Musica
DANTE FRANCANI, L’OPERAIO CHE CANTA LE TUTE BLU...

Intervista al rosetano che ha composto la ballata dell’operaio. E che vorrebbe invitare Francesco Totti a farsi un giro in fabbrica...

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 30 Novembre 2012 - Ore 08:00
Dante Francani, rosetano classe 1974, sposato con Erenia e padre di Ludovica di 7 anni, dal 1999 lavora come operaio.
 
Ha provato a fare altro dal 2001 al 2004, ma poi è tornato ad indossare la tuta blu, trovando il tempo di coltivare la sua passione per la musica, avendo studiato per anni il pianoforte sotto la guida del Maestro Manfredo Di Crescenzo, grazie al quale ha conseguito il diploma di teoria e solfeggio.
 
Qualche settimana fa – forse mesi – Dante mi inviò in e-mail un file contenente “Tuta blu... o la ballata dell’operaio”, sua composizione, chiedendomi di ascoltarla e di dirgli quel che pensavo. Io non sapevo neanche che Dante fosse in grado di suonare il pianoforte e cantare! Dopo aver ascoltato il file, gli scrissi che, a mio modestissimo avviso, valeva la pena divulgarla e che una modalità – gratuita – poteva essere quella di “coprirla” con un video da divulgare su YouTube.
 
Dante – figlio di Rosanna Racinelli, mai troppo compianta amica scomparsa e decisamente donna di un altro pianeta – ci ha messo un po’, ma alla fine ce l’ha fatta, realizzando il video e caricandolo su YouTube. D’altronde, è operaio, marito, padre e si alza presto il mattino, quindi il tempo di far tutto è difficile trovarlo.
 
Per festeggiare l’impresa, ho fatto questa intervista a Dante, che si merita lo spazio vista la fatica di fare l’operaio vinta dalla voglia di fare musica e raccontare i disagi di una categoria e – forse – di una generazione. Alla fine dell’intervista, c’è il link per sentire la canzone su YouTube. Il mio consiglio è di ascoltarla e, se possibile, comprenderla.
 
Dante, come nasce “Tuta blu... o la ballata dell’operaio”?
«Le difficoltà economiche a cui gli italiani - ed in maniera particolare la mia categoria - vanno oggi incontro, hanno tirato fuori dalla mia anima un lato artistico che fino a qualche mese fa non sapevo neanche di avere. È inutile stare ancora una volta a sottolineare le ingiustizie socio-economiche che i politici e i potenti ci impongono, ma credo fermamente che anche attraverso la musica si possa svegliare gli italiani da quel torpore mediatico e subdolo che attanaglia le loro menti da troppi anni. Ed è proprio dai tempi che corrono e dagli uomini che ci governano che è nata questa specie di manifesto-canzone, pensata per tutti quelli che indossano la mia stessa divisa: la tuta blu».
 
A chi dedichi la canzone?
«Vorrei dedicarla a mia madre Rosanna, che mi impose lo studio del pianoforte quando avevo appena sette anni... e di questo le sarò grato per tutta la vita, anche se all’epoca non capii la ricchezza culturale di quell’imposizione».
 
Chi è “il verro” di cui parli nella canzone?
«Quando uso la parola “verro”, mi riferisco allo Stato, al sistema e non, come qualcuno ha pensato, agli imprenditori i quali, oggi, sono in difficoltà proprio come noi. Mi piacerebbe che la mia canzone venisse ascoltata ed apprezzata anche dagli imprenditori, dagli impiegati, dagli architetti, dagli ingegneri e da tutti gli onesti lavoratori che oggi si ritrovano “strozzati” dal “verro”. Gli unici che credo non apprezzerebbero le rime della mia canzone sono i politici e i calciatori. Ritengo però che se siamo arrivati a questo punto, con la politica e col sistema, la colpa è anche nostra. Mi chiedo: come si fa, indossando la tuta che indossiamo, facendo il lavoro che facciamo, pagando le tasse che paghiamo e di fronte al ridicolo salario percepito, discutere di calcio? Mi piacerebbe invitare Francesco Totti a visitare una fabbrica metalmeccanica... si renderebbe conto che i veri atleti siamo noi! Quando sento interviste in cui si dice che un calciatore non ha giocato bene la domenica perché il mercoledì ha giocato anche in coppa mi viene da ridere, ma quando penso ai loro stipendi e li rapporto al mio mi viene da piangere».
 
Se non facessi l’operaio?
«Se potessi scegliere mi piacerebbe essere un insegnante, ma dovevo pensarci prima, quando ho “cazzeggiato” invece di studiare. Anche fare politica non mi dispiacerebbe, o magari fare il cantautore».

Quelli della tua generazione – fra i 30 e i 40 anni – hanno più rabbia o più rassegnazione?
«La gente della mia generazione ha paura. Non combatte, non dice quello che pensa, accetta passivamente ciò che viene imposto, limitandosi a “stramaledir le donne, il tempo ed il governo”... questa non è farina del mio sacco, ma una citazione della “Città vecchia” di Fabrizio De Andrè. La mia generazione, quindi, penso che sia rassegnata, ma anche molto arrabbiata. Non ha un leader a cui far riferimento, soprattutto in politica».

Cosa vorresti per l’avvenire di tua figlia?
«Una società più equa».
 
Cosa temi di più per il futuro tuo e dei tuoi cari?
«Che cambi poco o nulla. Non temo che mia figlia possa fare l’operaia, temo che possa farlo in queste condizioni. Temo che nessuno di noi si renda più conto dei veri valori, temo che nessuno di noi si renda più conto dell’importanza della cultura in una società civile. C’è una canzone che dice: “l’ignoranza è un fiume e provoca smottamento culturale”... amo questo genere di metafore. Spero perciò che rime come le mie possano svegliare la gente dal torpore».

A cosa ti piacerebbe servisse la tua canzone?
«A far cambiare le cose in meglio e poi andare fuori moda, il più presto possibile».

 
Dante Francani in “Tuta blu... o la ballata dell’operaio”.

 

 


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