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NCAA
FEDERICO PLINI: LA MIA ESPERIENZA FRA I TAR HEELS DI NORTH CAROLINA.
Federico Plini all’università di North Carolina a Chapel Hill.

Folla in strada per i biglietti del Duke game.

Federico Plini all’università di North Carolina a Chapel Hill.

Intervista al giovane arbitro, che sta studiando a Chapel Hill in piena ‘March Madness’.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 31 Marzo 2019 - Ore 17:30

Federico Plini è un appassionato di pallacanestro – nonché un arbitro di basket – di 22 anni, originario di Montegranaro. Sta studiando alla prestigiosa Università Bocconi di Milano e noi di Roseto.com lo conosciamo perché, nel 2016, abbiamo pubblicato la sua tesina intitolata: “Chi è l’arbitro? Analisi della figura più discussa dello sport”, presentata all’esame di maturità.

Attualmente, Federico è negli Stati Uniti d’America per studiare, avendo vinto una borsa di studio che lo ha portato in North Carolina, a Chapel Hill, nel prestigioso college famosissimo parlando di pallacanestro.

E siccome siamo in piena “March Madness”, ne abbiamo approfittato per fare una chiacchierata transoceanica con il giovane arbitro e studente. Eccola.

Federico, che ci fai negli Stati Uniti?
«Mi ritengo un ragazzo fortunato, essendo qui per studiare in una delle business school migliori dell’America come quella di Chapel Hill, in North Carolina e, allo stesso tempo, vivere l’esperienza del vero college americano».

Tu sei un arbitro di basket, oltre che un appassionato. Direi che sei capitato nel posto giusto...
«Beh, la storia parla praticamente da sé. 6 NCAA National Championships e l’università che ha dato vita alla leggenda, al più grande di tutti: Michael Jordan. Qui si vive per la pallacanestro. Tutti, dagli studenti ai professori, sanno cosa sia la pallacanestro. E la pallacanestro rappresenta una parte fondamentale della loro vita quotidiana».

Insomma: il basket collegiale è una fede. Che si manifesta come?
«Ogni giorno la palestra è sempre piena e ci sono campi sparsi per il campus, sia all’aperto che al chiuso. Ma quello che mi ha stupito di più è che i primi tifosi sono proprio i professori. Una cosa mi ha lasciato stupefatto: prima della partita con Virginia, la nostra professoressa ci ha lasciato andare via prima, dicendoci “Let’s beat UVA”. Una cosa che non mi dimenticherò mai».

Siamo in piena “March Madness”. Trasmettici un po’ di atmosfera con qualche aneddoto...
«È davvero il periodo più pazzo dell’anno. Il torneo è ormai in dirittura d’arrivo e, anche se la nostra UNC è uscita, si continua a parlare di Brackets e del fatto che tutti non vogliono che Duke vinca. Ma qualcosa di incredibile è il fatto che, se esco, sugli schermi di qualsiasi bar e pseudo discoteche si sono le partite in diretta, con persone che le guardano ed esultano nonostante siano usciti con i loro amici o ragazze. Prima che uscissimo, il nostro campus durante le partite si fermava; sembrava di vivere una finale di Champions League ogni volta. Nessuno per strada e, a ogni vittoria, tutti a Franklin Street (via principale) per festeggiare fino a tarda notte».

Quali le differenze più evidenti, fra il loro e il nostro modo di seguire il basket?
«Qui, il basket è vita. Ogni giorno si parla sempre e solo di quello. Spesso mi capita di andare a giocare nelle loro pazzesche infrastrutture e non si fa altro che parlare di come la squadra stia andando. I ragazzi vengono a lezione con le canotte prima delle partite e si sentono parte integrante del tutto. In Italia, invece, spesso la partita viene vista solo come l’evento della domenica, mentre qui è come se si giocasse ogni giorno».

Quando tornerai, a livello di basket cosa ti porterai dentro?
«Sicuramente ricorderò una pallacanestro fatta di contatti e non di proteste. Quello che mi ha stupito è che qui gli arbitri molte volte, anche se prendono decisioni discutibili, non vengono aggrediti come in Italia. Qui si tifa per la propria squadra e non contro l’altra, cosa che fa abbastanza strano per un italiano. E se provi a inveire contro giocatori avversari o arbitri, tutti ti guardano come se venissi da un altro pianeta».

Grazie, Federico. Complimenti per la tua esperienza e buona continuazione. Lasciaci con un'ultima riflessione...
«È un’esperienza che consiglierei a tutti di fare, avendone la possibilità. Andare alle partite è qualcosa di fantascientifico, e per gli studenti tutto questo è gratis. Se non si vince la “lottery” (sistema dove ti iscrivi e dopo qualche giorno ti dicono se hai i biglietti nella Students section), si può sempre tentare con la “stand-by Line”, dove distribuiscono altri biglietti. A proposito di biglietti, ecco la mia esperienza più folle: la fila per i biglietti del Duke game. Sono stato 19 ore per strada ad aspettare che li distribuissero: dalle 21.30 di sera alle 15.30 del giorno dopo, per aspettare un biglietto! Ma non ero mica matto...perché c’erano persone con tende, sacchi a pelo, coperte ad aspettare... tutto per una partita di pallacanestro. Quindi, posso dire che ne è valsa la pena (perché li ho trovati) e la commozione per i senior che quella sera hanno giocato la loro ultima partita in casa è stata qualcosa di incredibile, con 22.000 (ventiduemila!) persone ad applaudirli e ringraziarli per quello che hanno fatto. Perché, come dicono loro: “Once a Tar Heel, always a Tar Heel!”».

ROSETO.com> Archivio
5 settembre 2016
Sport e Cultura
CHI E’ L’ARBITRO? LA TESINA DEL GIOVANE ARBITRO FEDERICO PLINI.

L’analisi della figura più discussa dello sport, scritta da un arbitro di basket classe 1997 e scaricabile da file PDF.
http://www.roseto.com/scheda_news.php?id=15470

Luca Maggitti
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