Interviste
GIUSTINO DANESI: IL ‘DALAI LAMA’ DEI PREPARATORI ATLETICI.

L’uomo dall’inestinguibile sorriso cura la preparazione atletica dei Campioni d’Italia della Mens Sana Siena.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 06 Marzo 2012 - Ore 20:00
Giustino Danesi, classe 1967, detto “il Conte”, è il preparatore atletico della Mens Sana Siena che tutto vince in Italia.
 
Nato a Teramo, la professione lo ha portato in giro per l’Italia (pallamano a Teramo, basket femminile a Chieti, basket maschile a Campli, Ferrara, Livorno e Montegranaro), fino al prestigioso approdo senese dove sta facendo collezione di trofei (Scudetto, Coppe Italia, Supercoppe), e al lavoro con la Nazionale Italiana.
 
Amante della musica (Morrisey e gli “Smiths”, Tracey Thorn e gli “Everything but the Girl” tanto per dirne un paio), del cinema, dell’arte e dotato di bagaglio culturale di tutto rispetto, il Nostro è il “Dalai Lama” degli strizzamuscoli, visto l’inestinguibile sorriso che fin da lontano lo annuncia e lo stato di grazia che da sempre lo abita.
 
D’estate lo si può rintracciare per qualche giorno nella sua patria d’adozione, Praga, o può capitare di scorgerlo mentre illumina rare notti distillate di poesia, nei pressi del “Refettorio della Misericordia”, a Campli, in compagnia di un manipolo di amici veri (citiamo il cestista Riki Marzoli per tutti).
 
Per parlare di basket e del suo lavoro, gli abbiamo fatto qualche domanda.
 
Giustino, sei "l\'uomo dei muscoli" della corazzata del basket italiano. Come ti definiresti? Preparatore atletico, preparatore fisico o come?
«Gli amici, scherzando, mi definiscono preparatore globale, in quanto ritengono che sia bravo ad occuparmi dei miei giocatori a 360 gradi… ma lo dicono loro».
 
"Mens sana in corpore sano" è un adagio che ti riguarda doppiamente, visto il nome della tua società. Quando nella tua carriera hai visto atleti gettare via il proprio talento per i motivi più vari, a cosa hai pensato?
«Se un atleta che seguo getta via il proprio talento, mi chiedo prima di tutto cosa posso avere sbagliato io».
 
A quale anno di carriera professionistica sei arrivato?
«L’anno prossimo ne faccio 25: ho iniziato molto giovane, a Campli, nella stagione agonistica 1986-1987, con Bruno Impaloni capo allenatore».
 
Come maturò il tuo approdo a Siena?
«Fui cercato telefonicamente dal Direttore Sportivo Jacopo Menghetti, che mi chiese se ero interessato ad un colloquio con il Presidente Minucci. Da lì tutto si è svolto molto rapidamente, con grande entusiasmo ed eccitazione da parte mia e straordinaria disponibilità e determinazione da parte del club».
 
Sei un tipo gioviale ed eclettico. Problemi a far parte di una organizzazione "teutonica" come quella mensanina?
«Far parte di un’organizzazione collaudata come quella mensanina è indubbiamente un vantaggio per poter svolgere al meglio il mio compito. Una volta che tutto è programmato e ben coordinato,  è semplice riuscire ad essere pienamente me stesso nello svolgimento delle funzioni che mi competono».
 
Tre aggettivi per Simone Pianigiani.
«Analitico, comunicativo, istrionico».
 
Tre aggettivi per Ferdinando Minucci.
«Intelligente, carismatico, innovatore».
 
A Siena hai vinto importantissimi trofei. Quello che finora ti ha più commosso e perchè?
«Il ‘mio’ Scudetto».
 
Ti occupi dei muscoli di una babele di razze e culture. E\' una cosa che aiuta a crescere come essere umano, ma forse è d\'impaccio parlando del tuo lavoro?
«Il confronto continuo con lingue, culture e abitudini differenti dalle mie è uno degli aspetti più gratificanti del mio lavoro».
 
Tre valori di riferimento, imprescindibili, per fare la tua professione al meglio, indipendentemente dalla categoria?
«Credo che la base sia rappresentata dall’avere conoscenze e trasmetterle in maniera adeguata, attraverso una gestione del gruppo in cui il rispetto delle singole individualità rappresenta una cosa imprescindibile. Credo, altresì che sia molto importante sviluppare ciò che viene comunemente definito come “mestiere”, attraverso un’esperienza che si sviluppi negli anni, stando molto sul campo e osservando il lavoro di altri colleghi senza avere timore di riconoscere di volta in volta i propri errori e sapendo rubare con gli occhi».
 
Tre consigli a tutti i giovani che vogliono fare il tuo lavoro?
«L’unica cosa da aggiungere a quanto già detto è avere la massima disponibilità nei confronti di ogni atleta e membro dello staff. E’, inoltre, basilare portare ogni giorno in palestra passione ed entusiasmo».
 
Hai un modello di riferimento e hai avuto un maestro nel tuo lavoro?
«Il mio modello di riferimento è rappresentato da chiunque abbia contribuito con un consiglio, un esempio o anche solo un singolo esercizio alla mia formazione. Inutile dire che in tal senso ho avuto un’infinità di maestri che spero continui ad aumentare nel tempo rendendomi un professionista e, spero, una persona migliore».
 






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