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Uomini di Basket
PIERO BIANCHI: LE ABRUZZESI CADETTE E I SASSOLINI NELLE SCARPE...
Piero Bianchi.

Intervista a coach Piero Bianchi, che parlando della sua passata avventura in biancorosso sta ancora nero...

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 07 Ottobre 2018 - Ore 17:15

Piero, riparte la cadetteria. 5 le abruzzesi. Qual è il tuo giudizio su ogni squadra e per quale obiettivo  ogni compagine correrà  a tuo avviso?
«Dividerei le abruzzesi in tre fasce. Chieti e Pescara sono le più competitive e possono inserirsi nella parte nobile della classifica, parlo delle prime quattro posizioni. Pescara con l’allenatore e 3/5 dello “starting five” uguali all’anno scorso giocherà a memoria, in più ha fatto acquisti pesanti come Potì, Micevic e Carpanzano. Chieti ovviamente è tutta nuova, ma ha costruito una squadra “intelligente”, che può giocare bene a pallacanestro grazie a giocatori multiuso come Staffieri e Di Carmine. Poi ha un allenatore che se mette in fila i “tituli” della sua carriera il buon Paoletti deve far allargare la sede sociale per contenerli tutti. Giulianova e Teramo fanno parte del gruppone dove può succedere di tutto, nel senso che con 4 punti in più o in meno “balli” tra playoff e playout. Tra le due però vedo meglio Giulianova, che con un top coach come Ciocca, molti giovani di valore e uno che a 36 anni ancora la spiega a tutti come Innocenzo Ferraro un pensierino serio all’ottavo posto può farlo. Teramo ha un buon reparto esterni, il mio amico Massi Domizioli è molto esperto, ma proprio per questo sa che dovrà soffrire. Nella terza fascia c’è Campli, i cui giocatori sicuramente non spendono grandi cifre in lamette da barba. Partendo da -4 per la penalizzazione, per restare in serie B temo che stavolta servirà un miracolo».

Le favorite del Girone C?
«Adesso vinco l’oscar della banalità: San Severo. Hanno preso tre vincenti come Stanic, Ruggiero e Antonelli, hanno tenuto Rezzano, Giorgio Salvemini in panchina è una garanzia assoluta. San Severo in questo girone è come la Juve nella serie A di calcio. Dietro la lotta è aperta, ho già detto di Chieti e Pescara, secondo me anche Fabriano, Nardò e Bisceglie possono inserirsi».

Che basket è quello che si gioca oggi in cadetteria, rispetto al basket dei tuoi inizi e a quello che ti ha visto anche vincere, qualche stagione fa, questo torneo?
«Il basket dei miei inizi non sta più nemmeno sui libri di storia, i concetti di gioco erano troppo diversi da oggi. L’anno scorso in serie B mi ha fatto arrabbiare molto la consuetudine di procurarsi vantaggi illegali in difesa con prese da wrestling e contatti da football americano troppo spesso tollerati dagli arbitri. Qualcuno si è anche fatto male sul serio. Noi all’inizio volevamo giocare “pack line defense”, ovvero una difesa più contenitiva che aggressiva. Ma poi ho abbandonato l’idea, perché non potevamo rinunciare agli evidenti vantaggi che portava il brutalizzare l’attaccante con e senza palla. Se vogliamo migliorare il gioco, credo che invece di pensare a cambiare il regolamento ogni anno si debba adottare un metro che tuteli e protegga gli attaccanti. Altrimenti i giocatori di talento spariranno e sarà tutto un fiorire di energumeni che si palleggiano sui piedi e non fanno mai canestro».

Le ultime due stagioni a Teramo, allenando in Serie B. Che stagioni sono state?
«Pesanti. Sono arrivato nel 2016 in una società che esisteva solo da un anno, con lacune organizzative evidenti. Per due estati ho fatto un po’ anche il direttore sportivo, essendo l’unico a conoscere bene il mercato, i giocatori e i procuratori, tra l’altro con un budget a disposizione tutt’altro che ricco. Il primo anno, quando non abbiamo visto un euro per tre mesi e mezzo, ho dovuto pensare più a tenere calma e unita la squadra che ad allenare. Abbiamo perso il nostro giocatore di punta, che era Gennaro Tessitore, ma nonostante tutto abbiamo vinto il premio Under (mai pubblicizzato dalla società) e siamo arrivati a un pelo dai playoff. Il secondo anno, con lo stesso  identico budget (tra i più bassi del girone), il presidente ha pensato bene di mettersi a fare proclami. A me invece diceva: “Tranquillo, mi rendo conto dei nostri limiti, ma devo fare così per creare entusiasmo in città”. E io: “Bravo, così se non andiamo ai playoff il coglione sarò io”. Forse mi ha nuociuto fare un bell’inizio, battendo alcune tra le favorite come Recanati e Bisceglie e vincendo a Matera. Ma più si andava avanti più gli obiettivi crescevano. Quando mi hanno detto: “Proviamo a qualificarci alle finali di Coppa Italia” credevo di sognare. Non si rendevano proprio conto. Alla prima di ritorno abbiamo pure perso Cicognani, il nostro centro titolare, preso per un tozzo di pane perché a caccia di rilancio e che stava facendo una grande stagione. Ma questo non ha impedito al presidente di dichiarare in Tv: “Siamo inferiori forse solo a San Severo”. In società nessuno ha mai avuto la percezione reale dei valori del campionato. Così alla prima occasione mi hanno impallinato».

Il tuo esonero non ha portato i biancorossi ai playoff. Come hai preso la cosa, anche se ormai penso sia acqua passata?
«Mica tanto. Acqua passata fa rima con pugnalata. Sono stato zitto 6 mesi, ho letto e ascoltato senza commentare tutte le motivazioni pretestuose diffuse a reti unificate. Ma non appartengo a quella categoria di allenatori che dopo un esonero porgono l’altra guancia. Sono stato silurato a 4 giornate dalla fine, fino a quel momento 13 vinte e 13 perse. Senza Cicognani (sostituito con un giocatore neanche paragonabile con lui) e in un girone equilibratissimo, era grossomodo il risultato che ci si poteva aspettare. Dire che “non trasmettevo più serenità alla squadra” obiettivamente fa ridere: lo ha detto un presidente che a novembre, con la squadra in piena zona playoff, è entrato in spogliatoio per dire “Mi vergogno di voi, se potessi vi manderei tutti a casa subito”. Meno male che chi non trasmetteva serenità ero io. Si sono inventati pure una “frattura tra il coach e gli under”, forse l’hanno sognata, forse non hanno mai visto allenatori che i ragazzi li trattano male sul serio. Forse gli under li hanno trattati male loro, mettendo ragazzi di 2.04 e di due metri a dormire su letti indecenti. Io casomai li ho fatti migliorare (vedi soprattutto Errera e Milojevic), l’unico problema che ho avuto è che quelli non migliorabili non li facevo giocare. Risibile anche l’accusa di scarso aziendalismo, sono stato sempre al fianco della società chiudendo un occhio su tutte le magagne organizzative e ho svolto pure compiti (allenamenti differenziati con alcuni ragazzi del settore giovanile) che non erano previsti dagli accordi. Al di là dei pretesti, la realtà nuda e cruda è che quando hanno temuto di non raggiungere i playoff hanno dovuto trovare un colpevole. Tra l’altro neanche sostituito, visto che la squadra è stata affidata agli assistenti e le ultime 4 partite ha continuato a giocarle nello stesso modo».

Coach Piero Bianchi e il futuro?
«Il futuro per un allenatore fermo ai box è fatto di studio, aggiornamento e attesa. Personalmente reputo più utile andare a vedere gli allenamenti che le partite, ma mi sto facendo due occhi così degli uni e delle altre. Poi ho una fortuna, nella mia vita c’è spazio anche per altre cose. Se lavoro ovviamente l’impegno è totale, ma quando capita di restare senza basket… non muoio!».
Luca Maggitti
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