Emergenza Coronavirus Covid-19
LA PANDEMIA VISSUTA IN GERMANIA

Manuela Libbi ci racconta la quotidianità di due abruzzesi che gestiscono una pizzeria/trattoria nel land della Renania Settentrionale-Vestfalia.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 05 Maggio 2020 - Ore 21:30

L’emergenza sanitaria mondiale, dovuta alla pandemia di Coronavirus Covid-19, ha paralizzato tutto il mondo. Come hanno vissuto la quarantena e come stanno vivendo la ripartenza in un paese europeo come la Germania?

Dalla piccola cittadina di Kirchlinde – circa 11.000 abitanti, a pochi minuti da Dortmund, nel land della Renania Settentrionale-Vestfalia – ci offrono il loro punto di vista due abruzzesi fuori sede della provincia teramana: Manuela Libbi, originaria di Notaresco e Fabrizio Santarelli, originario di Leognano, che da 10 anni gestiscono la pizzeria/trattoria “Dolce Vita”.

All’intervista risponde Manuela. Ecco la chiacchierata.

Com’è stata la gestione della quarantena in Germania, in particolare nel vostro land?
«Le restrizioni ci sono state, ma meno dure rispetto all’Italia. Alle persone è stata data sufficiente libertà di muoversi sia facendo passeggiate, tenendo una distanza di due metri fra una persona e l’altra, sia muovendosi in auto fra membri della stessa famiglia, fra una città e l’altra».

Ha fatto scalpore, qui in Italia, una foto del 18 aprile 2020, in cui si vede un gran numero di persone starsene distanziate fra nuclei familiari sulla riva del fiume Isar, a Monaco di Baviera, godendosi la primavera. Voi non vi siete stupiti?
«Non ci siamo stupiti, proprio perché non è stato vietato alle famiglie di uscire assieme. Se poi più famiglie hanno avuto la stessa idea di passeggiare o prendere il sole lungo un fiume, rispettando le distanze, è una conseguenza di ciò che non è stato vietato».

In Italia siamo stati in lockdown da lunedì 9 marzo 2020 e il 4 maggio 2020 è iniziata, con molte cautele, la cosiddetta “Fase 2”. Da voi quando sono iniziate le misure restrittive?
«Nel nostro land, Renania Settentrionale-Vestfalia, il lockdown è iniziato il 23 marzo 2020».

Le buone pratiche, diciamo così, possiamo riassumerle con: distanziamento sociale, mascherine, lavarsi spesso le mani. Questo in Italia. A livello di comunicazione, in Germania su quali aspetti si è spinto? C’è stato un parallelismo con l’Italia?
«Sono state adottate le stesse buone pratiche. L’obbligo delle mascherine c’è dal 27 aprile 2020 per i luoghi chiusi e i mezzi pubblici. Devo dire però che molti le indossavano anche prima, pur se non facilmente reperibili».

Negli ultimi due mesi, sui mass media italiani – in particolare in televisione – c’è stato un proliferare di esperti e cioè virologi, immunologi, infettivologi, epidemiologi e quant’altro, i quali si sono distinti per la diversità di vedute, con conseguente confusione e scoramento di larga parte della popolazione. In Germania avete avuto anche voi “nuove star televisive”, oppure c’è stata più morigeratezza nel comunicare?
«Non saprei dirti perché noi, a livello familiare, non abbiamo seguito la televisione, preferendo altri canali di informazione per documentarci».

La vostra “Dolce Vita” per quanto tempo è stata chiusa? E quando avete riaperto e con quali limitazioni?
«L’attività  è rimasta chiusa 4 settimane, ma già prima del lockdown abbiamo avuto un forte calo di clientela. Abbiamo riaperto 10 giorni fa, offrendo come servizio l'asporto e pian piano i clienti più affezionati stanno tornando».

Anche da voi c’è stato l’obbligo di uscire muniti di autocertificazione, documento peraltro cambiato più volte nel corso del lockdown?
«No, non esistono autocertificazioni».

A livello economico, cosa ha previsto la Germania, e il vostro land in particolare, per aiutare le attività commerciali come le vostre?
«Ci sono stati aiuti, che sono stati erogati in base al numero dei dipendenti. Aiuti economici da spalmare sui tre mesi di marzo, aprile e maggio per coprire affitti dei locali e utenze, il resto va restituito. Noi personalmente abbiamo fatto domanda, ma non li abbiamo ancora ricevuti. C’è chi li ha già avuti, e celermente, sul proprio conto».

Come giudicheresti i due approcci e le due “libertà” concesse al popolo tedesco e a quello italiano?
«A mio avviso, bisogna tener conto del numero dei contagiati e della mortalità per coronavirus. Qui non c’è stato sovraffollamento negli ospedali, ci sono tuttora moltissimi posti liberi per le terapie intensive e ci sono stati sempre».

A livello personale, cosa ti è più mancato in questo periodo di pandemia e lockdown vissuto in Germania?
«A casa mi sono sentita essenzialmente protetta e ho vissuto più da italiana in Italia che qui in Germania. Infatti, molto preoccupata per quello che stava accadendo da voi, non mi sono concessa nemmeno una passeggiata se non in auto. Il pensiero andava costantemente alle nostre famiglie e alla pizzeria».

Cosa hanno pensato i tedeschi della durissima situazione italiana, in rapporto all’emergenza sanitaria?
«C’è stata una certa sorpresa e preoccupazione, da parte delle persone che conosciamo. Molti ci hanno chiesto se le nostre famiglie erano in salute, molti altri erano dispiaciuti per quanto stava accadendo in Italia, perché meta delle loro vacanze».

Un tuo pensiero, per chiudere questa intervista: sei ottimista e hai speranza o sei pessimista, circa un ritorno – anche se non in tempi immediati – alla vita precedente alla pandemia?
«Bisogna essere ottimisti per poter andare avanti. Prima si troverà un vaccino, prima si tornerà alla vita di prima».







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