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Claudio Batta
DAL CABARET AL CABERNET






Intervista al comico che riuscì a battere il Festival di Sanremo con Zelig, sulle difficoltà della gente dello spettacolo durante la pandemia e sui suoi nuovi progetti, legati alla vendita di vini di qualità e al connubio fra vino e teatro.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Giovedì, 13 Maggio 2021 - Ore 15:22

Claudio Batta, milanese di nascita, livornese di crescita, calabrese nel suo personaggio più famoso, è un poliedrico artista che ho avuto la fortuna di conoscere ormai 20 anni fa, quando tenne uno spettacolo a Mosciano Sant’Angelo e lo intervistai per il quotidiano IL TEMPO, per il quale all’epoca scrivevo.

Claudio mi piacque subito, perché è più di un comico. Uomo di cultura e buone letture, non esitò a venire nel 2002 a Notaresco e tenere gratuitamente una performance contro l’ampliamento di una discarica stando vicino ai cittadini che protestavano, così come – nel 2007 – venne a L’Aquila, sempre gratuitamente, per raccogliere fondi per i malati di cancro curati a domicilio dalla onlus L’Aquila per la Vita.

E poi, ormai amici, ogni tanto capita in Abruzzo per passare una bella serata con i tanti che in questi due decenni gli sono diventati cari, primo fra tutti il sempre sorridente Roberto Clementoni. Così è pure capitato di fare una super serata a lui dedicata, con intervista, al circolo virtuoso Il Nome della Rosa, ospiti di Roberto Di Giovannantonio, e averlo come ospite d’onore nella partita di basket dei Forumisti di Roseto.com (lo ‘Ndundee United).

Claudio Batta  venne pure, nella stagione 2002/2003, ad ATV7, ospite di Sotto Canestro, poche settimane dopo aver battuto con il suo Zelig (ha partecipato alle prime 6 edizioni, dal 2000 al 2006) il Festival di Sanremo proprio in occasione del suo ingresso sul palco, nei panni di Capocenere, il calabrese autore di immaginifiche risposte al cruciverba (benedetta “nimmistica”, quante risate ci ha fatto fare!).

Così, sperando che questo tunnel fatto di pandemia – che dura ormai da un anno e mezzo – possa finire presto, ho voluto fargli una intervista per saperne di più sia circa quel che sta facendo nei panni di comico e attore di teatro sia per conoscere meglio il suo nuovo progetto, al quale non posso che brindare, avendo letto da qualche settimana del suo impegno nella commercializzazione di vini di qualità.

Ecco la chiacchierata.

Claudio, come vive un artista che da marzo 2020 non riesce – causa pandemia – a esibirsi dal vivo?
«C’è una grande frustrazione dentro ognuno di noi artisti, disagio psicologico oltre che economico. Per 14 mesi non siamo saliti sul palco, ci hanno tolto il lavoro senza darci nessuna alternativa a esso e nessun ristoro degno di essere chiamato tale. Ancora adesso in moltissimi stentano a crederci. Alcuni sono convinti che anche noi abbiamo beneficiato di una cassa integrazione. Quando parlo con la gente mi guarda stupefatta e mi chiede: “Ma quindi come avete fatto a campare in questi mesi?”. Io, per esempio, come tanti altri miei colleghi, mi sono fatto mantenere da mia moglie che insegna a scuola, alcuni hanno venduto seconde case, altri si sono cercati un altro lavoro. Ma non dimentichiamoci che, oltre agli artisti sul palco, ci sono anche i lavoratori dietro le quinte: registi, scenografi, autori, sarti, tecnici audio e luci, elettricisti, macchinisti, ballerini, coreografi, cantanti di opera, organizzatori, agenti e personale d’ufficio. Sono tante le persone che lavorano per il teatro, la gente non ne ha idea».

Quali sono le maggiori difficoltà incontrate in questi mesi?
«Molte, oltre a quello economico anche quello psicologico. Immaginatevi una persona di 50 anni che, all’improvviso, si trova senza lavoro quante difficoltà può incontrare all’interno del proprio nucleo familiare. Io ho una figlia grande molto comprensiva, che ogni momento cercava di confortarmi e così anche mia moglie, ma non è stato così per tutti. Comunque, più che delle difficoltà incontrate in questi mesi, io ho paura delle difficoltà che il teatro incontrerà nei prossimi anni: la gente avrà la voglia e la possibilità economica di andare a vedere uno spettacolo?».

Nei mesi di lockdown duro 2020 hai cominciato, con alcuni colleghi, a fare streaming sui social, parlando di vino. Com’è nata l’idea?
«“Comicwine” è un format nato per caso, dalla brillante idea di quattro amici amanti del vino che un anno prima si erano incontrati al “DiVino Festival” di Castelbuono in provincia di Palermo. Io e i miei colleghi e amici Dario Cassini e Gianluca Impastato, insieme a Luca Martini – Campione del Mondo dei Sommelier nel 2014 – abbiamo  quindi deciso di andare in diretta ogni giorno su Facebook (le puntate sono ancora visibili sulla mia pagina) riscuotendo grande successo. Penso che sarebbe un bellissimo format di successo anche per la TV ma purtroppo parla di vino, quindi di alcol... e quindi andremmo incontro a molti “no” da parte dei vari direttori di rete, che però sono favorevoli alla TV spazzatura che, a mio avviso, fa più danni di un bicchiere di vino».

Dalle risate sul vino a un progetto “serio” sul vino. Quando e come è nata l’idea di “SETTEVERTICALE – I vini di Claudio Batta”?
«Era un desiderio che avevo da tanto: vedere un’etichetta di un vino col mio nome. Così, a un certo punto, mi sono detto: perchè non provarci? Tanto non è che avessi molto da fare! “Chi non osa nulla, non speri in nulla”, diceva Friedrich Schiller. Io ho osato, come spesso faccio, e per ora sta andando bene».

Perché quel nome?
«Perchè quando faccio le parole crociate sul palco, la prima definizione è sempre SETTEVERTICALE».

Quali vini finora sono ammessi nella tua “collezione privata da offrire al pubblico”?
«Al momento, solo vini piemontesi: Arneis, Nebbiolo e Barbaresco (i produttori con i quali collaboro sono nelle Langhe), ma a breve arriverà anche uno champagne, direttamente dalla provincia di Reims».

Come concilierai il tuo lavoro artistico con quello nel mondo del vino?
«E chi lo sa?! Col vino ho appena cominciato, col teatro non ho ancora ripreso... ci sarà da ridere... o da piangere! Sarà faticoso mantenere entrambi i lavori, ma farò il possibile. Perciò ho già pensato a un format che unisce entrambi: una via di mezzo tra una degustazione alla cieca e uno spettacolo di cabaret».

E come si chiama questo tuo prossimo progetto?
«Dal cabaret al cabernet».

Grazie, Claudio. Complimenti per la solita verve e un fortissimo in bocca al lupo per tutto!

Luca Maggitti
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