Il Critico Condotto
UN GRAZIE CHE NON VA OLTRE IL PREGO

Simone Gambacorta e il fenomeno dei recensiti che recensiscono i recensori senza peṛ recensirli.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Luned́, 11 Luglio 2022 - Ore 17:00

Una cosa che noto come ascendente è il fenomeno dei recensiti che recensiscono i recensori senza però recensirli. Mi è venuto agli occhi sui social, social che, voglio metterla subito chiara, trovo divertenti e utili e comunque interessanti in senso socio-antropologico in quanto sono parte di quello che siamo, non per niente sanno sovente di sentina.
 
Dunque i recensiti che recensiscono i recensori. A volte, ricevuta una recensione a un proprio libro, il recensito, solitamente un autore cosiddetto giovane, o esordiente, o comunque non di prima grandezza, forse nemmeno di seconda, magari di terza, e però pubblicato da un editore blasonato o quanto meno non di disdoro, nel condividerla sui social, o semplicemente nel commentarla se ivi già presente, aggiunge di suo una mezza specie di chiosa che si spinge oltre il “grazie” ma non va oltre il “prego”. Aggiunge un non-contenuto che non genera nulla.
 
Amarcord di aver recensito anni fa un romanzo molto ordinario ma provvisto della polizza di una tematica struggente, cosa che non va sottovalutata in quanto, purtroppo, non pochi lettori tendono, senza volerlo, a confondere la portata umana di un tema con la qualità effettuale del libro che la affronta. Il risultato è che in quest’area di confine allignano scommesse autoriali non di rado ciniche e sovente atteggiate a storie addoloratissime.
 
Comunque recensisco il romanzo senza scialare in glassa: niente mendacia, plauso sobrio, un minimo di ragionamento, molta attenzione, qualche argomento. Oggettivamente trattavasi di una recensione così così, niente di che, una cosina di routine compitata sui miei appunti, un articoletto non laconico e tuttavia obiettivamente modesto, però certamente scritto, nei limiti del possibile, a scanso di cazzate (questo almeno l’intento).
 
Il giorno dopo, a giornale pubblicato, metto su Facebook la pagina con la recensione e di lì a non molto, in planata diretta dall’alto dei cieli, arriva l’autore, il quale commenta la faccenda con un molto noblesse oblige «interessante lettura»; poi d’un subito fa di sé un occaso e chi s’è visto s’è visto. Rimembro ancora di aver risposto al commento con una volée che suonava «interessante romanzo», un’ironia che temo si sia dispersa – orfana di contraccolpi come s’è ritrovata – nel fatuo del mio senso dell’umorismo.
 
Bisogna tenere presente che in quei giorni detto autore risultava acclamato dalle molte diffuse commozioni nonché emozioni che facevano codazzo al suo titolo, tipo banda di paese che apre la processione devota, e tale consenso si doveva anche alle rauche telefonate diplomatiche di una volenterosa emissaria all’Avana espertissima in propedeutica della lacrima e addetta a promuovere l’opera presso i terzi appetibili.
 
Al tempo, io lavorando in un giornale, ero un terzo appetibile: e qui altra cosa come piccola considerazione a margine, perché quando sei in forza a una redazione, quando fai le cose per lavoro, non per hobby, non per svago, sei un po’ come, al di là del settore di afferenza, un chirurgo, se c’è da operare si opera, non è che puoi metterti lì a sindacare se ti va o meno di farlo (finché si è nella legge, chiaro). Dico questo perché a volte noto una certa puzza sotto al naso da parte dei meno competenti riguardo le fatiche (spesso generose in termini di tempo e intelligenza spesi) di chi recensisce o intervista e via dicendo.
 
Ma dicevo del commento celeste. A parte la mia probabile permalosità, di simili chiose d’autore se ne incontrano a decine, puntualmente giocate tra il compostino e il precisino e costantemente prive di alcunché di argomentativo e concettualmente strutturato.
 
Sono un’ultima parola, un sovrapporsi d’ufficio con cui l’autore rivendica erga omnes una specie di supremazia. È un finto bon ton che nasconde forme egocentriche di prepotenza, vedi il supporsi in sopraelevata rispetto al volenteroso recensore di turno, travet da vezzeggiare tanto o poco, comunque non troppo, a seconda di quanto il suo diligente provarsi a intelligere gli abbia consentito di cogliere del capolavoro.
 
Può darsi allora che dall’amaca di un qualche Parnaso, di quelli come oramai se ne trovano ovunque, anche di fatti in casa, anche di montabili con le istruzioni, il recensito – il sopracciglio appena inarcato, la levità sazia e assopita di chi non deve dimostrare nulla – beatamente lasci calare un “grazie per la lettura veramente attenta e puntuale”, da leggersi anche “il cielo stellato sopra di me, e la legge morale dentro di me”.

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