Uomini di Basket
FLAVIO CARERA: VIVERE A BERGAMO AI TEMPI DEL CORONAVIRUS.

Intervista al campione, ex centro della Virtus Bologna.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Luned́, 23 Marzo 2020 - Ore 19:45

Flavio Carera è un campione di basket nato a Bergamo.

Ex giocatore classe 1963, il colosso di 206 cm giocava centro e con la Virtus Bologna ha vinto 3 Scudetti, 1 Coppa Italia e 1 Supercoppa Italiana, mentre con l’Italia ha vinto l’Oro di Giochi del Mediterraneo e l’Argento agli Europei di Spagna e ai Goodwill Games. Poi, con l’Italia del Maxibasket, da over ha vinto 3 Mondiali, 3 Europei e un Bronzo Europeo.

Grande appassionato anche di calcio e tifosissimo della sua Atalanta, Carera sta vivendo l’incubo dell’emergenza sanitaria nella sua Bergamo, città martire del Coronavirus. Lo abbiamo intervistato.

Flavio, cosa significa vivere questo periodo a Bergamo?
«La vita è cambiata drasticamente. Un mese fa tutta Bergamo gioiva a San Siro nel seguire l’Atalanta, un mese dopo tutta Bergamo piange perché è accaduto qualcosa che nessuno al mondo pensava potesse accadere. La città sta pagando un prezzo altissimo, perché il fulcro dell’emergenza è qui».

La città è blindata, ma l’emergenza ha i suoi suoni e i suoi segni, immagino...
«Le continue sirene delle ambulanze, i carri funebri e poi l’Esercito che con i suoi camion viene a portare via le bare che sono troppe e non più gestibili. È una quotidianità massacrante soprattutto per chi, come me, vive vicino all’Ospedale Papa Giovanni XXIII. Siamo in trincea e credo che la fortuna, in questo momento come in tanti altri della vita, rivestirà un ruolo importante per salvarsi e venirne fuori».

Una situazione che pesa anche a livello psicologico, immagino...
«Certo. Io ho la fortuna di avere entrambi i genitori in vita. Babbo è chiuso in casa, mentre Mamma che è in una RSA non la vedo da due settimane, sapendo che quei posti oggi sono a rischio e sperando che tutto possa andare bene. Purtroppo, conosco tante persone che hanno perso i loro cari e io stesso ho perso conoscenti. La situazione è davvero surreale».

In questi momenti, l’amicizia e le tecnologie aiutano a sentire meno l’angoscia?
«Per fortuna, sì. Io ho girato l’Italia e il mondo giocando a basket e devo dire che il calore delle persone che mi contattano e mi sono vicine, interessandosi alle mie condizioni, non può che farmi piacere». 

Non sappiamo quando l’emergenza finirà. Tu cosa pensi?
«Al momento, l’unica cosa che possiamo fare è stare blindati in casa e limitare alle questioni di vita e di morte le uscite. Mi auguro che questo concetto sia capito intanto nelle altre zone d’Italia, dove il contagio è più basso rispetto a qui da noi, e poi in tutta Europa e nel mondo. Solo rispettando determinate regole in modo ferreo possiamo vincere e debellare questo macello. Purtroppo, dobbiamo dircelo con chiarezza, all’inizio in tanti abbiamo preso alla leggera le raccomandazioni che ci venivano dalle autorità. Dopo il primo decreto, in molti sono andati a sciare o al mare e questo ha complicato terribilmente le cose. Abbiamo sbagliato e stiamo pagando amaramente, ma adesso possiamo rimediare rispettando scrupolosamente tutto ciò che ci viene detto, per salvare tante vite umane».

A un campione del basket, appassionato di calcio, non posso non chiedere un pensiero sullo sport...
«Adesso è chiaramente in secondo piano, ma io spero che lo sport, quando l’emergenza passerà e sarà possibile riprenderlo, possa essere un formidabile messaggio di coesione sociale e di segno di ritorno alla normalità. Io non so quando questo potrà avvenire, ma spero che i valori positivi dello sport possano aiutarci. Uso le parole del grande Valerio Bianchini, che ha detto che in questo momento noi dobbiamo stare in difesa, cercare di difendere duro e ripararci da questo avversario invisibile, nella speranza di trovare l’azione offensiva che ci consenta di correre ai ripari. In attesa dello sport, oggi dobbiamo ringraziare i campioni che sono in campo in questo periodo».

Parole sante. Immagino tu abbia ben chiaro in mente chi compone la squadra...
«Certo. Grazie a medici infermieri, che salvano la vita a tutti noi mettendo in gioco la loro. E grazie a tutti i lavoratori che continuano a tenere vivo il paese operando nelle filiere che non possono fermarsi come quelle alimentare e farmaceutico e nelle altre. Ringrazio di cuore tutte queste donne e uomini, che lavorano in modo massacrante e che rappresentano in modo visibile la nostra speranza».

Grazie, Flavio. Un caro saluto.
«Grazie a te e abbiate cura di voi, in Abruzzo. Tutti insieme, cerchiamo di fare una buona difesa!».







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