Buon 163° compleanno, Roseto degli Abruzzi!
LUIGI BRACCILI, LA ROSA, IL NOME DELLA CITTÀ, IL LOGO E GINO PAOLI...

In occasione dell’anniversario della fondazione (22 maggio 1860), due articoli del compianto ‘Gigino’, per saperne di più della nostra identità comune di rosetane e rosetani. E una proposta: perché non riportiamo Gino Paoli a Montepagano?

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 22 Maggio 2023 - Ore 11:00
Due frammenti del compianto Luigi ‘Gigino’ Braccili per capire qualcosa di più della nostra città che oggi compie 163 anni dalla sua fondazione.
E una proposta: perché il Comune non invita Gino Paoli per riportarlo, 63 anin dopo quel 1960, alla Porta da Piedi di Montepagano, magari per fargli cantare alcune canzoni?
Michele Torpedine, manager del Volo di cui fa parte Gianluca Ginoble, rosetano di Montepagano, è stato il batterista e manager di Paoli...
Luca Maggitti Di Tecco


IL MATRIMONIO FRA ROSETO E LA ROSA: PERCHÉ?

Questa è una breve nota, più curiosa che storica, più di cronaca che di saggistica, per spiegare l’ideale simbiosi fra il nostro sito e il più aulico dei fiori: la rosa.
Nel 1860, pochi mesi dopo la quotizzazione ufficiale della fascia costiera fra i fiumi Tordino e Vomano, il Comune di Montepagano fece erigere un arco di trionfo per salutare il Re del Piemonte, Vittorio Emanuele II, che transitava nel nostro territorio per raggiungere il Meridione d’Italia.
Ebbene in quell’arco augurale, formato da ghirlande intrecciate, fra il verde dei rami e delle foglie, spiccavano le rose che già allora furono adottate, oggi si dice così, come logo del posto. Prima che nascesse la Marina di Montepagano, esemplificata con la definizione “Le Quote” (“Li Cote” in vernacolo), ci fu affibbiata l’etichetta di “cutarule”, così ci chiamano ancora oggi i nostri confinanti giuliesi, sempre con una certa dose di un non malevolo dileggio.
Torniamo alle rose.
Quando fu inaugurato il tronco ferroviario Ancona-Castellammare Adriatico, oggi Pescara, nella nostra fermata, zeppa di popolo festante, i bambini delle scuole agitavano ciascuno una rosa nella mano destra.
In pochi anni le lancette crebbero ed i pescatori residenti a pochi passi dalla battigia si moltiplicarono.
Ciascuna casetta dalla quale veniva controllato a vista lo scafo ritirato sull’arenile sopra le palanche, aveva il suo pur angusto cortile per gli ortaggi con un piccolo spazio per il giardinetto dove le rose erano di rigore, forse per attenuare con la leziosità l’ambiente acquitrinoso, fatto a acqua stagnante, spesso maleodorante.
La rosa aveva saputo imporre la sua funzione terapeutica. Per questo posto però ci voleva un nome vero.
Ci pensò Ciro Romualdi, medico-patriota, che sentenziò: Rosburgo. Non fu un nome fortunato, perchP durante la prima guerra mondiale del 1915-18 i soldati delle tradotte protestavano e buttavano sassi contro la targa della stazione sulla quale c’era la scritta Rosburgo, considerata teutonica, asburgica, antitaliana e quant’altro. Bisognava cambiare quel nome.
Queste le proposte: Adriarose, Civitarose, Lidorose, Borgorose. Nel 1927, insieme all’autonomia comunale, arrivò un telegramma: “Si chiamerà Roseto degli Abruzzi”, c’era scritto. L’aggiunta di Abruzzi si riferiva al trittico Citra, Ultra I e Ultra II ed era dovuta anche alla necessità di diversificare il nostro centro da Roseto Valfortore, ubicata nel Tavoliere delle Puglie e da Roseto Capo Spulico, paesino calabrese con cui siamo gemellati.
E poi ancora Roseto della Pennsylvania (Stati Uniti d’America), dove si trova ancora una cospicua comunità di emigrati rosetani, per finire con il Roseto di Roma che, situato ai piedi dell’Aventino di fronte al Circo Massimo, è una delle zone più belle di Roma.
La rosa come sostantivo dalle nostre parti è presente ovunque: la nostra spiaggia diventò “Lido delle Rose”, con la stessa definizione nel 1945 nacque il torneo estivo di basket che risulta il più antico del mondo e la rosa d’oro assume il ruolo di premio nei concorsi di poesia e di pittura e si trasformò persino in omaggio ai villeggianti dalle presenze almeno ultraventennali.
Trentacinque anni fa fu organizzato il “Festival internazionale delle rose”. Arrivarono dalle varie parti del mondo le talee, ma giunse anche l’inghippo delle pastoie burocratiche suscitato dai giapponesi. Stava nascendo addirittura un caso diplomatico.
Le talee concorrenti furono tratte dal vivaio preparato nel piccolo parco di piazza Ponno e furono distrutte alla presenza di un notaio.
A chi afferma, infine, con una buona dose di banalità, pescando nei luoghi comuni, che Roseto è un paese senza rose, rispondiamo che a Roseto le rose hanno la loro piena fioritura nel bimestre maggio-giugno, con breve labile ritorno in autunno.
Per noi la rosa non è un feticcio, bensì un simbolo e ce lo teniamo anche con le sue spine che sono presenti numerose sotto forma di problemi, preoccupazioni ed ansie.
Ma tant’è, che siamo orgogliosi di essere rosetani.
Luigi Braccili

ROSETO 100: IL MARCHIO, IL DEPLIANT E GINO PAOLI...

Quando mancava poco per festeggiare il primo centenario di Roseto (1960), via “Le Quote” e “Rosburgo”, eliminata la Pro Loco, in arrivo l’Azienda di Soggiorno, ci accorgemmo di aver bisogno di un depliant e di un marchio.
Scegliemmo l’agenzia “Sigla F” di Genova, per cui mi recai a Roma, nei pressi di via Veneto, per trattare il lavoro grafico ed entrai in uno studio con targa “by PAOLI”.
Era il genovese Gino Paoli, magro allampanato, già cantante, ma soprattutto disegnatore grafico.
Gli feci due richieste: la copertina di un pieghevole turistico e un marchio.
“Ci vedremo sul posto” mi disse e così fu che lo portai con la mia Bianchina a Montepagano, a Porta da Piedi.
Cacciò fuori uan cartella da disegno, tipo scuola d’arte e con una matita e gessetti colorati, disegnò il bozzetto che vedete sotto, poi ritoccato in studio. In basso sotto, a destra, la firma in maiuscolo PAOLI.
Gli offrii, in una trattoria paganese, un piatto di zuppa di fagioli.
“Voi abruzzesi non vi smentite mai” – ringraziò.
Il cantautore-designer, con una loquela che ricordava Gilberto Govi, mi disse: “...quest è un bel paese, quello laggiù diventerà una città”.
Le trattative per il marchio furono più complicate.
Io volevo una R maiuscola, con a destra il sole e le barche. A sinistra un delfino, in piedi, con una rosa in bocca... Tutto bene, ma all’autore di “Senza Fine”, mettere la rosa in bocca al cetaceo non andava.
Facemmo delle prove, ma il disegnatore è come il pittore, quando gli va, la matita si blocca.
Dopo alcune prove, lasciate sul tavolo come lavori usciti male, quindi da buttare nel cestino, mi disse candidamente: “...ma perché, amico mio, vuoi contaminare la bocca di codesto animale con una rosa?”.
Gli risposi: “...per distinguerlo dal delfino della Pescara Calcio, un delfino che gioca a calcio mentre il nostro, in piedi, gioca a basket come tanti nella nostra Roseto”.
In poche parole il delfino, odiato dai pescatori rosetani perché faceva strage del pescato, ingoiando particolarmente le seppie, tratte dalle “nasse” e... decapitate diventando “li secce talafinate” che si vendevano a basso prezzo, per via della mutilazione.
Purtroppo tutto finisce: il delfino non ha mai avuto la rosa in bocca, l’azienda grafica finì e il cantautore tornò solo a cantare e scrivere canzoni.
Mi telefonò: “...come è andata?”.
“Così così” risposi, privo della rosa in bocca a “lu talafine” (il delfino) non me la sentii di rivelarmi entusiasta.
E me ne tornai ad ascoltare il suo grande capolavoro... “Il cielo in una stanza”.
Luigi Braccili








Stampato il 03-28-2024 20:00:36 su www.roseto.com