Frammenti tratti dal libro ‘Noi, gli uomini di Falcone’ di Angiolo Pellegrini, stretto collaboratore di Giovanni Falcone, che venerdì 28 aprile 2023 sarà a Notaresco per un incontro con giovani studenti.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 27 Aprile 2023 - Ore 16:30
Venerdì 28 aprile 2023 alle ore 10 a Notaresco, nell’anfiteatro di via Dante Alighieri, si volgerà la manifestazione intitolata “Leggendo... si cresce!!!”, organizzata dall’Istituto comprensivo di Notaresco, con il patrocinio dei Comuni di Notaresco e Morro d’Oro e moderata dal giornalista e scrittore Luca Maggitti.
Circa 370 studenti dell’Istituto Comprensivo Notaresco incontreranno il Generale di Carabinieri Angiolo Pellegrini, negli Anni 80 Capitano e stretto collaboratore del compianto magistrato Giovanni Falcone a Palermo, in qualità di comandante della Sezione Antimafia dal 1981 al 1985.
Il progetto – realizzato grazie alla volontà dei docenti – è partito proprio da un auspicio del Generale Pellegrini, che lo scorso 25 giugno 2022, quando inaugurò la stele in onore delle vittime delle mafie all’anfiteatro di via Dante Alighieri a Notaresco, auspicò un sempre maggiore coinvolgimento dei giovani nell’apprendimento della storia recente della nostra Italia.
I giovani, al termine di un progetto con i loro insegnanti che li ha portati a leggere diversi libri sul problema delle mafie, rivolgeranno una ventina di domande al Generale, autore del libro ‘Noi, gli uomini di Falcone’ del quale riproponiamo alcuni significativi frammenti relativi all’estradizione di Tommaso Buscetta dal Brasile all’Italia e alla sua decisione di collaborare con la giustizia italiana.
[Estratto da pagine 170, 171, 172, 173, 174, 175. ]
Il 26 giugno partii per la mia seconda trasferta brasiliana. Oltre a me e Tonino De Luca, stavolta c’era anche il capitano della guardia di finanza di Palermo, Mario Forchetti. Ma, all’arrivo, saltò subito fuori una grana. L’ambasciata americana a Brasilia aveva fatto ricorso contro la procedura di estradizione di Buscetta in Italia. Chiedevano che fosse discussa l’analoga richiesta che aveva presentato anche il governo degli Stati Uniti. Telefonai a Palermo.
«Dottor Falcone, deve fare qualcosa lei, altrimenti le autorità brasiliane non ce lo consegneranno.»
«Questa non ci voleva. Provo a fare un tentativo con il procuratore distrettuale di New York.»
Nel primo pomeriggio, nell’albergo di Rio dove eravamo rimasti per predisporre il trasferimento di Buscetta in Italia, mi cercò al telefono Charles Rose, viceprocuratore distrettuale del distretto est del tribunale di New York. Falcone aveva fatto valere tutto il suo peso di giudice antimafia rispettato e ammirato dagli organi di giustizia di mezzo mondo. La procura newyorkese aveva ritirato il ricorso e la sua richiesta di estradizione. Buscetta poteva tornare in Italia.
[...]
Sull’aereo per Brasilia ritrovai il capitano Forchetti ma non Tonino De Luca: al suo posto c’era invece Gianni De Gennaro, fresco di promozione al nucleo centrale anticrimine della polizia. Facevano parte della task force anche un medico della polizia e un funzionario dell’Interpol. Doveva essere una missione facile facile. A complicarla ci pensò la burocrazia. Per mettere in ordine le pratiche di estradizione, i funzionari brasiliani volevano prendersi tutto il fine settimana facendo slittare dal venerdì al lunedì successivo la consegna del detenuto. Per risolvere la questione, occupammo di forza gli uffici competenti per costringerli a stringere i tempi. Funzionò. Nel giro di qualche ora ci fecero firmare tutti gli atti e alle 20.30 di sabato 14 luglio 1984 riuscimmo a prendere posto a bordo del Boeing 747 che ci avrebbe riportato a Roma. E su quell’aereo, stavolta, ci salì anche Tommaso Buscetta.
Me lo ritrovai seduto accanto, nei sedili a sinistra della prima fila. Dall’altra parte, De Gennaro e il capitano della guardia di finanza. Dietro, gli altri due componenti della missione. Don Masino teneva un plaid sulle gambe, e il viso era molto pallido. Era molto provato nel fisico. Continuava a muoversi sulla poltroncina. Ebbi la sensazione che volesse attirare la mia attenzione. Magari ha voglia di parlare, speravo.
«Signor Buscetta, ha bisogno di qualcosa?».
«No, no, grazie, sto bene. Lei è il capitano Pellegrini, dei carabinieri, vero? Mi fa piacere ci sia proprio lei qui con me, in questo viaggio. Ho apprezzato molto la sua testimonianza l’anno scorso, quando venne per la prima udienza di estradizione. Allora non ci capimmo, ma io mi voglio scusare con lei per come andò quella volta.»
«Non ce n’è bisogno, ormai è acqua passata.»
«Sì che c’è bisogno invece, capitano. Io ho rifiutato d’incontrarla la prima volta in carcere. Le ho mandato a dire che l’avrei pure aggredita se fosse venuto. Lei deve sapere il perché di quella mia, diciamo, scostumatezza».
Parlava quasi sforzandosi, muovendo frenetico le grandi mani, come se avesse l’ansia di spiegarsi, di tirare fuori quello che lo agitava. Lo assecondai
«Lei sa benissimo che, per il solo sospetto di un mio ritorno a Palermo, hanno ucciso cinque miei cari. Anche i miei due figli... poveri figli miei. Ma io non ho paura di tornare in Italia perché potrebbero ammazzare anche me. Non è per questo che ho tentato il suicidio. L’ho fatto per amore, per amore di mia moglie Cristina e dei figli che mi sono rimasti. Non volevo allontanarmi da loro, lasciarli da solo. Ho paura che altre disgrazie possano ricadere su di loro...».
Adesso aveva le lacrime agli occhi, don Masino, il mafioso che a Palermo aveva spadroneggiato per decenni, lo spietato criminale che si diceva avesse inventato il terribile metodo della lupara bianca, l’imprendibile narcotrafficante internazionale dai mille nomi e dai mille volti, era lì, a qualche centimetro da me, improvvisamente inerme e indifeso, con la testa tra le mani mentre mi confessava l’amore fortissimo che provava per la sua famiglia e mi svelava le sue preoccupazioni, i dubbi, i timori per il futuro.
[...]
Mi descrisse la loro vita da agiati borghesi in Sud America. Lo ascoltai senza mai interromperlo. D’un tratto, fu invece lui a bloccarsi.
«Adesso, però, voglio parlare d’altro. So tante cose che vi potrebbero interessare. Potrei raccontarvele. È da un po’ che ci penso. Perché io, in questa Cosa Nostra, non mi ci riconosco più.».
Mi voltai di scatto. Ci stava offrendo la sua collaborazione? Avevo capito bene?
«Che cosa intende dire, signor Buscetta?».
«Sì, quella che voi chiamate mafia, l’organizzazione... Noi la chiamiamo Cosa Nostra. Iio ne faccio parte da quasi trent’anni. Sono un uomo d’onore. Ma l’organizzazione di oggi non è più quella che era un tempo. Gli uomini d’onore sono finiti. Al loro posto, ci sono solo belve sanguinarie, che hanno cambiato tutto. A capo dell’organizzazione c’è Michele Greco. Ma don Michele è come il Presidente della Repubblica: sta al vertice dello Stato e sotto di lui c’è un governo che obbedisce, ma in realtà non è lui che comanda davvero. Adesso, in questa nuova Cosa Nostra, contano solo i soldi, il sangue, la violenza. E io non ne voglio fare più parte.».
«Mi sta dicendo che vuole aiutare la giustizia?».
«Sto dicendo che sono disponibile a fornirvi molte notizie. E mi creda, se riuscirete a svilupparle, se ci lavorerete insieme, carabinieri, polizia e finanza, intendo dire senza farvi la guerra fra voi, sarete in grado di dare un colpo tremendo a Cosa Nostra».
Lo guardai dritto negli occhi. Sembrava sincero, convinto di quello che mi stava confidando. La nostra intuizione, fin dal primo tentativo di farlo estradare in Italia, era stata giusta. Don Masino sapeva di essere finito. Aveva capito che dentro l’organizzazione mafiosa i giochi erano fatti, che non avrebbe mai potuto vendicarsi dei suoi nemici e ristabilire il vecchio ordine. Aveva capito, soprattutto, che non avrebbe potuto far nulla senza esporre i suoi cari. E la cosa che più gli importava era proteggere la sua amatissima moglie, i suoi figli. Noi potevamo essere la sua ancora di salvezza. Gli porsi la mano.
«Appena atterrati in Italia, avvertirò il giudice istruttore, il dottor Giovanni Falcone, di quello che mi ha detto».
Angiolo Pellegrini
NOI, GLI UOMINI DI FALCONE
La guerra che ci impedirono di vincere
Prefazione di Attilio Bolzoni
Scritto con Francesco Condoluci
Sperling & Kupfer – Pickwick 2017 – Euro 9,90
|