Aldo Moro – Segretario della Democrazia Cristiana – sulla spiaggia di Terracina, con una figlia, nel 1961.

Enrico Berlinguer – Segretario del Partito Comunista Italiano – preso in braccio da Roberto Benigni, prima di una manifestazione della Manifestazione della Federazione Giovanile Comunista Italiana a Roma, nel 1983.

Due immagini che, per quanto diverse, parlano di autorevolezza della Politica.

Che per rispetto del popolo che rappresenta si presenta in giacca in spiaggia e che viene presa in braccio dalla cultura militante (e non il contrario).

Venendo agli Anni 2000, diciamo una quindicina di anni fa, mi ricordo una Politica – anche locale – che nei confronti del popolo e della cultura ampiamente detta (letteratura, arte, sport) agiva senza sconfinare nel kitsch (la menzogna nell’arte, per dirla con Umberto Eco... la menzogna nelle sue varie forme, mi permetto di chiosare).

Questo significava, ad esempio, che quando c’erano ospiti importanti per meriti o anche soltanto noti ma amati dal popolo, si provvedeva a selezionare fra le fasce deboli e le classi più svantaggiate delegazioni soprattutto di giovani, per incontri che privilegiassero proprio i meno abbienti.

Così come quando arrivava qualcuno bravo che poteva aiutare qualche ancora misconosciuto talento locale, la Politica provvedeva a spendersi in tal senso. E qui cito puntualmente ciò che fece il Sindaco di Roseto degli Abruzzi, Franco Di Bonaventura, presentando a Massimo Ranieri l’allora sconosciuto ragazzino Gianluca Ginoble, prima del concerto del grande artista napoletano al PalaMaggetti (lo stesso Sindaco che organizzò una delegazione di una onlus che si dedicava alle fasce più deboli per far loro incontrare Gianni Morandi, sempre prima del concerto al PalaMaggetti del Gianni nazionale).

Oggi tutto è cambiato. Secondo molti c’è stata una evoluzione anche in Politica. Secondo me, no.

Perché ieri la Politica – quando era coinvolta avendone titolo e diritto, beninteso – favoriva l’incontro delle fasce deboli con i volti noti, mentre oggi punta essa stessa ad avere il primo selfie.

La Politica dell’epoca non esercitava una pelosa carità demagogica, bensì operava in modo autorevole.

La politica di oggi è felice di mettersi in prima fila. Anche in mutande, se necessario.

Che è come se Franco Di Bonaventura, invitando Mario Luzi alla Civica Biblioteca, si fosse proposto lettore dei versi del poeta, invece di chiamare un grande attore a farlo. Come in effetti fece, coinvolgendo il mai troppo compianto Renato De Carmine.

Perché la Politica governa e sa stare al proprio posto, dominando le smanie – anche nell’epoca del combinato disposto fra società dello spettacolo e mezzo/messaggio dopato dai social media – di apparire dappertutto e a ogni costo.

In altri termini: la Politica autorevole visita una fabbrica restando governo del paese e dando risposte sui temi in agenda; la politica spicciola dei “selfie-mad men” (calembour di “self-made man”... che qui tocca pure spiegare le battute) si mette invece casco e tuta e scherza con gli operai, “selfando” a tutto spiano perché non ha la forza di dire nulla a livello strategico, abdicando alla sua funzione di Politica.

La Politica autorevole – se impropriamente convocata a una partita di leggende sportive – lascia spazio a qualche giovane meritevole o svantaggiato, per regalare un momento di festa a chi vive faticosamente.

Contenti lorsignori...

POST SCRIPTUM
Calembour: freddura fondata su un gioco di parole.

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