Pietro Tavani e Antonio Petillo.
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Pietro Tavani visto da Antonio Petillo, allenatore di basket e scrittore.
Napoli
Mercoledì, 12 Ottobre 2005 - Ore 07:30
Volavano.
Volavano talmente svelte e veloci da non dare quasi il tempo, a chi osservava, di percepirne il movimento.
Erano scaltre, sciolte, “giovani”. Estrose ed ispirate, quelle dita “volavano” da un tasto all’altro dell’organetto, picchettando quelle note che inondavano l’antica bottega e tutto il vicinato di un vibrante suono fresco e coinvolgente. Tarantelle di estrazione napoletana, mazurche, quadriglie e pezzi di tradizione orale, rievocavano tipici festini di bonarie campagnole.
Ero incantato nell’assistere a quell’improvvisata esibizione. Uno show tutto per me, che mi faceva scoprire insoliti e suggestivi suoni di tempi andati.
Fu il mio amico Luca a condurmi tra le stradine finemente affrescate del sereno paesino di Casoli ed invitarmi nell’antica bottega di Pietro, straordinario depositario della cultura folk locale.
Pietro Tavani, ottantaduenne da fare invidia ai più brizzolati cinquantenni, ci aspettò in piazzetta, ed al nostro arrivo, animato da una gentilezza d’altri tempi, corse ad aprire il suo “scrigno”: originali documenti fotografici, celebrativi articoli di giornali e, soprattutto, quel ciliegio stagionato riempivano il suo fondaco antico.
Mi misi ad osservare quelle sottili lamine di ciliegio, finemente traforate dalle stesse mani del longevo musicante, che aspettavano “impazienti” sul banchetto di lavoro l’assembramento al mantice ed alle restanti parti dello strumento. Cosicché, per mio stupore, ebbi modo di costatare che oltre alla dote dell’arte del suono, l’anziano artista aveva anche quella d’incomparabile artigiano. Virtù ereditata dal padre e dal nonno, e che lo faceva essere, al momento, l’ultimo artigiano del “ddu’ bbotte”; tradizionale organetto della terra d’Abruzzo.
Tra i numerosi strumenti presenti nella bottega, alcuni nell'attesa di vendita altri, primitivi, in esposizione come pezzi da museo, Pietro rese omaggio alla mia, modesta, presenza suonando con il “duù botte” più antico! Non meritavo tanto. Ero finanche preoccupato per quell’usura momentanea.
Il suono vigoroso del pregiato attrezzo, m’inebriava la mente di simboli antichi: rappresentazioni di masserie, poderi rurali, aie affollate di braccianti prese dalla “tarantola” scatenata dall’abile suonatore. E lui, sorridente e compiaciuto del mio interessamento, assecondò quelle mie fantasie raccontando, tra un pezzo e l’altro, delle sue esibizioni in feste paesane che avevano lo scopo di rallegrare le giornate d’instancabili contadine; riunite a tarda sera per “sfronnare” quintali di pannocchie, dopo ore di “schiena spezzata” nei campi fertili ed assolati dell’Abruzzo teramano.
Nell’ascoltare quei brani d’abilità e di storia, pensavo di “fermare” quel momento. Impedire, in qualche modo, il perdersi di quell’antica cultura “ddù botte”, conservata, per merito della sua stirpe, fino ad allora, sulla dolce collina abruzzese.
L’amico Luca mi anticipò: propose un libro, un cd, interviste e concerti. Pietro ascoltava bonario e garbato mentre, animato dalla sua immensa umiltà, quasi indifferente, introduceva di continuo musiche originali che arrivavano, con la potenza dell’antico organetto, in tutti gli angoli affrescati del paesino di Casoli.
Intanto, chiedevo notizie sui figli dell’anziano ed, eventuali, nipoti. Nessuno. Proprio nessuno. Purtroppo neanche uno in famiglia lo aveva seguito nell’arte che aveva. La cosa m’intristì un poco. Un vero peccato spezzare quella trasmissione di memorie.
Ci lasciammo più tardi, di nuovo in piazzetta, davanti all’affresco di Carluccio Nava, tra i più belli del paese, che ritraeva una partita di carte tra nonni. Un lavoro che affermava i valori semplici della quotidianità.
Valori che mi sostenevano, nel lasciare il bel paese nell’auto col mio amico Luca, a sperare nella continuità di quell’esemplare tradizione organettistica; fino al momento portata avanti dall’ultimo artigiano depositario dei sapori di antiche tradizioni popolari abruzzesi.
Antonio Petillo
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