A vederla giocare ne dimostra 30, a farci conversazione 40. Invece la capitolina che studia per diventare avvocato oggi compie ‘soltanto’ 20 anni. Illuminata gioventů che celebro con questa intervista, realizzata dopo la promozione e tenuta per oggi.
Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdě, 18 Luglio 2025 - Ore 15:30
Provo una forte invidia umana nei confronti di Lavinia Lucantoni. Anche se non dovrei ammetterlo, a 55 anni suonati, per non farmi deridere. Ma tant’è.
Invidio le sue idee chiare, la grazia, la capacità nel gioco, l’intelligenza cestistica e quella fuori dal 28x15, l’educazione.
Io, alla sua età, ero un serio candidato all’arresto per vagabondaggio.
Dobbiamo all’intuito e al coraggio dell’ingegner allenator Simone Righi se Lavinia Lucantoni e Gianella Espedale – le due registe che hanno giocato la scorsa stagione in Serie A2, avendo ruoli determinanti per la promozione – sono state ingaggiate entrambe a poco più di 18 anni. Il vaticinio verticale del coraggioso coach, ha permesso di scommettere su due ragazzine che hanno compiuto 19 anni rispettivamente il 18 luglio 2024 e il 13 agosto 2024.
Oggi Lavinia – in arte “Avvocato Laviniosky” – ne compie 20. Il prossimo 13 agosto toccherà a Gianella Espedale, alias “Messi”. E questa è una forza delle Pantere. Quella del sangue giovane, sfrontato, a volte dimentico della paura e disposto anche a morire sfidando i giganti, ma conservando la faccia tosta... come fece Gianella nell’ultimo quarto di Gara 2 di finale playoff, contro Costa Masnaga.
Torniamo alla festeggiata. Questa è una conversazione fatta con Lavinia nell’ultimo giorno di sua permanenza a Roseto. Erano i primi di giugno.
L’ho tenuta per una occasione speciale. L’occasione speciale è oggi e cioè il suo 20° compleanno. Che poi è una bufala pazzesca, a guardar bene. Perché basta parlare con Lavinia per scoprire che ha 40 anni. E vederla giocare per dedurre che ne ha 30.
Vabbè... i suoi genitori avranno truccato le carte!
Scherzi a parte, auguroni di buon compleanno all’Avvocato Laviniosky, per i suoi splendidi 20 anni.
Poi però leggo le sue risposte e dico... dai, davvero, siamo seri: 20 anni? Impossibile!
Leggetele pure voi e fatevi un’idea.
Lavinia, quali sono state le cose più importanti di questa strepitosa stagione che vi ha visto promosse in Serie A1, ribaltando ogni pronostico?
«Quando si vince un campionato, tutti vogliono sapere quali siano stati i segreti, come se da noi potessero ottenere la chiave per aprire la porta del successo. Ma la verità è che non ci sono segreti da svelare, né chiavi da consegnare. Quello che davvero ha fatto la differenza, ciò che secondo me ci ha permesso di raggiungere questo traguardo, sono state le ore passate insieme in palestra. Non solo durante gli allenamenti, ma anche nei momenti di pausa, nelle risate, nelle chiacchiere, nella condivisione della fatica e della gioia. Abbiamo trascorso tanto tempo a studiarci tra di noi, a osservare le avversarie, a conoscerci nel profondo, nei momenti belli e in quelli più difficili. Nel trascorrere tutto questo tempo assieme siamo state capaci di valutarci e capire i difetti e pregi l’una dell’altra. E, non so per quale strano allineamento dei pianeti, ognuna di noi si è fatta scivolare addosso quello che in un altro contesto poteva infastidirla, consapevole del fatto che fosse qualcosa di superfluo, da ignorare. È stato come se tutte fossimo fortemente convinte del fatto che le nostre energie dovessero essere rivolte a qualcosa di più importante, a qualcosa di magico».
Sei tu a usare la parola “magico”, che non avrei utilizzato solo perché mi sarebbe sembrato di mancare di rispetto al vostro quotidiano impegno. Invece sì, lo ammetto, la penso come te: la vostra stagione ha l’inebriante sapore del realismo magico in letteratura. Anzi, la vostra promozione è letteratura che a un certo punto ha ricevuto il colpo d’ali del realismo magico. E però non puoi dirmi che non ci sono mai state difficoltà...
«Anche se può sembrare banale, le difficoltà che abbiamo affrontato durante la stagione sono state, in realtà, il nostro trampolino di lancio verso il raggiungimento dell’obiettivo. Abbiamo iniziato l’anno con uno 0-3. Nessuno ci ha fatto caso, perché in fondo tutti ci consideravano una squadra mediocre. Nessuno – tranne noi. Col senno di poi, credo che quelle tre sconfitte siano state pura benzina. E le voci che giravano sul nostro conto non hanno fatto altro che alimentare il fuoco. La prima miccia l’abbiamo accesa con una striscia di 12 vittorie consecutive e la qualificazione alla Final Eight di Coppa Italia. Ma non ci è bastato. La nostra fame di vittoria era ancora lì, viva, insaziabile. Poi è arrivato un altro momento difficile: 5 sconfitte in 6 partite. Ancora una volta, ci siamo ritrovate a fare i conti con chi diceva che eravamo solo state fortunate. E lì è scattata la seconda miccia. Stavolta, però, il fuoco non si è più fermato. Due vittorie in campionato, ed eccoci ai playoff: battuto Sanga 0-2, battuta Udine 0-2, battuta Costa 0-2. Il totale, ribaltando sempre il fattore campo, è 6-0».
Di questo romanzo “Pantere nel Lido delle Rose”, che è tutto indimenticabile. C’è qualche momento “più indimenticabile” degli altri?
«È stata una stagione ricca di momenti indimenticabili. Alcuni per la loro bellezza, altri… un po’ meno. Tra questi ultimi c’è sicuramente il giorno del sabotaggio dei pulmini. Partite con destinazione Vicenza, eravamo arrivate a Bologna e solo lì ci siamo accorte che entrambi i serbatoi erano stati bucati. Solo Dio sa cosa è successo dopo: il carro attrezzi, le ore passate nella stazione di San Lazzaro, senza sapere se saremmo riuscite a tornare a Roseto o se avremmo dovuto dormire lì e giocare il giorno dopo. Il treno delle 10 di sera è arrivato ad Ancona a mezzanotte e qualcuno è dovuto venire a prenderci a quell’ora. È stata una giornata surreale, stancante, che avrebbe potuto trasformarsi in una tragedia: chi era alla guida ha dovuto percorrere un lungo tratto con il vetro posteriore completamente ricoperto di gasolio, che rendeva quasi impossibile vedere fuori. Una giornata difficile, assurda, ma che sicuramente non dimenticherò mai».
Neanche io lo scorderò, anche se ero comodamente a Roseto e seguivo gli eventi. Un momento invece bello?
«Non posso non citare le 1.200 persone accorse a sostenerci in gara 2 contro Udine: è stato il primo vero grande traguardo dell’anno, in termini di pubblico, ed è stato emozionante sentirsi parte di qualcosa di così grande. Poi c’è stata la Coppa Italia, un’altra esperienza intensa, che ci ha lasciato tanto. Ma, nonostante tutto questo, nulla è paragonabile a ciò che ho provato durante i playoff. Le oltre 2.500 persone presenti in gara 2 contro Costa Masnaga, che cantavano e si abbracciavano alla fine della partita, sono un’immagine scolpita troppo profondamente nella mia mente per poter essere cancellata».
Mamma mia quanto ho pianto quella sera! Veniamo alle cose speciali delle Panthers Roseto 2024/2025, che ti senti di sottolineare...
«Intanto credo che, rispetto a tante altre realtà del basket femminile in Italia, Roseto abbia davvero qualcosa di speciale. Forse è il mare, che rende le persone più socievoli, gentili e disponibili. Forse è il fatto che il basket scorra nel sangue dei rosetani fin dalla nascita. O forse è stata la passione e l’amore con cui abbiamo giocato ogni singola partita, senza mai risparmiare una goccia di sudore, a rendere tutto così evidente. Qualunque sia il motivo, una cosa è certa: Roseto ti entra nel cuore in modo diretto, senza nemmeno bussare ed è davvero difficile non sentirsi parte di qualcosa di unico. Credo che questo sia stato l’elemento speciale della squadra: il supporto ricevuto quotidianamente da tutti i tifosi».
Amo baloccarmi conversando sulla leadership, anzi sui vari concetti di leadership. Decliniamole insieme. La leader fuori dal campo delle Panthers Roseto che hanno vinto la Serie A2?
«Senza dubbio, Lucrezia Coser. Credo che non sia stato un caso che durante uno dei primi allenamenti, quando la confidenza era ancora poca, mi sia venuto spontaneo di chiamarla “nonna” e, da quel momento, molte persone hanno apprezzato questo soprannome e hanno iniziato ad usarlo con affetto e rispetto. La sua capacità di gestire le situazioni più complesse trovando sempre soluzioni, la sua capacità di empatizzare con le persone, la sua capacità di dire sempre la cosa giusta al momento giusto senza avere peli sulla lingua, hanno fatto di lei un punto di riferimento fondamentale per tutta la squadra. Tutto questo, unito alla sua intelligenza cestistica e alle abilità in campo l’hanno resa una vera leader, a 360 gradi. Non smetterò mai di ringraziarla».
Giocavate col “platoon system”, quindi cercare una leader in campo è più difficile. Ma io te lo chiedo lo stesso...
«In effetti, è molto difficile trovare la leader della stagione in campo, perché credo che la nostra forza sia stata proprio il fatto che non ci fossero prime donne e questo ha fatto sì che durante l’hanno tutte, a turno, siamo state capaci di tirare fuori il nostro potenziale. Questo non significa che non ci siano state partite in cui si possa essere visto dominio in campo da parte di una giocatrice e la finale ne è stata la dimostrazione, con i 7 minuti di onnipotenza cestistica di Gianella Espedale, che si è presa la squadra sulle spalle e ci ha regalato la vittoria. Credo però che anche questo episodio di dominio assoluto in campo si sia verificato perchè tutte, la sottoscritta in primis, abbiano anteposto il successo della squadra a quello personale. E questo lo fa una Squadra con la esse maiuscola, composta di giocatrici mature».
Volendo cercare l’ago nel pagliaio – e con questa ti saluto e ringrazio – ci sarebbe da individuare pure la leader emotiva...
«Per quanto riguarda la leader emotiva, credo che tutte abbiano dato il loro contribuito per rendere lo spogliatoio un ambiente sereno, da vivere con spensieratezza e in cui ognuna potesse sentirsi se stessa al 100%. Sicuramente un ringraziamento speciale va alla capitana, Giulia Sorrentino, che ha tenuto le redini della squadra in modo impeccabile. Sempre disponibile, aperta al confronto, pronta a darti una pacca sulla spalla nei momenti no e a prendersi le sue responsabilità. Una ragazza con un grande cuore, che ha saputo gestire i momenti difficili della squadra cercando sempre di trovare le soluzioni ai problemi, senza addossare colpe a terze persone. Emotivamente hanno avuto un impatto importante anche Justina Kraujunaite e Livija Sakeviciute, che nonostante non conoscessero benissimo l’italiano non hanno mai reso questo ostacolo un muro invalicabile, anzi si sono messe in gioco anche sotto questo punto di vista, per migliorarsi e sentirsi parte del gruppo».
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