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LUIGI LAMONICA: FISCHIANDO SUL MONDO.
PROBLEMI?
Finale del Campionato del Mondo 2010. Luigi Lamonica a colloquio con Hedo Turkoglu, sotto lo sguardo di Kevin Durant.
[Ciamillo & Castoria]


TAKE IT EASY
Campionato del Mondo 2010. Luigi Lamonica scherza con Jorge Garbajosa.
[Ciamillo & Castoria]


LET’S DANCE
Campionato del Mondo 2010. La perfetta linea di Luigi Lamonica e l’obiettivo curioso del fotografo producono una sorta di spassosa danza fra arbitro e cheerleaders.
[Ciamillo & Castoria]


Pierpaolo Marchetti intervista l’arbitro pescarese a pochi giorni dalla partenza per la Final Four di Eurolega a Barcellona, che lo vedrà impegnato.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 01 Maggio 2011 - Ore 01:30

Pubblicato su IL MESSAGGERO d’Abruzzo di venerdì 30 aprile 2011.
 
Luigi Lamonica ha 46 anni e un sorriso da bambino. Con quel sorriso e con quell’aria mite è partito da Pescara ed è arrivato sul tetto del mondo. Armato solo di un fischietto, ha domato fuoriclasse bizzosi, arene infuocate, sempre con quel low profile che è diventato il suo biglietto da visita nel mondo. Da anni è il miglior arbitro italiano ed europeo. Uno status conquistato con quella sobrietà, quell’equilibrio e quella capacità di dialogo unanimemente ritenute le qualità più importanti per un direttore di gara. Dopo finali Olimpiche, Europee e Mondiali, è alla vigilia della sua terza Final Four di Eurolega. Un buon momento per raccontare una storia bella e semplice. L’avventura di un anti-personaggio che è passato dalle palestre sgangherate della C italiana ai santuari del basket mondiale, senza mai smettere di essere se stesso. Straordinario nella sua normalità.

Lamonica, come è stato arbitrare le stelle della Nba?
«Altro mondo, altra cultura, e altra interpretazione delle regole. Per gli arbitri europei è difficile».
 
Un esempio?
«L’Infrazione di passi. A loro non interessa il numero dei passi, ma capire se l’attaccante ha tratto o meno un vantaggio indebito. Oppure la protezione del tiratore, che lì è sacro».
 
Il suo rapporto con i giocatori?
«Ottimo. I cestisti sono molto più corretti di molti altri sportivi. Certo, ce n’è qualcuno che va preso le dovute maniere e altri con i quali ci si può permettere la battuta, qualche volta ci è scappato un vaffa... reciproco. E col sorriso sulle labbra».

Con gli allenatori è più dura?
«Molto. Il giocatore, una volta esaurita la protesta deve subito tornare a concentrarsi. Gli allenatori ti mettono sotto pressione per tutta la gara. Spesso è anche una strategia. Una volta si facevano assegnare i ”tecnici” di proposito sperando di condizionare e di avere qualche vantaggio. Oggi non è più così. Sappiamo che alcuni tecnici sono scientifici. Per noi è un fallo come gli altri».

Quali sono i coach più difficili da gestire?
«In generale quelli di scuola slava sono un po’ più... esuberanti».

A chi la palma del pubblico più caldo?
«Ci sono palazzi, come ad esempio il Pionir di Belgrado, in cui si sente tanta pressione. Anche il campo del Panathinaikos, che quando è pieno contiene 24.000 persone, è una bolgia niente male».

La nazione dove preferisce arbitrare?
«La Lituania. Lì vivono per il basket e hanno una grande cultura sportiva. Quest’anno alle finali dell’Europeo Under 18 e c’erano 13.500 paganti e fuori un maxi schermo con altre 3.000 persone. Impressionante».

Tornando agli anni della gavetta, quali erano i campi dove non avrebbe mai voluto arbitrare?
«C’erano alcuni impianti pugliesi dove era veramente dura. Mi ricordo Bitetto, Toritto. O Afragola in C1. Ma una sola volta ho avuto davvero paura. Dopo una semifinale scudetto femminile in campo neutro tra Faenza e Cesena. Restammo asserragliati quasi due ore dopo la gara».

Cosa vuol dire arbitrare bene?
«Sostanzialmente due cose. La prima: uscire dal campo sapendo di aver dato tutto. La seconda: adottare un metro e cercare di portarlo, in modo uniforme, fino alla fine».
 
La prestazione della quale è più orgoglioso?
«Forse una delle ultime: gara 4 della serie tra Pana e Barcellona. C’erano state polemiche per una designazione cambiata. L’atmosfera era particolarmente calda. Abbiamo dovuto gestirla bene».

La peggiore direzione? Quella che vorrebbe cancellare?
«Nessun dubbio il quarto di finale tra Spagna e Croazia agli Europei del 2005. Un disastro! Nella terna ognuno arbitrava per conto proprio. Non ci siamo venuti incontro. Se vedi che l’altro fischia sempre una cosa, non puoi fischiare il contrario. La Croazia fu danneggiata e noi non fummo intelligenti nella gestione del finale».

Qual è il giocatore che l’ha impressionata di più dal vivo?
«Ricky Rubio alle Olimpiadi di Pechino era pazzesco. Non ho mai visto dal vivo Drazen Petrovic ma immagino così. A quell’età neppure Gasol mi fece la stessa impressione».

Ovviamente favorevole all’uso della moviola in campo visto il successo dell’instant replay.
«Serve a evitare i sospetti. Non capisco le resistenze del calcio. Ci sono cose che neppure cinque arbitri riuscirebbero a vedere. La tecnologica del resto c’è già, ci ha fatto vincere un Mondiale con l’espulsione di Zidane».

Dunque non invidia i colleghi del calcio...
«Per carità! Immagino la frustrazione di quel povero cristo che non ha visto la mano di Henry in Francia - Irlanda. O di Rosetti che al Mondiale va dal guardalinee e vede sul tabellone dello stadio l’errore. Lo vede tutto lo stadio, ma lui deve far finta di niente e non può cambiare idea».
 
Lei è andato anche oltre...
«In un Barcellona - Partizan un pallone decisivo era entrato e uscito dal canestro. Non rientrava nei casi dell’istant replay, ma ho guardato lo stesso. Ho avuto due settimane di stop, ma quest’anno è stato ampliato l’uso della moviola».
 
Mai pensato di arbitrare in Nba?
«No. E personalmente arbitrerei più volentieri il campionato universitario».

Chi è il miglior arbitro europeo?
«Fino all’anno scorso c’era il lituano Brazauskas. Il numero uno senza dubbio».
 
E in Italia?
«Ci sono buoni arbitri giovani, ma il sistema è lento Se sei un fenomeno impieghi almeno 12 anni per arrivare in A. Tra i ragazzi più bravi direi Martolini e Lanzarini».
 
Prossimo obiettivo professionale?
«So che sarà molto difficile, ma l’Olimpiade è davvero fantastica. Se me ne danno un’altra me la prendo volentieri...»
 
Pierpaolo Marchetti
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