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Roma Amor [Riflessioni dalla Capitale, di Mario Martorelli.]
RIFORMA DELLA GIUSTIZIA: QUELLI CHE SCIENTIFICAMENTE NON PAGANO L’AFFITTO E QUELLI CHE NON PAGANO I DIPENDENTI...


Mario Martorelli, avvocato, ci prende per mano e conduce nella giungla della Giustizia, armato del machete della parola.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 17 Novembre 2021 - Ore 11:00

Ho nell’orecchio un tormentone: “La riforma della Giustizia”.

Ogni volta che lo sento, mi ritorna alla mente il ritornello di “Grazie dei fiori” cantato da Nilla Pizzi. Chi è vecchio come me se la ricorda bene perché, ogni volta che accendevi la radio, questa signora c’era sempre. Tutti cantavano “Grazie dei fiori”, così come oggi tutti parlano della riforma della giustizia.  

Per rimanere in tema, visto che questa “benedetta riforma”  ancora non s’è fatta, prendo atto che i  Radicali presentano un referendum che la riguarda e ad essi si unisce la Lega di Salvini.

Il Parlamento, “poverino”, sempre così impegnato a legiferare,  per “fare” una vera riforma potrà dunque disporre di tutto il tempo necessario alla raccolta delle firme prima ed all’esame dei risultati del voto popolare poi.  

Personalmente nutro forti dubbi sul fatto che all’esito di un Referendum seguirà una legge del Parlamento in linea con la volontà popolare. Vabbè , dite pure che sono un inveterato pessimista.  

Per affrontare il tema nella sua interezza occorrerebbe essere degli studiosi ed io non lo sono. Cercherò di esporre quel poco che credo di sapere e mi porrò in attesa di ricevere le correzioni al mio certo sproloquiare.  

Un primo dubbio mi assale: per riforma della Giustizia s’intende la sola lenta elefantiaca Macchina-Apparato  della Giustizia, oppure anche la contestuale produzione di leggi in sostituzione di quelle divenute obsolete?

Una primo stacco lo merita il diritto civile. Tutti sappiamo che le controversie civili vengono amministrate dal magistrato che s’interessa di affari civili. Da dove comincio? Dall’esperienza giornaliera di tanti italiani. Gli esempi A e B dovrebbero essere una guida.  

A
Un proprietario di due case, ne cede a me una in affitto. Fa redigere il contratto ad un avvocato. Sono presenti una serie di clausole che prevedono penali a mio carico in caso di inadempimento. Io sottoscrivo tutto e più volte.  
Verso la caparra che mi viene richiesta, m’installo nell’appartamento e dal sesto mese successivo al mio ingresso, smetto scientemente di pagare il canone di locazione.    
Secondo il diritto civile, il mio comportamento rappresenta un classico “illecito civile”.  
Se mi trovassi negli Stati Uniti d’America, per quel che si vede in TV, il proprietario chiamerebbe lo Sceriffo della Contea, io sarei cacciato fuori casa  “subito”, ed i miei figli minori verrebbero affidati all’assistenza sociale.  
“Lo so, questa normativa è troppo dura, pure per un birbaccione come me!”.
Siamo in Italia e vigono leggi diverse. Il proprietario attenderà, sperando che io mi “converta”, e trascorso quasi un anno, a proprie spese, incaricherà un legale per chiamarmi davanti ad un giudice.
Di fronte a questa nuova situazione che faccio? Pago? Ma manco per sogno! Chiedo al mio avvocato che il proprietario mi risarcisca i danni conseguenti ai lancinanti dolori reumatici, che mi hanno assalito dal momento in cui sono entrato in possesso dell’appartamento nel già caldo mese  di giugno.
Il giudizio qui a Roma, se va bene, durerà tre anni durante i quali io mi guarderò bene dal pagare il canone. D’altronde... sono o no un birbaccione?  
All’esito del processo, il proprietario ottiene una sentenza a sé favorevole che però dovrà eseguire, vale a dire dovrà intraprendere ulteriori attività per rientrare a casa sua. Ciò vuol dire che passerà ulteriore tempo e dovrà sostenere altre spese.  
Alla fine, ma proprio alla fine,  visto che io sono un buon birbaccione, accetterò una buon’uscita dal proprietario e gli concederò il possesso del suo appartamento. Quanto al resto delle spese se le “ciuccerà” tutte e rinuncerà, ovviamente, ai canoni di locazione da me non pagati.
Il proprietario, stante la vigente normativa sarà contento di  essere rientrato in possesso di un proprio bene dopo che sono passati soltanto quattro anni!
E se il proprietario è invece uno di quelli che “fanno le cause per principio” e non vuole darmi la buon’uscita?  
E che problema c’è?  Alla fine, ma proprio alla fine, lascio la casa di notte e divengo uccel di bosco. Chi riuscirà a trovarmi vincerà un abbonamento annuale al Teatro Sette in prima fila!
Il proprietario, per entrare in casa, pur disponendo di una specifica autorizzazione, dovrà farlo col fabbro e un ufficiale giudiziario, visto che ho lasciato la porta ben chiusa. Povero padrone di casa: ancora spese. E i canoni di locazione?  Beh, allora dimmi che vuoi la moglie ubriaca e la botte piena!
Con l’esempio che precede ho forse dato l’idea di avere riguardo soltanto per il ricco proprietario? Va bene, vado col proletario!
 
B
Sono operaio e vernicio barche in un cantiere navale. La mia famiglia campa col mio salario. Il proprietario del cantiere va in giro su una Porsche in compagnia di “scosciate che più scosciate non si può”.  
Ad un certo momento comincia a pagarmi a spizzichi e bocconi, fino a che smette totalmente perché lui dice: ha “problemi di cassa“.  
Resisto un anno e dopo mi rivolgo ad un avvocato. Causa davanti al  giudice del lavoro che tutti dicono essere più “celere”. Il giudizio è invece lungo tre anni ed altresì  fastidioso.
Non vi stresso col processo ed arrivo subito al suo esito. Sono passati quattro anni e non ho preso un euro. Il proprietario risulta non essere proprietario, ma gestore per conto di un tale nullatenente che risulta essere una testa di legno.  

Questi due soli esempi sono sufficienti a rappresentare la necessità della riforma della Giustizia, oppure continueremo a sentire il ritornello di “Grazie dei fiori”?
 
E sul processo penale?
Alla prossima puntata, se non sarò sorpassato in corsa dalla riforma!
 
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Mario Martorelli
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