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SINCRETISMO ROSETANO

A Giorgio Pomponi, restato fieramente a cavallo.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 01 Dicembre 2016 - Ore 19:23
Giò,
 
tu non sei Luigia Pallavicini ma, soprattutto, io non sono Ugo Foscolo. Comunque, beccati quest’ode in versi liberi alla nostra Roseto degli Abruzzi, Anzi, a un luogo laicamente sacro del nostro Lido delle Rose. Parlo dell’Hercules, fonte benefica alla quale ci abbeveriamo da un ventennio (senza subire tirannie, peraltro).
 
Ieri sera, dopo la trasmissione “Passione Basket”, io e l’ospite di turno, Brandon Sherrod, ci siamo seduti a ritemprare le stanche membra alla corte di Gabriella e Alfonso.
 
L’uomo del Connecticut (voce da angelo in corpo da diavolo), ha sfoderato il migliore dei sorrisi scoprendo i panzerotti, i supplì e – ca va sans dire – gli arrosticini. Prima ancora aveva dato pollice alto al mix che gli avevo proposto e del quale ignorava l’esistenza: la panaché (o, più prosaicamente, birra e gassosa).
 
Gli ho quindi mostrato le foto del Roseto che fu – e che tu e io abbiamo raccontato per più di un lustro – soffermandomi in particolare su quello del 2000/2001 (Valerio Amoroso bambino) e su quello del 2003/2004 (Robert Fultz matricola). Brandon ha indugiato a lungo su quei volti diventati oggi veterani, che ha con sé in squadra.
 
È poi arrivato Pierpaolo Marchetti, come spesso sai che può capitare, per il caffé della staffa. Il morbidissimo mio boss, saputo che Brandon Sherrod parla spagnolo, ha cominciato a colloquiarci in quella lingua.
 
Dopo un po’ una sorta di sincretismo polimorfo ha preso il sopravvento. Tavolo a tre in cui le frasi cominciavano in inglese, proseguivano in spagnolo e finivano in italiano. Riflessioni su Cuba, Fidel, l’America di Trump, l’importanza della cultura, il fatto che i diversi paesi del mondo siano diversi perché è la gente che li abita ad essere diversa (oltre ogni caratteristica ambientale o architettonica) e molto altro ancora.
 
E poi ancora Bebo & Cigala con “Lacrimas Negras”, la Cattedrale di Atri da visitare e la messa jazz da seguire nel teatro della “Civitas Vetusta”.
 
Insomma: tutto come spero ti ricorderai.
 
Il basket è l’assist, la scusa iniziale, il primo passo di un lungo cammino. Poi, a tavola, vengono fuori umanità, cultura, sensazioni, riflessioni. Per fortuna... sennò sai che palle a parlare sempre di pallacanestro!
 
Ecco, volevo semplicemente dirti che ieri sera, nel folle turbinare di ricordi ed esperienze, Pierpaolo e io ti abbiamo nominato a Brandon. Di più, Planti ti ha descritto così: “Se rinasco, voglio essere Giorgio”.
 
Spero tu stia ridendo ora, ricordandoti le mille serate con 7 Peni, Rap 1, La Pinc, me e tutti gli altri delle varie compagnie di giro, che dal 1998 ci accompagnano in questo viaggio bellissimo che è la vita rosetana ad alto contenuto di pallacanestro.
 
Pancotto, Sacripanti, Ramagli, Ciafardoni, Martinelli, Bianchini, Schiavina, Montorro, Rauf che non mangiava maiale, Wesson che arrotolava la pizza a sigaro e Nolan che prendeva due portate di tutto. E poi Watson (fulmineo Carneade) a provare a suicidarsi affrontando il suo primo arrosticino “dritto per dritto” (anche se in quel caso eravamo dall’amico Spizzico), Colson che pretendeva di allenarsi in jeans e indossando il Rolex e la rapina con la katana di Brunner.
 
E poi ancora Boni, Bonaccorsi, Martelossi, Recker, Avenia, Sorgentone, Gramenzi, Vanoncini, Recalcati, Pillastrini e chissà quanti altri.
 
Troppe serate, mille amici colpevolmente non citati e poco tempo a disposizione... mi tocca chiudere qui l’elettronica missiva. I non citati mi perdoneranno (o, almeno, così spero).
 
Ti saluto con una delle tante scarnificanti frasi del nostro Marione Boni, che parlando di un suo compagno di squadra, bravo in campo ma duro di comprendonio nel complesso, come di certo ti ricorderai sentenziò: «Se l’ignoranza volasse, a quello bisognerebbe dargli da mangiare con la fionda!».

 
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