Uomini coraggiosi
GIUSEPPE DI LELLO

Intervista all’ex magistrato antimafia, oggi uomo politico.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 28 Marzo 2006 - Ore 07:30
Ho incontrato Giuseppe Di Lello a Pineto, nell’ambito della visita di Gian Carlo Caselli.

L’ex magistrato, che ha lottato in prima linea contro la mafia e ha visto morire i suoi più cari amici, ha origini abruzzesi essendo di Villa Santa Maria.

Oggi, dopo essere andato in pensione, Vincenzo Di Lello è candidato al Senato con Rifondazione Comunista in Abruzzo, con il numero 2.

Ecco l’intervista.

Giuseppe Di Lello, tanti suoi colleghi e amici sono morti ammazzati dalla Mafia. Lei si sente un sopravvissuto?
“No, un sopravvissuto no, però uno che tutto sommato è stato fortunato e quindi ne è uscito indenne”.

Com’è la vita quotidiana di un uomo che è stato abituato a fare sacrifici straordinari?
“La quotidianità è triste non per la quotidianità in sé, ma perché molti di quegli sforzi e di quei sacrifici, fatti anche da chi ha perso la vita, sembrano quasi vanificati dallo stato attuale delle cose”.

A che punto è, nel 2006, la lotta alla mafia?
“La lotta alla mafia è ad un punto di stallo notevole. Se pensiamo che, per la prima volta nella storia, in Sicilia abbiamo un Presidente della Regione che è sotto processo per favoreggiamento della mafia, credo che abbiamo raggiunto il massimo del disinteresse della classe politica per questo problema”.

Dalla lupara al bonifico bancario. Come si combatte la mafia fino alla sua nuova frontiera?
“Attaccando la ricchezza mafiosa, questa è la prima regola. E poi cercando di interrompere questa spirale di mutuo soccorso fra la politica e la mafia. Se non interrompiamo il legame tra mafia e politica non vinceremo mai questa battaglia”.

Quanto le mancano i suoi colleghi scomparsi?
“Mi mancano molto, ma mancano soprattutto alla lotta alla mafia, perché erano intelligenze superiori che la mafia, in maniera terribilmente intelligente, ha eliminato”.

Ha ancora paura per la sua persona della mafia?
“Credo che in questo momento non c’è da avere questo timore, in quanto è risaputo che la mafia ha abbandonato la strategia stragista, in quanto ha capito che una lotta frontale contro gli uomini dello stato esige delle risposte e quindi, dopo le stragi del 1992, ha capito che era una strategia perdente e si è immersa. Questa immersione deve preoccuparci perché oggi la mafia è pericolosa quanto prima e dobbiamo prendere atto di questa realtà”.


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