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Francesco Infante [The Unrestricted]
ENES KANTER: SEPULVEDA DEL BASKET O CITTADINO DI PLATEA?
Enes Kanter.

Hedo Türkoglu col presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan.

La Nazionale della Turchia di calcio saluta militarmente.

Fenomenologia di un apolide che da anni combatte la sua battaglia che un po’ è anche nostra.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 27 Aprile 2020 - Ore 11:00

Francesco Infante è nato nel 1992, a Foggia.
Giocatore di basket, attualmente milita in Serie B con la Luiss Roma.
Dai 18 ai 26 anni ha giocato da professionista, passando anche per Roseto nella stagione di Serie A2 2017/2018.
A livello di studi, Francesco ha conseguito la laurea triennale in Lingue e Letterature Straniere, un master in Sport Management e una magistrale in Relazioni Internazionali presso l'Università LUISS di Roma.
Appassionato di viaggi, filosofie, politica, conosce e parla fluentemente anche l’inglese e lo spagnolo.
Da grande vuole diventare un produttore di olio.
Questo è il terzo articolo della sua rubrica su Roseto.com, inaugurata il 15 aprile 2020.

ROSETO.com


Sono le 2 di una calda notte dell’estate 2016 e in un lussuoso hotel dell’Indonesia c'è un milionario giocatore NBA che sta tenendo uno dei suoi camp promozionali. Ai protagonisti del basket americano piace girare il mondo e conquistare nuovi fan che verosimilmente porteranno maggiori introiti per il merchandising e le campagne pubblicitarie. Se poi il giocatore in questione è un musulmano nel paese che conta più fedeli di Allah al mondo (200 milioni) il gioco è fatto. Enes Kanter però non è uno come gli altri, gli americani lo definirebbero “one of a kind”.

Il suo manager bussa alla porta. Gli dice di fare le valigie in fretta e furia. Corsa in taxi verso l'aeroporto, bisogna scappare dai servizi segreti locali. Enes sale sul primo volo possibile. Dopo qualche ora, lui e il suo agente atterrano all'Otopeni International Airport di Bucarest. Ritiro bagagli e solito passaggio all’immigrazione per il timbro sul passaporto. L’ufficiale prende il suo documento, lo passa allo scanner. ALT. Passaporto non valido.

Enes ha 24 anni, è un ragazzo che ha realizzato il sogno che avevamo tutti da bambini. Ha giocato a pallacanestro ed è diventato una star NBA che guadagna milioni di dollari.        

Da un giorno all’altro però Enes si trova catapultato in una realtà che solitamente spetta ai peggiori criminali. Vive per qualche ora una vicenda simile a quella di Tom Hanks in The Terminal. Pubblica su Twitter il racconto di quelle ore braccato da un ordine di arresto internazionale e alla ricerca in un posto sicuro dove andare. Giungono in suo soccorso come spesso hanno fatto nella storia gli Stati Uniti d'America. Kanter sale su un aereo che lo riporterà in quella che da quel momento diventa la sua casa. Enes da quel momento entra a far parte di una sorta di comunità internazionale formata da 10 milioni di persone a cui non è concesso avere una nazionalità. È un apolide.

Mi piace dividere gli apolidi in due categorie. Quelli che lo restano per sempre e quelli che ritornano a casa. Sepúlveda fu esiliato dal regime di Pinochet per la sua attività di intellettuale schierato e pochi giorni fa è morto in Spagna senza essere mai tornato nella sua terra natia, il Cile. Tucidide invece, ne La guerra del Peloponneso ci racconta che dopo la distruzione di Platea, i suoi abitanti sono stati ospitati da Atene fin quando, nel 386 a.C., Alessandro Magno non decise di ricostruire la città e di ridare ai Platesi una casa.

Enes è un ragazzo turco come gli altri, ma non uno sportivo turco come gli altri. Chi segue il suo profilo Instagram ha potuto apprezzare le qualità di un ragazzo comune a cui piace cucinare, andare in giro per Boston e parlare con i suoi fan. A soli 28 anni è già fondatore di tre associazioni benefiche. Gli piace prendersi in giro con LeBron James sui social (con cui condivide una profonda sensibilità per le tematiche sociali). Kanter non ha dimenticato le sue origini e da fiero turco si improvvisa anche chef spiegando le ricette della cucina anatolica. È anche un fervente musulmano che segue alla lettera i precetti dell'Islam. L'anno scorso ha affrontato una serie play-off senza mangiare e bere per tutto il giorno durante il Ramadan.

Nello sport moderno l'unica figura lontanamente paragonabile alla sua è quella di Mohammed Alì, con la differenza che Alì ha rischiato il carcere per aver disertato la guerra in Vietnam mentre Kanter rischia la vita per essersi schierato apertamente contro il regime di Erdogan.  Kanter infatti è un forte sostenitore di Fethullah Gulen, un politico turco auto-esiliatosi negli Stati Uniti del 1999 per aspri dissapori con l’AKP di Erdogan e incolpato dal presidente di essere il promotore del colpo di Stato del 2016, a seguito del quale Kanter ha definito Erdogan l’Hitler del 21esimo secolo. Da quella dichiarazione suo padre ha perso il lavoro e la sua famiglia è stata perseguitata. Chiunque in Turchia avesse affisso un suo poster è stato arrestato e sono state interrogate tutte le persone che gli erano vicine. Kanter ha paura di lasciare gli Stati Uniti tant'è che quando la sua squadra deve affrontare trasferte in Canada o in Europa per gli NBA Global Games lui non vi partecipa. Non per questo però smette di prendere posizione.

Nello sport turco negli ultimi due anni abbiamo assistito sempre più a schieramenti pro o contro il regime. La scorsa estate la nazionale di calcio ha suscitato scandalo con il suo saluto militare dopo i gol durante le qualificazioni all’europeo. Mesut Özil si è rifiutato di giocare con la nazionale tedesca dopo che la il governo Merkel aveva criticato Erdogan ed ha scelto quest’ultimo come suo testimone di nozze. Mehmet Okur, uno dei più grandi cestisti turchi di sempre, ha deciso di stabilirsi definitivamente in California con la sua famiglia e non tornare in Turchia. Lo stesso ha fatto Hakan Şükür, il più forte calciatore turco della storia che dopo essere stato quasi ridotto in rovina nel suo paese per aver contestato il sultano, ha deciso di trasferirsi all'estero. Hedo Türkoglu invece ha deciso di sposare a pieno la causa del regime di Erdogan ed è stato nominato poco dopo presidente della Federazione pallacanestro.

La Turchia è stata per anni il paese più liberale del mondo islamico, usato come modello e membro effettivo della NATO. Atatürk, il padre della patria che negli Anni '20 aveva creato la nuova Repubblica dalle ceneri dell'impero Ottomano era riuscito a togliere la religione dalla scena politica e rendere lo stato laico. Con il passare del tempo, prima come sindaco di Istanbul e poi come presidente, Erdogan ha rimesso la religione al centro della politica utilizzandola come mezzo per ottenere potere e consensi. La Turchia non è un paese libero, anche se fa di tutto per sembrarlo. È 154esima per libertà di stampa al mondo. Nelle carceri turche la tortura è una pratica abituale specialmente dopo il tentato golpe del 2016. La libertà di espressione è gravemente limitata. Nonostante ciò sebbene l'Europa abbia fermato a metà 2019 tutti i negoziati per far entrare la Turchia all’interno dell’Unione, lo sport europeo continua a fare orecchie da mercante. Come sappiamo lo sport non è solo un gioco ma più di ogni altra cosa è politica. Competizioni come la Champions League, l'Eurolega e gli europei di calcio dovrebbero prendere una posizione e adempiere al ruolo sociale che ricoprono.

Non si può ridurre tutto ai soldi, non sempre almeno. Lo sport europeo sta barattando i princìpi e valori che lo contraddistinguono per un mero ritorno economico. Se un ragazzo di 28 anni come Kanter non può cambiare realmente le sorti e smuovere molte coscienze all’interno del suo paese, una forte presa di posizione da parte dei vertici dello sport europeo forse potrebbe. Non far partecipare squadre turche alle competizioni della libera e democratica Europa sarebbe un segnale incredibile. Molti giocatori (Datome, Vesely) andrebbero via da quelle squadre turche perché la loro ambizione è partecipare e vincere l'Eurolega. Inoltre, lo sport assumerebbe un ruolo che negli ultimi anni non ha saputo recitare. Jimmy Carter non mandò i suoi atleti a Mosca in seguito all’invasione dell’Afghanistan, immaginate se Eurolega, Champions League, Uefa e Fiba Europe escludessero per i prossimi due anni la Turchia le sue squadre dalle competizioni continentali. Probabilmente all'inizio ci sarebbe una perdita economica ma forse nel lungo periodo si smuoverebbero le coscienze e qualcosa inizierebbe a cambiare anche all’interno del mondo turco. Se la Turchia vuole politicizzare lo sport, deve assumersi anche le conseguenze dei suoi gesti.

Non si sa se Enes sarà un Sepúlveda del basket o un abitante di Platea. Ha solo 28 anni e giocherà ancora a lungo in NBA. Se la Turchia, come si auspica tornerà ad essere più liberale come era in passato, Enes potrebbe tornare sul Bosforo come l'Ulisse omerico che finalmente dopo anni di peripezie ritorna da eroe a casa. Ma se non dovesse essere così egli finirà i suoi giorni lontano dalla sua terra, dai suoi cari e dalle sue tradizioni. Questa è la battaglia di Enes e di centinaia di altri turchi liberali che all’estero o coraggiosamente in patria lottano per la libertà, ma in piccola parte è anche la battaglia di ognuno di noi che ogni mattina, in quanto uomini liberi, scegliamo da che parte stare.

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Luca Maggitti
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