Libriamoci [Invito alla lettura]
PIETRO BENEDETTI: IL PATRIOTA EBANISTA FUCILATO DAI NAZIFASCISTI.

Estratto da ‘Abruzzo Kaputt’, il libro di Luigi Braccili sulla Resistenza in Abruzzo.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 16 Settembre 2013 - Ore 08:00
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PIETRO BENEDETTI
Atessa (CH), anni 41.
 
Giovane ebanista, a diciotto anni era già segretario della sezione giovanile del P.C.I. ad Atessa. Nel 1925, mentre si recava a Lione per partecipare al terzo congresso del Partito Comunista Italiano, fu fermato al confine ed arrestato. Cominciò così la lunga serie degli arresti dell’ebanista atessano, che si trasferì a Roma dove aprì una bottega artigiana. Fu appunto in questa bottega che in una delle tante perquisizioni gli furono trovate delle armi e fu subito arrestato e rinchiuso a «Regina Coeli». Nel 1944 dal Tribunale di Guerra di Via Lucullo fu condannato a 15 anni di reclusione e successivamente, dopo qualche mese, con un altro processo la detenzione fu mutata in pena di morte. Il 29 aprile 1944 fu fucilato da un plotone della Polizia Africa Italiana sugli spalti del Forte Bravetta di Roma.
 
Ai miei cari figli,
quando voi potrete forse leggere questo doloroso foglio, miei cari e amati figli, forse io non sarò più tra i vivi.
Questa mattina alle 7 mentre mi trovato ancora a letto sentii chiamare il mio nome. Mi alzai subito. Una guardia aprì la porta della mia cella e mi disse di scendere che ero atteso sotto. Discesi, trovai un poliziotto che mi attendeva, mi prese su di una macchina e mi accompagnò al Tribunale di Guerra di Via Lucullo n.16. Conoscevo già quella triste casa per aver avuto un altro processo il 29 febbraio scorso quando fui condannato a 15 anni di prigione. Ma questa condanna non soddisfece abbastanza il comando tedesco il quale mandò l’ordine di rifare il processo. Così il processo, se tale possiamo chiamarlo, ebbe luogo in dieci minuti e finì con la mia condanna alla fucilazione.
Il giorno stesso ho fatto domanda di grazia, seppure con repulsione verso questo straniero oppressore. Tale mia suprema rinuncia alla mia fierezza offro in questo momento d’addio alla vostra povera mamma e a voi, miei cari disgraziati figli.
Amatevi l’un l’altro, miei cari, amate vostra madre e fate in modo che il vostro amore compensi la mia mancanza.
Amate lo studio e il lavoro. Una vita onesta è il migliore ornamento di chi vive. Dell’amore per l’umanità fate una religione e siate sempre solleciti verso il bisogno e le sofferenze dei vostri simili. Amate la libertà e ricordate che questo bene deve essere pagato con continui sacrifici e qualche volta con la vita. Una vita in schiavitù è meglio non viverla. Amate la madrepatria, ma ricordate che la patria vera è il mondo e, ovunque vi sono vostri simili, quelli sono i vostri fratelli.
Siate umili e disdegnate l’orgoglio; questa fu la religione che seguii nella vita.
Forse, se tale è i mio destino, potrò sopravvivere a questa prova; ma se così non può essere io muoio nella certezza che la primavera che tanto io ho atteso brillerà presto anche per voi. E questa speranza mi dà la forza di affrontare serenamente la morte.
 
Dal Carcere di Regina Coeli
Roma, 12 aprile 1944
 
[…]

ABRUZZO KAPUTT
Pagine sulla Resistenza
Luigi Braccili
Editrice Nepora, 1975.
 


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