che è stata dura andare via da Roseto. Le lacrime di tua madre – e non solo le sue – sono sullo stesso piano, nel mio libro dei ricordi, di quelle che io ho versato alle Olimpiadi di Pechino e Londra. La tua famiglia a Roseto mi ha fatto sentire sempre il suo affetto smisurato, la porta di casa vostra è sempre stata aperta per me, mi avete coccolato e mi avete fatto sentire uno della famiglia, mi avete reso partecipe di “discussioni/decisioni” familiari rendendomi orgoglioso del privilegio accordatomi. E poi i pranzi della domenica con zio Giovanni, i racconti di Nonno Giovanni dopo ogni pranzo hanno riempito le mie giornate. Le rare parole di tuo padre Dino provocavano sempre una risata in tutti noi, grazie alla sua ironia. Roseto è poi per me il suo bellissimo lungomare, gli arrosticini del Pacaya di Marco e Gaby, chef Marino, Walter e Rachele della Braceria di Ciambi, l’Hercules di Alfonso, l’arrampicata in bicicletta a Montepagano con sosta al belvedere da dove si può vedere il mare fino a Pescara. E poi Roseto è soprattutto i Rosetani che respirano pallacanestro e che incrociandomi per strada, pur non conoscendoli, mi chiedevano della partita arbitrata a Istanbul piuttosto di quella a Tel Aviv, di quella violazione di passi o di quel fallo fischiato ad Atene. Gente speciale siete voi Rosetani. Come il professor Verrigni e la sua famiglia, che un anno mi hanno fatto allenare nella loro palestra, chiusa per ferie la settimana di ferragosto, per preparare l’Eurobasket in Slovenia. O Come Luigi e tutti i ragazzi del bar dell’Agip, che ogni volta alle 5 della mattina, quando partivo presto alla volta di Fiumicino e mi recavo da loro per prendere il caffè, mi chiedevano: “Dove andiamo oggi?”. Non vivo più nel Lido delle Rose, ma con il cuore e con i ricordi sono ancora a Roseto».

Tornando al basket della “Coppa Campioni”, che stagione è stata, finora, quella 2017/2018?
«Intensa ed equilibrata, con qualche tensione nel finale, ma alla fine sono arrivate le 4 squadre che meritavano. I playoff sono così: le squadre più in forma superano il turno e per le Final4, si aggiunge un ulteriore elemento, quello psicologico. La squadra che saprà reggere meglio la pressione alzerà il Trofeo. L’Eurolega a livello di gioco, tattica, intensità, talento è sicuramente, dopo la NBA, la seconda competizione di club al Mondo. Non credo di dire un’eresia se affermo che le stagioni regolari tra le 2 competizioni si equivalgano. Forse per noi europei, che abbiamo una certa cultura campanilistica, l’Eurolega è superiore alla NBA durante la stagione regolare... e chi afferma il contrario o non vede le partite o fa finta di non capire oppure, realmente, non capisce niente di pallacanestro giocata. Negli ultimi 2 anni, con questa nuova formula fatta di partite di andata e ritorno, abbiamo visto sfide di alto spettacolo e intensità, grandi giocatori, ma soprattutto grandi allenatori che continuano a produrre e far migliorare tanti giocatori che poi vengono chiamati dalla NBA per deliziare il pubblico d’oltreoceano. Abbiamo visto una squadra, lo Zalgiris Kaunas, che pur avendo tradizione e seguito ma di certo non il budget di tante altre squadre è arrivata alle Final4 di Belgrado con un allenatore, Saras Jasikevicius, che ha fatto del suo entusiasmo e della sua esperienza sul campo da grandissimo giocatore un vero “marchio di fabbrica”, raggiungendo un traguardo insperato e non pronosticato dagli addetti ai lavori. E sulle ali dell’entusiasmo e con il loro caldissimo e coreografico pubblico renderanno ancora più emozionanti queste Final4».

Parlando soltanto di allori internazionali, hai diretto 5 volte la Finale del Campionato Europeo e 4 quella di Eurolega, oltre alla Finale del Campionato Mondiale. Punti a pareggiare Europei e Eurolega?
«Il traguardo è arbitrare bene: che sia una delle semifinali o la partita della domenica, importa poco. A Belgrado, come in tutte le manifestazioni di questo livello, avremo quasi 30 telecamere che renderanno il nostro compito, se possibile, ancora più difficile del solito, vivisezionando il nostro lavoro attimo per attimo. Tutti ci teniamo ad arbitrare la Finale, sarebbe ipocrita affermare il contrario. La nostra, alla pari di quella dei giocatori, è un’attività competitiva: tutti gli 8 arbitri designati ambiscono a ricevere la designazione finale. Ma la cosa bella, anche se è difficile da credere per chi è al di fuori, è che ognuno dei 3 finalisti arbitrerà non soltanto per se stesso ma anche per i propri colleghi in campo, perché non si può arbitrare bene una partita del genere da soli: occorre una squadra vincente. E lo farà anche per gli altri 5 che saranno a guardare la partita dal vivo a Belgrado, oltre che per gli altri 57 che fanno parte della lista e che hanno arbitrato una intera stagione per permettere a noi 8 di essere designati per le Final4. Sai cosa mi piacerebbe che avvenisse lunedì 21 maggio 2018, dopo la Finale di Eurolega? Che si parlasse soltanto dello spettacolo offerto dai giocatori in campo e nessuno parlasse del lavoro degli arbitri: sarebbe il miglior successo per la nostra categoria».

Parliamo un po’ di basket italiano. Quali campionati segui, se li segui? E che impressione hai avuto finora della stagione cestistica 2017/2018?
«A Capo d’Orlando ho la fortuna di poter ancora respirare la Serie A e ho visto quasi tutte le partite casalinghe dell’Orlandina. Poi, purtroppo a causa di impegni, solo una partita di serie B della Costa D’Orlando. E poi ancora tante partite di Serie C Silver la Nuova Agatirno, squadra dove giocano tanti Under dell’Orlandina e la Serie D a Sant’Agata di Militello, dove da poco più di un anno e mezzo hanno la possibilità di utilizzare la nuova ed efficientissima struttura del PalaMangano (guarda che bello! https://drive.google.com/file/d/1_RkirUpKH_X_mU0BjdDLkiOPQe3r2oTX/view ) e hanno davvero tanta passione visto che per le partite di Serie D sono riusciti a portare tra i 700 e gli 800 spettatori di media a partita, con punte di  1000 e più nelle ultime giornate e nei playoff! Ho visto fame di pallacanestro come a Roseto: il nostro sport vive nei piccoli centri come questi e la presenza di squadre di vertice o di strutture all’altezza aiuta ad alimentare questa passione».

Finita questa stagione, cosa ti riserva il futuro professionale da arbitro “pensionato per l’Italia ma buono per il Mondo”?
«Mi riserva tanta televisione, per godermi i playoff dei nostri campionati. E poi penso che, insieme ai miei amici di Capo, mi aspettano tante cene in veranda con in sottofondo le immagini delle partite. Inoltre, dal 1 al 6  giugno parteciperò come istruttore a un camp per giovani arbitri in Bulgaria. Infine, dal 18 giugno, per una settimana, stiamo lavorando  per portare presso il PalaMangano di Sant’Agata una “Academy multisportiva” (pallacanestro, volley, nuoto) composta da un centinaio ragazzi di una scuola privata di Istanbul. Potrebbe essere un bell’inizio, forse, per una nuova sfida».

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Luca Maggitti
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