Roseto Basket Story
DINASTIE: MORETTI E GILMORE, DI PADRE IN FIGLIO.

Davide gioca in Serie A allenato dal padre Paolo, Kaleb è stato eletto miglior giocatore delle Hawaii, vincendo il titolo nella squadra in cui George è vice allenatore. Il pezzo su EIDOS e le schede del libro.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 06 Aprile 2015 - Ore 21:30
«Paolo Moretti miglior allenatore della Serie A scorsa? Ma è fantastico! Salutalo e fagli i miei complimenti».
 
Parole di George Gilmore, che da Kailua, Hawaii, è felice per quello che fu il suo compagno di squadra al Roseto Basket nel precampionato di Serie A 2000/2001.
 
Poi una forma di leucemia costrinse Moretti a combattere per la vita e abbandonare i campi da gioco, diventando un allenatore molto quotato in pochissimo tempo.
 
Gilmore, dopo Roseto ha invece giocato in Spagna, a Saragozza, ritirandosi dal basket giocato nel 2002 e tornando nelle Hawaii, dove vive con la moglie e i suoi tre figli, iniziando ad allenare e lavorando come consulente per i ragazzi che hanno problemi, presso una casa di detenzione dell’isola.
 
Nel 1997 è nato Kaleb, primogenito di Gilmore, mentre nel 1998 è nato Davide, primogenito di Moretti.
 
I due ragazzini, predestinati causa dna, si sono fin da subito fatti notare nel mondo del basket giocando entrambi da esterni.
 
Davide Moretti è uno dei migliori 1998 d’Italia, stabilmente nel giro delle Nazionali giovanili, e nel 2014 ha esordito in Serie A, a 16 anni, sotto la guida del padre e coach Paolo a Pistoia.
 
Kaleb Gilmore si è invece messo in mostra alla high school di Maryknoll, girando a oltre 18 punti di media. Passato in questa stagione ai Mustangs di Kalaheo, ha guidato la sua squadra (in cui il padre George è vice allenatore) alla vittoria del titolo delle Hawaii, segnando 30 punti in finale e venendo nominato MVP dello stato.
 
Kaleb giocherà la prossima stagione per Chaminade University, lo stesso college in cui il padre George è stato una stella.
 
Quanta strada faranno Kaleb e Davide, entrambi “rosetani” avendo abitato nel Lido delle Rose da piccolissimi? Presto per dirlo.
 
Gli eredi delle dinastie Gilmore e Moretti avranno un futuro NBA? È l’augurio dei rosetani che hanno applaudito i loro genitori.
 
Intanto, George Gilmore lancia l’idea: «So che Roseto è tornata nel basket di vertice. Sarebbe bellissimo vedere mio figlio giocarci almeno una stagione».
 
Magari, aggiungiamo noi, insieme a Davide Moretti prima della comune avventura in NBA!
 
 
Luca Maggitti
il CUORE del ROSETO
Tifosi e giocatori che hanno fatto grande la squadra di basket del Lido delle Rose
 
[Pagina 89]
Paolo Moretti
Campione in campo e in panchina
Paolo Moretti, classe 1970 da Arezzo, è un Campione. Il suo palmares autorizza la “C”  maiuscola e mette un po’ di distanza fra “Paolino” e i tanti buoni giocatori spesso chiamati campioni pur non avendone i requisiti. Moretti è un Campione perché è stato uno dei migliori giocatori degli anni ’90 e perché ha vinto. Tanto. A livello di squadre di club ha vinto tre Scudetti con la Virtus Bologna (1992-1993, 1993-1994, 1994-1995), una Coppa Italia con Verona (1991, unico caso di squadra della Serie A2 a vincere il trofeo) e una Coppa Italia con la Fortitudo Bologna (1998). Con la Nazionale Italiana ha vinto la Medaglia d’Oro ai Giochi del Mediterraneo del 1993 e quella d’Argento ai Goodwill Games del 1994 e ai Campionati Europei del 1997. E nella bacheca di Moretti, insieme a questi successi nazionali ed internazionali, c’è anche la promozione dalla Serie A2 alla Serie A1 con il Roseto, nella stagione 1999-2000. Una promozione dolcissima per i rosetani, agrodolce per Paolino, che su quell’altare sacrificò prima un ginocchio in trasferta a Ragusa – smettendo di giocare a fine 1999, rimpiazzato poi da Mario Boni – e poi quasi la vita, a causa di una durissima leucemia sconfitta con la sua forza e con quella della tosta ed inseparabile moglie Mariolina, che lo ha reso padre di Davide e Niccolò. Dunque poco più di mezza stagione in campo a Roseto, ma che classe! Giocatore totale, sprecato per Serie A2, Paolo Moretti fu l’ennesima riscoperta di Michele Martinelli, che lo prelevò dalla Fortitudo. Paolino avrebbe potuto comodamente svernare dormendo sul materasso di soldi che l’emiro Seragnoli gli garantiva in quel di Bologna, invece accettò di rimettersi in discussione scendendo di categoria e accettando la sfida di una squadra come Roseto, che alla vigilia era data quasi da rottamare. E invece quella squadra arrivò in Serie A1 senza passare dai Playoff, anche grazie ad una stagione in cui in campo si lesse benissimo la firma di Paolo Moretti, ala piccola di un quintetto con Busca in regia, Fox guardia, Savio ala grande e Burditt centro. Paolo seppe incantare i tifosi rosetani  per la sua capacità di giocare bene sia con la palla in mano sia senza palla. Intelligente cestisticamente come pochi, sposò senza difficoltà il credo di coach Phil Melillo, fungendo da prezioso regista aggiunto in appoggio al play Busca. Moretti, dopo la stagione di A2, si ripresentò guarito dall’infortunio al ginocchio. Ma la sorte aveva in serbo una nuova battaglia, che Paolino seppe sconfiggere dovendo però smettere di giocare e diventando allenatore. Da campione in campo a campione in panchina, visto che nella stagione 2013/2014 è stato eletto miglior allenatore di Serie A, guidando la matricola Pistoia ai Playoff Scudetto.
 
[Pagina 119]
George Gilmore
Piccolo, veloce, spettacolare: il primo play del Roseto di A1
George Gilmore, playmaker realizzatore di 185 cm (scarsi), classe 1968, dal college di Hawaii Chaminade, arrivò nell’estate del 2000, chiamato da Michele Martinelli per essere il playmaker del Roseto all’esordio assoluto in Serie A1. Un ruolo per niente facile, dovendo sostituire l’amatissimo Leo Busca, playmaker delle vittorie sia della B1 sia della A2. Gilmore fu definito “The born leader” da Lorenzo Settepanella, che lo intervistò nel settembre del 2000 per www.roseto.com, ottenendo, quando gli chiese delle sue caratteristiche, questa risposta: «Credo che la mia dote migliore sia proprio quella che si richiede ad un playmaker, vale a dire la leadership. Dipende poi da contesto tattico, tipo di campionato e richieste del coach. Credo comunque di poter soddisfare tutte le esigenze tipiche del mio ruolo, ma in primo luogo mi sento un leader nato». E Gilmore confermò di esserlo, guidando con mano ferma il Roseto allenato da Phil Melillo. Una matricola garibaldina e arrembante, che stupì il basket italiano con un avvio al fulmicotone. La squadra griffata Cordivari vinse 5 delle prime 6 partite, facendo impazzire la città. Gilmore marchiò a fuoco quell’inizio di stagione, segnando 24 punti in casa contro Milano, 24 in casa contro Cantù, 22 in trasferta a Verona, 11 in trasferta a Trieste e 26 in casa contro Treviso. Il basket italiano si accorse di colpo di questo playmaker alto un soldo di cacio, esordiente nella lega tricolore, in grado di colpire con sicurezza sia dalla media – saltando come una molla – sia di silurare da oltre l’arco virile. Gilmore teneva le redini di una squadra assolutamente sbilanciata sui piccoli. Il terzetto delle meraviglie, in grado di garantire quasi tutto il bottino di squadra, era formato da lui in regia, Stefano Attruia nel ruolo di guardia e Mario Boni in quello di ala piccola. Sotto canestro, due granitici manovali della palla a spicchi come Peter Guarasci e Ian Lockhart, in grado di portare decine di blocchi, arpionare altrettanti rimbalzi e, soprattutto, capaci di far buon viso a cattivo gioco quando in attacco non vedevano mai la palla. In campionato Gilmore fu velenoso, risolutivo, capace di andare a schiacciare a  due mani rovesciato al termine di un decollo che si faceva beffe della forza di gravità, portando Roseto sia alla Final Eight di Coppa Italia sia ai Playoff Scudetto, dove fu eliminato dalla Virtus Bologna “vincitutto” di coach Ettore Messina. Gilmore chiuse la sua stagione regolare con medie straordinarie: 36,1 minuti, 21,3 punti (anche 40 in una sola gara), 5,1 falli subiti, 2,9 rimbalzi, 1,9 assist, 18,5 di valutazione. Numeri “5 stelle” che lo portarono a firmare nella stagione successiva per la Virtus Roma di coach Attilio Caja, dove però non si trovò, tornando a stagione 2001/2001 in corso a Roseto, giocando 26 gare a 13,7 punti in 28 minuti, con 11 di valutazione. Il suo apporto consentì comunque al Roseto di coach Bruno Impaloni di conquistare i Playoff Scudetto, uscendo contro Roma.
 
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