Roseto Basket Story
‘CAJATTILA’: IL CONDOTTIERO DELL’ULTIMA VITTORIA.

Attilio Caja, il coach che salvò sul campo l’ultimo Roseto di Serie A, domenica sarà avversario degli Sharks essendo il coach dell’Affrico Firenze. Un ricordo della sua esperienza rosetana, nel campionato 2005/2006.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 27 Dicembre 2013 - Ore 17:00
Attilio Caja, allenatore pavese classe 1961, tanto minuto fisicamente quanto tosto intellettualmente, arrivò a Roseto degli Abruzzi il 30 novembre 2005. Nebbia e neve durante il viaggio non lo fermarono.
 
Il coach fu chiamato dal presidente Domenico Alcini e dal general manager Michele Martinelli per prendere il posto di Alberto Martelossi alla guida del Roseto 2005-2006, che aveva iniziato il suo sesto campionato consecutivo di Serie A piangendo la perdita di Nicola Mariani ed Ernesto Settepanella, rispettivamente factotum e magazziniere della società, scomparsi tragicamente insieme all’ex arbitro Domenico Belisari di ritorno da un torneo precampionato giocatosi a Veroli.
 
Una stagione iniziata dunque con tre lutti terribili, proseguita tra i problemi di un organico mai tanto mal assemblato che – nonostante la vittoria iniziale a sorpresa a Udine – ben presto mostrò i suoi limiti.
 
Attilio Caja, allenatore abituato a ben altre piazze (Roma dove aveva vinto la Supercoppa 2000 battendo la Virtus Bologna di Ettore Messina, Milano, Pesaro, Napoli) accettò Roseto stupendo tutti. Già, perché la squadra era messa male quanto ad organico e peggio quanto ad organizzazione, proprio per il grande valore operativo del compianto Nicola Mariani.
 
Così Caja, abituato a disporre di roster completi e a contare su organizzazioni degne di una metropoli, si ritrovò ad essere non soltanto il coach di una squadra che quasi tutti vedevano candidata a sicura retrocessione, ma anche il solutore di diversi problemi che attanagliavano il sodalizio, nonché il parafulmine pronto a ricevere le numerose scariche elettriche di un ambiente che soltanto la stagione prima applaudiva il “Roseto più forte di sempre” guidato da Mahmoud Abdul-Rauf.
 
Aziendalista vero, Caja entrò subito in grande sintonia con il gruppo dei soci (Alcini, Cimorosi, Di Marco, Martinelli, Norante) e alla sua prima intervista rosetana dichiarò: “Direi che sono uno che nel lavoro dà e pretende rispetto. Rispetto non soltanto a me, ma alla società che ci paga e a tutti i componenti dello staff, come ad esempio il massaggiatore, che pur non avendo grandi soddisfazioni economiche è spesso quello che lavora come un matto. Ecco, visto che noi siamo privilegiati e cioè lavoratori che fanno soltanto 4 ore al giorno di fatica ben pagata, pretendo che i giocatori e tutti i componenti della squadra diano il massimo nel rispetto delle regole”.
 
Sul campo, il Roseto di Caja vinse 8 gare su 24 giocate: un terzo esatto. Il risultato finale fu l’arrivo a quota 20 punti, 15^ squadra su 18 e quindi salva. Per l’ambiente del basket ed i tifosi, un miracolo sportivo.
 
Per Attilio Caja, che ai miracoli non crede, il frutto di un lavoro fatto di molte cose, tutte ben assemblate. Per dirla con un altro frammento di una sua intervista: “Un maratoneta che sprinta all’ultimo giro, dentro lo stadio, al termine di una gara massacrante di 42 chilometri e che non lo fa mica con le gambe, ma con il carattere”.
 
Tanti gli episodi indicativi di quel periodo, in cui la figura di coach Caja si colloca come esempio di allenatore intelligente e quindi capace di adattarsi alla situazione. Innanzitutto, un’etica lavorativa incrollabile, che neanche le 6 sconfitte consecutive nella parte nerissima del campionato spazzarono via. Poi la consapevolezza di dover fare anche altre cose per aiutare una città intera e non solo una squadra, fino al punto di andare direttamente alle poste quando serviva qualche spedizione per perfezionare i tesseramenti.
 
Caja fece persino buon viso a cattivo gioco quando sopportò le bizze di Jack Martinez (che amava la musica e il ballo in modo irrefrenabile), spiegando che senza il centrone dominicano sarebbe stato impossibile salvarsi. Grazie ai suoi buoni uffici presso l’Olimpia Milano, Caja ottenne il prestito di Daniele Cavaliero, valorizzando il giovane esterno triestino, lanciandolo in quintetto e portandolo a livelli di competitività finora ineguagliati. Attilio gestì bene anche onesti rincalzi come Diego Grillo e Francesco Chiavazzo, chiedendo loro minuti di impegno e sacrificio ed ottenendo buone cose (indimenticabili i tre canestri in contropiede di Chiavazzo nella vittoria in trasferta a Reggio Calabria). Fondamentale fu poi il “patto” che il coach riuscì a stringere con il nucleo degli italiani (Busca, Cavaliero, Malaventura, Casoli), responsabilizzandoli e magari costringendoli a sorbirsi anche le cazziate dirette a Martinez, per la “ragion di stato” che era la salvezza di Roseto.
 
Fra mille difficoltà, rinunciando per lunghi tratti persino a due stranieri come Capel (infortunato) e Flores (richiamato per l’ultima gara), il brigantino rosetano approdò nelle tranquille acque della salvezza all’ultima giornata, dopo la commovente vittoria interna contro Capo d’Orlando, anche se forse la partita decisiva era stata vinta alla terzultima di campionato, in casa contro la Virtus Bologna. Un Roseto che in panchina aveva lo studente Norman Neri e l’oriundo da C2 Gaston Campana oltre ai già citati Grillo e Chiavazzo. Nomi che, trattandosi di Serie A, rendono ancora più la misura dell’impresa che quel Roseto riuscì a compiere.
 
A salvezza conquistata, circa i suoi giocatori - dopo aver rampognato Flores e Capel - Caja disse: “Io metterei assieme Busca, Cavaliero, Malaventura e Martinez dandogli un 9 in pagella: sono stati davvero più bravi di quanto io pensassi. A tutti gli altri darei un bel 8 e cioè Casoli e Callahan e tutti i ragazzi: da Grillo a Chiavazzo a Campana, che ci hanno permesso di avere settimane di allenamento molto positive e quando sono stati chiamati in campo hanno fatto più della loro parte. Ovviamente, nel voto alto metto anche tutto il mio staff e i collaboratori”.
 
Caja, leale fino in fondo, non mancò di ringraziare i Soci e Antonio Norante, l’ultimo presidente, esprimendo stima per aver garantito serenità e stipendi negli ultimi due, fondamentali, mesi di campionato.
 
Dulcis in fundo, alla domanda su come avesse voluto essere ricordato a Roseto, “CajAttila” rispose: “Come una persona seria, perbene. Un allenatore che ha delle qualità e che le ha dimostrate, che ha sposato una causa e l’ha portata avanti fino in fondo, che non ha pianto, non è mai scappato né si è mai nascosto”.
 
Anche se poi la tempesta finanziaria si è portato via il Roseto Basket Lido delle Rose, nel grande libro del basket rosetano resta la magnifica salvezza 2005-2006 in Serie A, conquistata sul campo da un manipolo di giocatori che diedero tutto, guidati da coach Attilio Caja.
 
[Pubblicato su Eidos a Gennaio 2010.]
 






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