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Libriamoci [invito alla lettura]
LULA, IL PRESIDENTE OPERAIO.
Il libro ‘Lula – Storia di un leader brasiliano’ del 1989.

In Italia è tornato di moda Silvio Berlusconi, sceso in campo nel 1994. In Brasile oggi si vota e potrebbe tornare di moda Lula, salito dalla fabbrica alla presidenza dal 2003 al 2011. Questo libro, del 1989, parlava della novità del politico.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Domenica, 02 Ottobre 2022 - Ore 11:45

[Estratto dalla 2^ di copertina.]
Questo volume è dedicato a uno dei personaggi più nuovi e interessanti del Brasile contemporaneo – Luis Inacio Lula da Silva – e all’esperienza dell’unico partito “moderno” – il Partito dei Lavoratori – della sinistra di quel paese; vuole essere un contributo alla comprensione di una realtà contraddittoria e in gran parte ancora ignota.
Nei saggi di alcuni studiosi, nella recentissima intervista a Lula e nella raccolta dei suoi interventi, vengono affrontati con un’ottica insieme militante e profondamente nazionale, scottanti problemi attuali: dal debito estero del Brasile al ruolo dei militari, dalle elezioni presidenziali alla questione ambientale e al suolo dei sindacati.
La visione, insomma, di una “nuova sinistra”: punto di riferimento per l’America latina e per quanti in Italia non intendono adeguarsi agli stereotipi informativi e politici dei mass-media.

[Estratto da pagina 7.]
Quando luis Inacio Lula da Silva è stato l’ultima volta in Italia, alla fine di febbraio del 1989, quasi tutti i mass media hanno riportato la notizia e alcuni giornali hanno anche pubblicato delle interviste. Dopo tutto, quel barbuto ex operaio che girava senza cravatta e si ritrovava un nome difficile – non poche volte riportato errato – era il leader del partito che aveva vinto a sorpresa le elezioni municipali brasiliane nel novembre precedente, eleggendo tra gli altri il sindaco (donna) di San Paolo, la più grande ed importante metropoli dell’America latina. Inoltre sembrava allora che Lula e il suo partito, il PT (Partito dei Lavoratori), avessero praticamente già in tasca la vittoria nelle elezioni presidenziali del novembre successivo, le prime dopo vent’anin di dittatura militare. E il Brasile – fuori dal cliché “samba,, mulatte, spiaggia e carnevale” (e recentemente anche “indios e Amazzonia”) purtroppo ancora caro a parte della stampa italiana – è pur sempre l’ottava potenza industriale del mondo occidentale.

[Estratto da pagine 15, 16.]
Storia di un operaio
di Frei Betto

In piena campagna per le elezioni del novembre 1989, gli 82 milioni di elettori brasiliani si trovano di fronte a un fatto inusuale: in una lista che comprende ventidue candidati, tra i quattro nomi più quotati figura quello dell’operaio metallurgico Luis Inacio Lula da Silva, di quarantaquattro anni.
Il fenomeno Lula riflette l’ampia gamma di contrasti della realtà brasiliana: considerato l’ottava potenza economica del mondo, con un PIL di 347 miliardi di dollari e una popolazione di 147 milioni di abitanti – dei quali circa 57 milioni sono economicamente attivi malgrado più della metà riceva un salario mensile inferiore a cento dollari – il Brasile ha un debito estero di 120 miliardi di dollari; a ciò si aggiunga che i 2/3 dei brasiliani non consumano giornalmente le calorie richieste da una sana alimentazione.
Dall’83 all’89, il governo brasiliano ha ricevuto in prestito dall’estero quindici miliardi di dollari, ma nello stesso periodo ne ha pagato di interessi sessantasei alle banche internazionali: ovvero undici volte l’ammontare  delle riserve statali del paese alla vigilia della successione alla presidenza di José Sarney.
Indicato candidato alla presidenza della repubblica dal Partito dei Lavoratori (PT), Lula ha ricevuto l’appoggio diretto del Partito Socialista Brasiliano (PSB), e del Partito Comunista del Brasile (PD do B): ciò ha reso possibile la formazione del “Fronte Brasile Popolare”, che sostiene la sua candidatura.
Ma come spiegare la presenza nella successione presidenziale di un tornitore meccanico – con appena un diploma di scuola elementare – che ha guidato gli scioperi operai più importanti nella storia del paese? La risposta esige che si consideri il Brasile come una specie di “Belindia”, ovvero un misto di Belgio e India.
Terzo produttore mondiale di microcomputers e sesto nella produzione di armi, il paese occupa il cinquantaseiesimo posto nella scala mondiale dello sviluppo sociale e l’ottantanovesimo per la destinazione di risorse pubbliche al settore educativo. Sottomessa per secoli alla dominazione coloniale portoghese, intrappolata in una economia estrattiva e agricola basata sulla mano d’opera degli schiavi e rivolta ai mercati esteri, l’oligarchia del paese solo nel periodo tra le due guerre mondiali – grazie alle condizioni createsi – potè trasferirsi dalle campagne alle città.
I figli dei “re del caffè” divennero i nuovi baroni dell’industria, favoriti da una situazione internazionale di conflitto che permise al Brasile di diminuire il livello delle importazioni.
Getulio Vargas, “Caudillo” populista che governò il Brasile col pugno di ferro dal 1930 al 1945, gettò le basi dell’industrializzazione, centralizzandola nel sud-est del paese. Le miserabili condizioni di vita delle popolazioni del nord-est – controllato dal potere dei proprietari di zuccherifici e dal clientelismo politico – stimolarono l’esodo rurale verdo l’”Eldorado” delle ciminiere, causando, così, il moltiplicarsi delle “favelas” nelle periferie urbane.

Mario J. Cereghino, Giancarlo Summa, saggio introduttivo di Frei Betto.
LULA
Storia di un leader brasiliano
Edizioni Associate, 1989, Lire 10.000.


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Luca Maggitti Di Tecco
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