Roseto degli Abruzzi e Olimpiadi
IL LIDO DELLA FIAMMA OLIMPICA

Roseto ha ospitato il passaggio del Fuoco di Olimpia in occasione dei Giochi di Londra 1948 e di quelli Invernali di Torino 2006. Un documento e un ricordo con video, per fatto personale, da Tedoforo senza meriti.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 28 Luglio 2024 - Ore 19:30

Il simbolo delle Olimpiadi – sono cominciate da pochi giorni quelle di Parigi 2024 – è il Fuoco di Olimpia, che viaggia sulla fiaccola (o torcia).

Parigi è città olimpica per la terza volta, dopo i Giochi del 1900 e del 1924, ma ospita il fuoco per la prima volta, visto che l’idea di tenere acceso il fuoco per tutta la durata delle Olimpiadi fu introdotto nel 1928, nei Giochi di Amsterdam, mentre il rito della fiaccola che porta il fuoco mediante staffetta risale a Berlino 1936.

La piccola Roseto degli Abruzzi ha avuto per 2 volte l’onore di essere città che ha ospitato il Fuoco di Olimpia: la prima volta nel 1948, in occasione delle Olimpiadi di Londra e la seconda volta nel 2006, in occasione delle Olimpiadi invernali di Torino.

Per quanto riguarda le Olimpiadi di Londra 1948, pubblico di seguito uno scritto, frutto di una pagina trovata una quindicina di anni fa negli archivi del Comune di Roseto degli Abruzzi. Si tratta di un articolo senza firma. Eccolo, di seguito.

Olimpiadi Londra 1948
IL PERCORSO DELLA FIACCOLA OLIMPICA IN ITALIA

Il percorso della Fiaccola Olimpica attraverso la Penisola Italiana venne stabilito dal Comitato Organizzatore della XIV Olimpiade il 29 ottobre 1947. Esso si svolgeva lungo 1.072 chilometri e le staffette dovevano compierlo nel tempo di 107 ore. La Fiaccola, consegnata alle Autorità Sportive Italiane a Bari, doveva giungere fino a Domodossola.
Il Comitato Olimpico Nazionale Italiano stabilì di affidare all’Esercito l’organizzazione dell’importante compito. All’opera dell’Esercito furono chiamati a contribuire i Comitati Provinciali del CONI competenti per le provincie attraversate dalla Fiaccola, nonché i Sindaci dei 104 Comuni interessati. L’Ispettorato dell’Arma di Fanteria scelse fra tutto il personale alle armi – ufficiali, sottufficiali e truppa – i 757 atleti (più 102 di riserva) che, compiendo ciascuno un percorso di 1,5 chilometri in pianura e di 1 chilometro in salita, dovevano portare il Fuoco da Bari a Domodossola.
La selezione diede ottimi risultati. Gli atleti prescelti si tennero infatti al di sotto dei tempi medi previsti. Nei primi giorni la Fiaccola giunse regolarmente in anticipo ai posti di tappa diurni e notturni che erano stati predisposti.
L’Esercito organizzò perfettamente anche i mezzi di trasporto, la segnaletica stradale, i servizi di alloggio e di vitto per gli atleti impegnati.
I Delegati Provinciali del CONI delle venti provincie interessate ed i Sindaci dei Comuni, confortati e sospinti dall’opera degli sportivi locali, fecero trovare ovunque al Fuoco di Olimpia grande accoglienza e generosa ospitalità. Vennero organizzate manifestazioni sportive e folcloristiche di attesa. In particolare è doveroso elogiare le iniziative di Roseto degli Abruzzi e di Forlì, che diedero all’avvenimento del passaggio della Fiaccola un tono di festosa solennità.
Si può dire che almeno 4 milioni di sportivi e di spettatori abbiano spontaneamente applaudito il passaggio della Fiaccola di Olimpia portata dai nostri soldati attraverso le contrade del Paese.
La Fiaccola sbarcò a Bari alle ore 12 del 19 luglio del 1948; davanti al Monumento dei Caduti, un Cadetto della Marina Britannica consegnò la Fiaccola ad un Sottotenente di Fanteria dell’Esercito Italiano. (Da quel momento il Fuoco venne seguito per tutto il suo percorso dai rappresentanti del Comitato Olimpico Nazionale Italiano, ingegnere Luigi Orsini e ingegner Baracchi). Subito dopo la consegna l’ingegner Orsini diede il saluto dello Sport Italiano alla Fiaccola di Olimpia e lesse il messaggio che il Presidente del Comitato Olimpico Internazionale, signor Sigfrid Edstrom, aveva indirizzato alle popolazioni dei Paesi che avevano l’onore di ospitarla (il messaggio venne riletto in tutti i principali centri di transito e di sosta).
Accompagnato dal Corteo Ufficiale e da uno stuolo continuo di ciclisti, il Fuoco intraprese allora la sua marcia attraverso l’Italia, salutato dalle popolazioni delle città e dei borghi che l’accoglievano festose lungo tutte le strade.
La Fiaccola giunse a San Severo alle ore 1 del 20 luglio. Sostava fino alle 5.30 del mattino, vegliata tutta la notte da soldati in armi, da atleti in tenuta sportiva e dalla popolazione. Una sosta a San Salvo interrompeva la fatica degli atleti lungo la assolata Via Adriatica e la giornata di marcia si concludeva a Roseto degli Abruzzi alle ore 0,30 del 21 luglio 1948.
Ripresa la corsa dopo una sosta meridiana di circa 2 ore ad Ancona, la Fiaccola giungeva la sera a Forlì. Qui, sulla principale piazza della città, il Delegato Provinciale del CONI, in collaborazione con le Autorità cittadine, aveva organizzato una grande manifestazione polisportiva. Una densa folla di cittadini salutò l’arrivo del Fuoco con spontaneo e vivo entusiasmo.
La sera del 22 luglio, dopo una sosta a Modena, dove una guardia di onore di atleti italiani già olimpionici rendeva omaggio alla Fiaccola posta su un antico tripode, il corteo raggiungeva Lodi.
Ripartita da Lodi alle ore 6 del 23 luglio, la Fiaccola raggiungeva Milano correndo attraverso due ali di popolo plaudente che si era volontariamente adunato nelle vie. Dopo un sosta di pochi minuti nella città lombarda, il Fuoco di Olimpia si avviava verso l’ultima parte della sua corsa in territorio italiano. Allo scadere delle 107 ore prefisse il Tenente degli Alpini Picco, Capo della Pattuglia Militare Italiana, IV classificata ai Quinti Giochi Invernali, giungeva alla frontiera Italo-Svizzera.
Erano le 22 del giorno 23 luglio quando davanti ad un’enorme folla di sportivi, il rappresentante del CONI rivolgeva il saluto al Fuoco che si allontanava per superare il Passo del Sempione.
Gli atleti svizzeri prendevano in consegna la Fiaccola che continuava così attraverso la terra Elvetica il suo grande viaggio verso lo Stadio londinese di Wembley.

(Pagina trovata negli archivi comunali di Roseto degli Abruzzi, periodo 2002-2011.)


Per quanto riguarda le Olimpiadi Invernali di Torino 2006, ho avuto la fortuna – grazie all’amico Emilio D’Ambrosio – di essere un tedoforo durante il passaggio del Fuoco di Olimpia a Roseto degli Abruzzi. Insieme a me, ebbi la ventura di avere il professor Vincenzo Renzi Ferri, che sulle Olimpiadi Invernali ha scritto un libro ed era dunque molto più titolato di me a correre con la torcia.

La generosità di Emilio mi permise di portare una torcia recante quel fuoco che dal 1928 viene accudito dagli umani. Una fiamma così simbolica da stordirti con la sua energia. Quando Mahmoud Abdul-Rauf venne a casa mia nel 2015 e vide la foto con me tedoforo, mi disse: “Tu hai fatto il tedoforo? Incredibile!”. Mahmoud aveva ragione: non lo meritavo di certo, ma fu un concorso (al quale non partecipai) a mettere in palio posti da tedoforo e il virus dell’influenza a liberare due tratti della staffetta nei quali venimmo cooptati Vincenzo e io.

Insomma: la febbre di qualcuno ci diede l’onore del fuoco.

Ero lo staffettista 101 della tratta e corsi con l’affanno solito del mio corpaccione, mentre l’amico e collega Luciano Adriani (molto più in forma di me) gentilmente mi fotografava. Al termine della staffetta, venni intervistato dall’amico e collega Lino Nazionale e dedicai i miei 400 metri con la Fiamma Olimpica ai grandi dello sport mondiale che avevano vissuto a Roseto degli Abruzzi come Ernesto D’Ilario (olimpionico come istruttore di bob) e Giovanni Giunco, entrambi medaglie d’Oro del CONI. Insomma: fui immeritatamente tedoforo e mi permisi di pensarmi portatore di quella fiamma perché benevolmente delegato da abruzzesi meritevoli che guardavano dal cielo.

Fatta la staffetta, salimmo su un pulmino che ci portò a Cologna Spiaggia. Quando scesi, un bambino tenuto per mano dalla nonna mi sorrise, chiedendomi i guanti griffati Torino 2006. Mi sentii, per un momento, così immeritatamente importante che avrei voluto ringraziare quel bimbo per sempre. Ovviamente, glieli regalai e me ne tornai a Roseto felice, andando ad abbracciare e ringraziare ancora una volta l’amico Emilio.

Poi, nel 2012, prima della sua partenza per le Olimpiadi di Londra in qualità di arbitro di pallacanestro, chiamai Luigi Lamonica (che all’epoca viveva a Roseto degli Abruzzi), il fotografo Mimmo Cusano e – avendo ottenuto l’autorizzazione dal Comune a prendere per qualche minuto la Torcia di Londra 1948, custodita all’interno della Villa Comunale – aggiunsi la Torcia di Torino 2006 che conservo ancora (comprai la mia Torcia dopo la staffetta, essendo possibile farlo) e chiesi a Mimmo di scattare alcune foto a Luigi Lamonica, il compianto Nonno Giovanni Di Tecco e Mario Giunco.

Oggi, in questa domenica piena di Olimpiadi, mi è tornata in mente questa cosa che volevo condividere, visto che non capita spesso di essere tedoforo (per quanto immeritatamente) e non capita spesso a una piccola città come Roseto degli Abruzzi di poter vantare il passaggio per ben 2 volte della Fiamma Olimpica.

Dentro il mio cuore, il Fuoco di Olimpia continua ad ardere.

Pensare che quel Fuoco che ho portato è lo stesso che oggi arde a Parigi, dopo 18 anni, è qualcosa che personalmente mi trasmette il senso della grandezza del movimento sportivo.

Di seguito, il filmato dei miei metri finali da tedoforo e dell’intervista di Lino Nazionale che andò in onda a Sotto Canestro.

VIDEO
Olimpiadi Invernali Torino 2006
LUCA MAGGITTI TEDOFORO

https://www.facebook.com/lucamaggitti/videos/2431025270620794

 







Stampato il 05-05-2025 09:36:35 su www.roseto.com