Gennaro Varone, classe 1964, nativo di Taranto. Come mai la scelta di entrare in Magistratura?
“Ho terminato il liceo classico, convinto che mi sarei iscritto alla facoltà di Fisica. Ho scelto Giurisprudenza per imposizione di mia madre. Alla fine del percorso di laurea ero deciso a lavorare per lo Stato: desideravo fare qualcosa che servisse a tutti. Il solo concorso disponibile, nel lontano 1987, era quello in Magistratura. L\'ho sostenuto. Nel giugno 1989 prendevo servizio come magistrato in tirocinio presso il tribunale di Lecce.”
Qualcuno sostiene che il giudice debba parlare solo con le sentenze. Qual è la sua opinione in merito all’impegno civile di tanti magistrati, che non si sottraggono ad occasioni pubbliche di incontro e dibattito?
“Un magistrato non esprime giudizi sui processi in corso, non li commenta. In questo senso, parla soltanto con i suoi provvedimenti. Non è pensabile, invece, che non abbia colloqui con la stampa, la quale chiede di essere informata del significato tecnico delle iniziative giudiziarie, quando esse sono rese pubbliche. Certamente, un magistrato conserva il diritto di esprimere liberamente la propria opinione su temi di ordine generale (come sto facendo io in questo momento). E\' opportuno che egli si attenga, come chiunque nel suo contesto particolare, a regole di convenienza e prudenza in ragione delle conseguenze che le sue parole possono comportare. In ogni caso, pretendere che un magistrato non abbia idee proprie, su quanto accade, significa volere un magistrato intellettualmente povero. Piace che un magistrato intellettualmente povero debba occuparsi di ciò che più ci sta a cuore?”
Nel 2005 lei ha scritto il libro “La repressione dell\'immigrazione illegale. Riflessioni per un\'indagine giudiziaria”. Com’è nata e cosa le ha dato l’esperienza editoriale?
“Nasce dal desiderio di condividere con i colleghi neofiti moduli investigativi ed un metodo che si erano rivelati vincenti in diverse complesse inchieste internazionali. Noto che, frequentemente, nelle indagini ci si muove in modo empirico e non razionale”.
Il suo nome è diventato noto per le importanti indagini portate avanti a Pescara ed in provincia. La notorietà ha cambiato qualcosa della sua vita privata?
“So di avere acquisito una piccola notorietà in Pescara, per via delle inchieste per reati contro la pubblica amministrazione, che si sono susseguite a ritmo incalzante. Ma non si tratta di una notorietà che possa mettermi a disagio. Diciamo che un po\' mi fa sorridere. E un po\' mi gratifica.”
L’Amministrazione della giustizia ai tempi di internet. Quanto può essere utile la rete per sveltire i tempi della giustizia ed in che modo?
“L\'informatica sarebbe utile per snellire il lavoro delle segreterie dei magistrati se: i programmi fossero elaborati con l\'apporto dei magistrati più preparati che dovranno poi, usufruirne, i quali \'sanno\' che cosa serve loro davvero e se gli uffici giudiziari fossero dotati di una rete informatica efficiente. Purtroppo, nessuna delle due condizioni - e meno che mai la prima - si verificano.”
Quali i problemi più evidenti, che magari a noi cittadini sfuggono, che un magistrato e i suoi collaboratori si trovano davanti ogni giorno? E quali le riflessioni circa le possibili ottimizzazioni?
“Il discorso sarebbe tecnico e noioso. Per esemplificare, ricordo che una legge del 1996 vieta le notificazioni a mezzo dei carabinieri, perché essi (si dice!) dovrebbero occuparsi di terrorismo (vi risulta che nei paesini dell\'entroterra abruzzese si sia mai insediata una qualche cellula islamica?). Questo impone di utilizzare il servizio postale per le notificazioni degli atti, con ritardi di mesi (o di anni!) nella fissazione delle udienze.”
Nicola Gratteri, magistrato che si occupa di ‘ndrangheta, nel suo ultimo libro “La mala pianta” difende lo strumento delle intercettazioni telefoniche, portando esempi concreti e dimostrando l’economicità di un simile strumento investigativo, soprattutto se paragonato al pedinamento o all’impiego di uomini sul territorio, anche in considerazione della globalizzazione della malavita organizzata. Qual è la sua opinione sullo punto?
“Le intercettazioni sono indispensabili all\'inquirente come le radiografie, le TAC e gli esami ematochimici sono necessari al medico. Non se ne può fare a meno. Ma richiedono un inquirente altamente professionale. Non bisogna pensare che basti sistemare microspie per scoprire i reati. Scoprire i reati è un\'arte; un\'arte che richiede un lungo tempo di apprendimento.”
Nel corso di una indagine del terzo millennio, esiste uno strumento di indagine che surclassa gli altri oppure tutti sono utili?
“No. Non c\'è. Certo, in un\'era che vede lo sviluppo esponenziale delle comunicazioni a distanza, la criminalità ha cambiato volto: i reati sono commessi grazie alle interconnessioni rese possibili dalla tecnologia. Per questo non è pensabile rinunziare allo strumento delle intercettazioni. Ma non è vero che le intercettazioni siano più importanti, ad esempio, di una perquisizione. O di una acquisizione documentale. Diciamo che le intercettazioni ci fanno capire ‘che cosa’ e ‘dove’ cercare.”
Tangenti e corruzione. Secondo lei la Tangentopoli milanese dei primi Anni ’90 ha debellato il problema della corruzione diffusa e i vari corrotti arrestati di questi tempi un po’ in tutto il territorio nazionale rappresentano “mariuoli”, oppure le cose non sono poi tanto cambiate dai tempi di Mario Chiesa?
“Dai tempi di Mario Chiesa l\'unico aspetto mutato è che la gente ha perso la capacità di indignarsi e di reagire sulla questione morale. Gli affarismi che inquinano la pubblica amministrazione, invece, continuano al ritmo di un vecchio refrain: ‘come prima, più di prima ..’ .”
La vecchia mazzetta oggi è spesso nascosta. Esistono consulenze, fatturazioni fittizie e altre modalità. Quali sono gli strumenti più usati da concessori e corruttori e quali strumenti attivano gli inquirenti per indagare in merito?
“Non c\'è un modo privilegiato per pagare tangenti. Se ne escogitano sempre di nuovi (l\'ultima frontiera è la messa a disposizione, da parte del privato, dell\'intero lavoro che avrebbe dovuto svolgere il pubblico ufficiale, per modo che questi riscuota il suo compenso limitandosi a \'firmare\' atti non predisposti da lui; la contropartita è che il privato, che redige gli atti, ci scrive quello che vuole e il pubblico ufficiale firma con una mano sugli occhi). Ma esiste ancora la vecchia ed intramontabile mazzetta in contanti.”
Qual è il suo pensiero di fronte a casi in cui un pubblico dipendente corrotto torna, dopo la galera, a riprendere il suo posto nella pubblica amministrazione in cui lavorava ed ha commesso reati? Quali i pericoli in termini simbolici e pratici e come fronteggiare queste storture?
“Ne sono indignato. Ma la ragione di ciò è sempre nelle collusioni all\'interno della pubblica amministrazione (che non sono tutte eliminate dall\'azione repressiva momentanea) e nella mancanza di reazione della collettività.”
L’Italia è stata la culla del diritto, il paese di Beccaria, che rifletteva circa la certezza della pena. Qual è la sua opinione in merito – oggi – alla certezza della pena in Italia?
“Non c\'è.”
La giustizia ha tempi lunghi e più di qualcuno accusa i magistrati di lavorare poco. Di contro, studi dicono che la categoria italiana sia in cima alle classifiche europee di produttività (lo stesso non può dirsi quanto a trasparenza e incorruttibilità della pubblica amministrazione). Qual è la sua opinione in merito alla necessità di accorciare i tempi della giustizia e con quali possibili rimedi?
“‘Meno’ magistrati e – dunque – ‘più’ qualificati. Strutture solide di supporto (cancellieri, tecnici, consulenti) all\'azione dei magistrati. Serio programma di informatizzazione.”
Alcune cifre, prese da una recente intervista televisiva del magistrato Piercamillo Davigo, che le ha divulgate. La Corte di Cassazione in Italia celebra 100.000 processi annui, mentre in Francia 1.000 e negli Stati Uniti d’America 120. Gli avvocati abilitati a patrocinare in Cassazione sono oltre 50.000 in Italia, mentre in Germania sono 44. Infine, Roma ha più avvocati di tutta la Francia. Sono cifre che fanno riflettere e che mostrano, con la crudezza dei numeri, un sistema elefantiaco. E’ normale?
“E\' un dato difficile da interpretare: può voler dire che le decisioni dei giudici francesi soddisfano le parti; o che in Italia i casi in cui si può ricorrere per Cassazione sono a maglia molto larghe. Certamente, noi siamo un popolo molto litigioso.”
Focalizziamoci sull’Abruzzo ed in particolare sul suo territorio di competenza. Quali sono i reati che assorbono maggiori risorse agli inquirenti?
“Storicamente direi: droga e tratta (con i reati rispettivamente connessi, quali: reati contro il patrimonio e prostituzione). Ma, ultimamente, l\'Abruzzo, anche se nessuno sembra essersene accorto, vive una vera e propria ‘emergenza giudiziaria’ per i numerosi processi per reati contro la pubblica amministrazione.”
Come reagisce la società civile di Pescara e dintorni a inchieste che a volte hanno l’effetto di un sisma istituzionale?
“Mi concedo l\'onore di riprendere la frase di un magistrato molto più famoso di me: reagisce come gli spettatori di una corrida: stanno a guardare chi vincerà.”
L’Abruzzo, da anni, viene definita un’isola felice rispetto alle infiltrazioni delle mafie. Possiamo ancora considerarla tale?
“E\' una domanda da rivolgere al procuratore antimafia. A me sembra che sia da escludere il radicamento di associazioni mafiose. Esiste, invece, il problema dell\'investimento di denaro di provenienza illecita. Ma è anche vero che su questo tema di indagini siamo in ritardo.”
Quanto è appetibile l’Abruzzo, soprattutto nelle zone costiere di Pescara e Teramo, per il riciclaggio – da parte delle mafie – degli enormi capitali derivanti da traffico di droga e pizzo e appalti?
“Molto.”
Molte sue inchieste hanno portato al sequestro di enormi capitali. Qual è il problema di questi cpaitali – sequestrati e non ancora confiscati – in relazione alla prescrizione dei reati? Che fine faranno questi soldi, sottratti alle tasse di onesti cittadini indebitamente?
“Se e quando si dovesse giungere a condanne, il denaro verrebbe incamerato dallo Stato. Questo mi permette di fare una piccola digressione. Si parla spesso di ‘costo delle intercettazioni’. Invece, bisognerebbe chiedersi: quanto costerebbe allo Stato ‘non’ farle. Faccio un esempio: nel 2008 la procura di Pescara ha speso, complessivamente, circa un milione di euro per (tutte) le intercettazioni. E\' tanto? Bene. Si consideri che soltanto nel processo ‘Ciclone’ abbiamo sequestrato ‘un milione di euro’. E ne abbiamo spesi soltanto 60 mila per le intercettazioni. Dunque, lo Stato ci ha largamente guadagnato. Si pensi, poi, ai costi in termini di vite umane e perdita di sicurezza che avrebbe non fare le intercettazioni: più rapine, furti, omicidi.”
Quanto è difficile rintracciare i soldi provento di illegalità con la società globalizzata, i paradisi fiscali e le transazione virtuale dei soldi e dopo quanti passaggi il denaro sporco non puzza più? Il denaro contante è ancora usato dai malfattori nelle indagini per concussione e corruzione?
“Senza una collaborazione o un colpo di fortuna è impossibile. Il denaro è portato all\'estero in contanti e depositato in contanti su conti segreti.”
Don Luigi Ciotti, da anni ormai, parla dell’urgenza di un più efficace sistema di gestione dei beni sequestrati alla malavita organizzata, che poi diventano patrimonio dello Stato dopo la confisca. Qual è il suo parere e a che punto è la questione?
“Non ho maturato una vera esperienza in proposito, e non mi piace parlare di ciò che non conosco. Ma il problema è a monte: riuscire ad ottenere delle confische significa, ancora prima, riuscire a celebrare i processi nei tre gradi di giudizio.”
Un magistrato ha più strumenti per combattere la criminalità militare o quella finanziaria?
“La criminalità militare, senz\'altro.”
Si è sempre detto che la criminalità organizzata diventa mafia, camorra, sacra corona unita o ndrangheta quando si aggiunge la politica. E cioè: 10 delinquenti sono 10 delinquenti, ma diventano 10 mafiosi se architettano con alcuni politici una presa di potere territoriale a vari livelli. A che punto è la trasformazione della criminalità organizzata in mafia in Abruzzo e quale delle mafie conosciute sta puntando più all’Abruzzo.
“Ripeto che la domanda dovrebbe essere rivolta al procuratore antimafia. Ma aggiungo (e ribadisco) che, secondo me, siamo in ritardo nelle indagini sul riciclaggio.”
Terremoto di L’Aquila e illegalità. Quanto pericolo c’è, spenti i riflettori, che la ricostruzione di L’Aquila diventi quel che è stata la costruzione della Salerno-Reggio Calabria per la ‘ndrangheta e cioè un formidabile polmone di denaro per le mafie subappaltanti e quali sono gli strumenti di controllo?
“Il pericolo c\'è. Anzi, più che pericolo, vi sono i fatti, come le inchieste (anche della Procura di Pescara) dimostrano.”
Chiudiamo con il concetto di omertà. Le immagini del recente pestaggio avvenuto a Pescara Vecchia sono indicative, così come il lamento del Procuratore Trifuoggi. A che punto è la degenerazione, soprattutto nella fascia dei giovani?
“Non credo si tratti soltanto dei giovani. Siamo tutti noi che abbiamo perso memoria del nostro passato e, con esso, dei valori legati alla Costituzione ed al modo in cui è nata: nata dal sangue versato dai partigiani durante la Resistenza. E questo mi preoccupa: l\'uomo che dimentica le radici della sua libertà è destinato a perderla, inevitabilmente.”