Roseto Basket Story
MICHELE MARTINELLI: L’IMMAGINAZIONE AL POTERE.

Il dirigente sportivo che visse tre volte a Roseto.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 17 Novembre 2011 - Ore 10:30
Oggi GM a Rieti, ieri Presidente, Patron, GM a Roseto, con le promozioni in A2 del 1998 e A1 del 2000 e la ripartenza, dalla C2 nel 2009, con gli attuali Sharks.
L’articolo di seguito fu scritto proprio prima della ripartenza con il progetto Sharks, quando sembrava possibile scorporare la Pallacanestro Roseto 1946, tenendosi il titolo di B1. Invece la cosa non fu possibile e gli Sharks ripartirono dal basso della C2.
 
[Pubblicato su Eidos, Giugno 2009.]
 
“Cosa farò senza basket? Avrò più tempo per le mie fidanzate”.
Così mi disse Michele Martinelli, una volta che se ne andò da Roseto. Certo, non può bastare una frase (proprio quella poi!) per riassumere Miguelon, però può aiutare a capire l’esplosivo mix di audacia, capacità di cantare fuori dal coro, immaginazione e decisionismo che l’uomo nato a Roma, residente a L’Aquila e amante di Roseto riassume in sé.
 
Scattargli una fotografia è compito arduo: si muove rapido, cambia continuamente (anche dal punto di vista fisico), è alla perenne ricerca della più bella emozione, che puntualmente è quella che deve ancora provare.
 
Michele Martinelli arrivò a Roseto degli Abruzzi nella stagione 1997/1998, chiamato dal compianto Giovanni Giunco, per il tramite di Maurizio Cicconi. Miguelon, che la stagione precedente aveva fatto uno squadrone in B2 nella sua L’Aquila senza riuscire a vincere, quando incontrò il Roseto si innamorò del suo pubblico. Giunco, che cercava un uomo in grado di dare vigore alla piazza, lo volle al suo fianco, dando vita ad una formidabile aquila a due teste che durò (e fu già un miracolo) una sola stagione, in cui il Roseto vinse sia la Coppa Italia di Lega sia il Campionato di B1, guadagnando la promozione in Serie A2.
 
Giunco e Martinelli (due personalità così forti non potevano durare) si separarono non senza frizioni ed a Martinelli rimase l’incombenza di portare avanti il basket rosetano. Ebbe il merito di gestire le cose con intelligenza e sagacia, firmando subito un triennale con la più dinamica azienda del territorio (Cordivari) e strutturando una società fatta di pochissime persone fidate, come il più caro di tutti: il factotum Nicola Mariani, purtroppo scomparso.
 
Buon conoscitore del valore dei giocatori e amico stretto di qualche procuratore che conta, Martinelli – nello spazio di quasi 8 anni – seppe portare a Roseto grandi campioni a poco prezzo, rispolverandoli e dando loro nuove chance di carriera. In rapporto ai tanti bei nomi azzeccati (Busca, Pieri, Dell’Agnello, Griffin, Moretti, Boni, Gilmore, Sims, Attruia, Lockhart, Guarasci, Sesay, Woodward, Nikagbatse, coach Spahjia, Mahmoud Abdul-Rauf), poche furono le ciofeche o gli atleti a fine carriera che non ce la fecero a rianimarsi al sole rosetano (Morandotti, Beck, Shamseed-Deen, Hooks, Bosnjak, Armstrong, Diamantopoulos).
 
Il lavoro del Martinelli dirigente sportivo è sotto gli occhi di tutti e riscontrabile negli annali.
Nel 1997/1998, comandando insieme a Giovanni Giunco, vinse Campionato di B1 e Coppa Italia di Lega con Tony Trullo in panchina e Bonaccorsi in campo.
La stagione successiva si salvò in A2 da matricola e giocò un turno di playoff promozione contro Pozzuoli.
Nel 1999/2000 vinse la A2 con Melillo in panchina senza passare per i playoff: un capolavoro tecnico-gestionale.
La stagione successiva, la prima, storica, in Serie A1 del Roseto, guadagnò al primo tentativo i playoff Scudetto contro la Virtus Bologna e giocò la Final Eight di Coppa Italia, creando il pandemonio in Lega e FIP con la “sentenza Sheppard” (che il potere gli fece pagare chiudendo il Palasport rosetano e confinando la squadra a Chieti).
Nella stagione 2001/2002, dopo una brutta partenza, la squadra – guidata in panchina da coach Bruno Impaloni subentrato a Demis Cavina – centrò la qualificazione ai playoff Scudetto.
 
Martinelli lasciò il Roseto una prima volta nel 2002, cedendolo ad Enzo Amadio, che con la sua gestione consentì alla squadra di guadagnare i playoff Scudetto, giocare la Uleb Cup arrivando agli ottavi di finale, arrivare in semifinale di Coppa Italia.
Martinelli, insieme agli amici di sempre (Alcini, Cimorosi, Di Marco e Norante), rientrò in corsa nel novembre 2003, rilevando il Roseto dal presidente-traghettatore Fossataro (che si sacrificò occupando il posto lasciato vuoto da Tulli) e portando una squadra partita senza Proprietà alla salvezza.
 
La stagione 2004/2005 fu quella del Roseto più forte di sempre, con Martinelli che confermò coach Neven Spahija – firmato la stagione precedente per il finale – e portò nel Lido delle Rose Mahmoud Abdul-Rauf, oltre a Sesay, Woodward e tanti altri campioni, guadagnando il 7° posto e i playoff Scudetto contro la Fortitudo Bologna.
 
La stagione 2005/2006 fu invece quella della bellissima salvezza guadagnata sul campo – grazie ad un pugno di giocatori guerrieri guidati in panchina dal sergente di ferro Attilio Caja – ma anche quella della tragica morte dovuta alle precarie situazioni finanziarie del Roseto Basket del Presidente-Proprietario Antonio Norante.
 
Dell’ultimo Roseto di Serie A, Martinelli fu il General Manager, prima di salire a Bologna per rilevare da Seragnoli la Fortitudo, gestendola meno di un anno solare e ricavandoci del buono per sé, cedendola poi a Sacrati.
 
Con il senno di poi, analizzando le stagioni disgraziate che sono venute dopo il 2006, meglio sarebbe stato non dire – come fecero le istituzioni locali – che senza Norante e Martinelli forze fresche si sarebbero avvicinate ed avrebbero dato un progetto triennale al basket. Roseto, da sempre vivaio ideale per fenomeni della parola, scarseggia in quanto a uomini d’azione: il famoso progetto triennale lo si aspetta ancora.
 
L’invito a togliere il disturbo fu un insperato assist per Miguelon, che ebbe così il più ghiotto dei “lasciapassare” per andare altrove, senza sentirsi neanche in debito verso la più amata piazza sportiva della sua carriera.
 
Solo pregi per Martinelli? Certo che no. Fra gli errori, uno su tutti: la candidatura a Sindaco di Roseto nel 2001 (errore riconosciuto dal diretto interessato), che rappresentò il primo passo di un contrasto inutile fra basket e politica locale di cui – alla lunga – il Roseto Basket Lido delle Rose è morto.
 
E siccome nello sport la resurrezione è possibile, in questi giorni Martinelli e gli amici di sempre stanno provando a ripartire dalla vecchia B1, dove tutto cominciò nel 1998, rilevando il titolo da Federico Mellone. Se son rose…
 






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