Il Basket ai tempi dell’emergenza Coronavirus Covid-19
PIERO MILLINA: PRESIDENTE PETRUCCI, MI CHIAMI E LE DIRÒ PERCHÉ È MEGLIO LA SOSPENSIONE DEI CAMPIONATI...

Intervista al coach veterano, che spiega perché la sospensione consentirebbe alle società di rifiatare e ripartire. No alla neutralizzazione senza verdetti dei campionati, sì alla loro ripresa tenendo conto di quanto finora ha detto il campo.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 20 Aprile 2020 - Ore 13:00
Di recente, ho letto un articolo di coach Piero Bianchi – su La Città, quotidiano nel quale tiene una rubrica settimanale – in cui è stata riportata un’idea interessante di coach Piero Millina, trascinatore dell’ultima epopea in ordine di tempo a Campli, riguardante il come riprendere i campionati e sul perché l’attuale situazione non lo convince.
Conosco l’allenatore bolognese da diversi anni, perciò – in nome di una sincera amicizia, rinsaldata nei suoi recenti anni ruggenti in terra farnese – l’ho intervistato per approfondire il suo pensiero e capire di più della sua proposta.

Coach, intanto come stai. E poi dicci: come passa le giornate uno che da più di quarant’anni vive di allenamenti e partite e da oltre 40 giorni si ritrova senza poter svolgere la sua attività sui campi?
«Fisicamente sto bene, come spero tu e i tuoi lettori. Mentalmente sono invece devastato e affaticato dal continuo pensare a cosa faremo, come sarà, e da tante altre domande che chiaramente riguardando la mia vita e indirettamente la pallacanestro. In più, studio “basket antico”. Non ci crederai, ma ho appena finito di analizzare la gara 7 di finale di Conference del 1981 tra Boston e Philadelphia e mi sono veramente emozionato nel rivedere correre, tirare, schiacciare quel fenomeno del mio compianto amico Darryl Dawkins. Studiando quel gioco e confrontandolo con quello che attualmente ci propone la NBA, sono sempre più convinto che scelgo Darryl e non Howard, Bird e non James, Magic e non Curry. E non parliamo del Dottore o di altri interpreti sublimi di un gioco di squadra, come deve essere il basket, e non uno sport che dice “dammi la palla e rimani fermo a guardare che ci penso io”. Poi magari perdo, ma giocando divinamente. Comunque, bando alle ciance: Lucone, cosa vuoi sapere?».

Ci spieghi, nel dettaglio, quella che viene venduta come una tua proposta alternativa di ripartenza del basket italiano, quando l’emergenza Coronavirus Covid-19 lo permetterà?
«Ti accontento subito, ma devi avere pazienza perché dobbiamo partire da 4 postulati.
1.Io alleno, lui gioca, tu scrivi perché esistono le Società. Senza le Società noi giocheremmo a nascondino o coi trenini e quindi tutto quello che deve essere fatto deve avere come finalità la tutela delle Società e, di conseguenza, della Federazione.
2.La pandemia ha bloccato totalmente l’economia mondiale e questo per un movimento come il nostro, che vive per l’80% di sponsor e non ha diritti televisivi e contributi tipo Uefa da dividere, significa che fra due mesi, quando i dirigenti “Pinco” e “Pallo” dovranno pensare a iniziare una nuova stagione ex novo, se sono gente seria che vuole mantenere gli impegni probabilmente risponderà: “No! Non posso iniziare avendo zero copertura sull’eventuale budget”.
3.Riguardo all’emergenza sanitaria, oggi si parla fittiziamente di “aver raggiunto il picco”. Il problema per fare ripartire un campionato è il ritorno al “punto zero”, che rappresenta il ritorno alla normalità e, oggettivamente, dobbiamo ipotizzarlo molto più vicino ai mesi di dicembre 2020 e gennaio 2021 che non a quelli di settembre e ottobre 2020.
4.In tutto questo contesto, il ragionamento sarebbe valido se la stagione 2019/2020, a prescindere dal Covid-19, avesse avuto tutte le coperture economiche, quantomeno teoricamente.
Fissati questi 4 postulati, per me dovremo attivarci per trasformare la chiusura dei campionati in sospensione degli stessi».

Che differenza c’è fra chiusura con neutralizzazione (senza retrocessioni né promozioni e senza Scudetto) e la tua proposta di sospensione?
«Tutta la differenza del mondo! Perché, se fosse sospeso, facendo ripartire il campionato 2019/2020 nessun dirigente dovrebbe andare fra due mesi a cercare sponsor e tutte le Società sarebbero già iscritte ai vari campionati. Così, quando si arriverebbe a dicembre 2020, l’economia mondiale sarebbe ripartita da qualche mese e quindi chi oggi non paga “per giusta causa”, a gennaio, febbraio, marzo e aprile 2021 non potrebbe più dire che ha la fabbrica chiusa, a meno che non ci si trovi in presenza di sponsor che “non vogliono” e per scelta scorretta non pagano».

Cosa avresti ottenuto con la sospensione, quindi?
«Avrei usato la stagione 2020/2021 per chiudere regolarmente la precedente con l’assegnazione dello Scudetto, delle promozioni ed anche delle retrocessioni. In più, avrei dato un anno all’economia per prendere sempre più velocità. In questo modo, la  stagione 2021/2022 sarebbe la vera stagione della ripartenza».

Qualcuno obietta che è una soluzione teorica e non pratica, visto che sarebbe impossibile mantenere gli stessi roster. Tu cosa rispondi?
«Partiamo dal concetto che oggi è tutto teorico e che quello che verrà messo in pratica fra qualche tempo non potrà accontentare tutti né sarà perfetto. Dovremo però scegliere  la soluzione migliore per l’intero movimento. Ed è chiaro che se continueremo a guardare meri interessi di bottega, come facciamo purtroppo da più di vent’anni, troveremo sempre qualcuno che ostacolerà qualsiasi nuova idea o iniziativa. Tornando all’obiezione, ti rispondo che se un giocatore indigeno o straniero non dovesse tornare a giocare per la Società che l’ha tesserato quest’anno, la Società, qualora ne avesse le possibilità e l’interesse, potrebbe tesserare un altro atleta. Con questo non voglio sostenere che i valori dei vari team sarebbero invariati, ma che comunque avremmo un campionato quanto più regolare possibile, tenendo conto di cosa ha prodotto il campo fino alla sospensione per cause sanitarie indipendenti dal basket. E, soprattutto, non avremmo buttato a mare il 70% del budget 2019/2020 e non faremmo morire una miriade di Società: eventualità che oggi, purtroppo, è reale».

A proposito di pericolo di morte delle Società, dei 4 milioni di euro messi sul piatto dalla FIP per combattere l’attuale situazione di emergenza, cosa ne pensi?
«Ritengo che se rimarrà l’unica e sola iniezione di ricostituente infusa all’intero movimento non servirà a nulla, mentre se fosse la prima di una giusta serie allora le cose potranno cambiare prospettiva. È chiaro che ai dirigenti “Pinco” e “Pallo” già citati avere 2.000 o 3.000 euro in più o in meno non cambia nulla se non avessero sponsor e dovessero decidere l’iscrizione al campionato di Serie B o Serie C Gold».

A dirla tutta, la FIP con l’emergenza attuale sta risparmiando un pacco di soldi destinati alle varie Nazionali che non faranno attività questa estate. Ma quei soldi da Sport e Salute, ex Coni, arriveranno comunque. E si parla di milioni di euro.
«Quindi, guardando i bilanci previsionali della FIP, ci dovrebbe essere una notevole disponibilità di risorse. Io le investirei sulle società virtuose, che fanno seriamente settore giovanile e rappresentano la linfa vitale del movimento. Al munifico “Re Giorgio” 10.000 euro contano niente, mentre per una Società che investe sulle giovanili sono “carne e sangue”».

Cosa ti spaventa?
«Quello che mi spaventa da almeno 15 anni: i meschini interessi di bottega. Mi spaventa che, in un movimento in caduta libera, non si possa fare un discorso che coinvolga tutti. Mi spaventa che in trent’anni, anche per nostre assolute colpe, gli allenatori/istruttori non siano mai stati presi seriamente in considerazione. Mi spaventa che i dirigenti illuminati – e direi anche illuministi che ancora esistono – siano trattati come dei pirla o che quelli che fanno domande scomode e portano idee vengano regolarmente messi da parte, perché “uomini sempre poco allineati”, come cantava Ivano Fossati. Potrei andare avanti e scrivere un libro! Oggi come oggi, comunque, mi spaventa enormemente la soluzione che dice: “Facciamo un campionato senza retrocessioni, in modo che potremo fare giocare nei campionati senior gli under 15, piuttosto che i 16 o18 e così porteremo i costi quasi a zero”. Se questa fosse la  soluzione al problema, sarei spaventatissimo. E lo sarei ancora di più se fossi nei panni di Gianni Petrucci, perché questo modo di ragionare cadrebbe a valanga sui settori giovanili dove lavorerebbero non gli istruttori più bravi e meritevoli, ma quelli che costano meno. E questo l’abbiamo già verificato troppo spesso negli ultimi vent’anni, coi risultati che tutti conosciamo».

Per chiudere, quindi: cosa vorresti?
«Mi viene in mente una frase che ho sentito dire da Rambo nel primo film della serie: “Vorrei che il mio Paese mi amasse come io lo amo”. Vorrei avere l’amore e il rispetto che ho sempre dato alla pallacanestro italiana e di conseguenza alla FIP. Vorrei per una volta essere ascoltato come uno che può dare un contributo vero, reale, non fosse altro che per le migliaia di ore passate in palestra a disposizione totale delle Società per cui ho lavorato e degli atleti che ho avuto l’onore di allenare e istruire. Sì, una cosa la vorrei: vorrei essere chiamato dal Presidente Petrucci per una lunga chiacchierata, nella quale – in assoluta tranquillità – poter analizzare tutti i problemi esistenti, cercando di trovare soluzioni fattive e immediate. So che è un sogno, ma sognare non costa nulla, per cui…».

Grazie “Massimo Decimo Pierino” e alla prossima chiacchierata.


Stampato il 04-27-2024 00:24:53 su www.roseto.com