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DNA Silver – Modus FM Roseto Sharks
MARCO VERRIGNI: STAGIONE POSITIVA, CHE QUALCUNO VUOLE FAR PASSARE PER FALLIMENTARE.
Marco Verrigni e coach Tony Trullo.
[Mimmo Cusano]


Marco Verrigni e Kevin Sowell.
[Mimmo Cusano]


Marco Verrigni e coach Phil Melillo.
[Mimmo Cusano]


Intervista di fine stagione al direttore sportivo del Roseto Sharks.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 03 Maggio 2014 - Ore 16:30

Marco Verrigni, direttore sportivo del Roseto Sharks 2013/2014 e team manager di quello 2012/2013, fa il suo bilancio al termine del campionato.
 
In un precedente articolo, abbiamo scritto che il presidente del Roseto Sharks, Ettore Cianchetti, è lo zio di Marco, mentre è il cugino dello scomparso padre. Ci scusiamo dell’inesattezza con Ettore Cianchetti e Marco Verrigni.
 
Ecco l’intervista.
 
Marco, alla fine del tuo primo campionato da direttore sportivo, come giudichi la stagione del Roseto Sharks?
«A livello di risultato finale do un giudizio positivo, in quanto la Società mi ha più volte chiesto una salvezza tranquilla, risultato ottenuto con 4 giornate di anticipo. Se poi consideriamo che la classifica finale è stata falsata dall'esclusione di Lucca, la stagione è ancor di più positiva, visto che, secondo alcune ipotesi di punti tolti e restituiti, noi avevamo quasi sicuramente centrato i playoff, avendo fatto 30 punti sul campo. Poi è ovvio che io, come lo staff e via dicendo, volevamo ottenere qualcosa di più dall’obiettivo minimo, ma non sempre si può ottenere ciò che si vuole. Io credo che si debba guardare il bicchiere mezzo pieno, perché se la cattiva sorte – con i suoi troppi infortuni – non si fosse accanita su di noi in determinati frangenti, forse adesso staremmo preparando Gara 1 dei playoff».
 
Una magata che hai fatto e della quale ti compiaci?
«Le magie lasciamole ai vari Casanova e Silvan. Io ritengo, nel biennio dirigenziale in cui la squadra ha centrato la finale e acquisito la salvezza con 4 giornate di anticipo, di aver fatto nel complesso bene. Certo fra errori, dubbi, incertezze e cose positive che il mio ruolo comporta, operando nella piazza più difficile della categoria e in mezzo a tante difficoltà, che chi è al di fuori non può e non deve vedere e sapere».
 
Un errore che ti rimproveri e che non rifaresti?
«Non per forza devo rimproverarmi degli errori. Se ci sono stati, io dico che dietro errori o cose giuste non c’è il lavoro del singolo ruolo: cose giuste o sbagliate sono il frutto del lavoro di equipe».
 
Come è stato possibile sbracare così a Ferrara?
«Temevo una brutta prestazione, prima della gara di Ferrara, perchè conosco i limiti, caratteriali e di concentrazione di alcuni della nostra squadra, che ci hanno accompagnato nell'arco della stagione. La sosta pasquale in questo non ci ha aiutato,  posizionata dopo la brillante vittoria esterna di Matera e quella casalinga contro Firenze. Ho fatto, a fine gara, i complimenti ai ragazzi per il campionato che hanno disputato, ma ho anche detto loro che hanno purtroppo lasciato un pessimo ricordo: società, tifosi e addetti ai lavori ricordano quasi sempre quello che fai alla fine della stagione e la nostra squadra, con quel tipo di prestazione, non ha chiuso proprio in bellezza la regular season».
 
La cosa che ti ha più fatto piacere della stagione?
«Non ce c’è una in particolare. Forse la serie di vittorie esterne in campi difficili quali Mantova, Treviglio, Matera, Recanati, Firenze, avvenute sempre in circostanze psicologiche difficili, come le contestazioni subite fra le mura amiche, a dimostrazione che questi ragazzi forse dell'orgoglio dentro di loro ce l'avevano e che forse qualcuno di  loro faticava a tirarlo fuori sempre».
 
La cosa che ti ha più deluso?
«Mi ha deluso e mi sta deludendo la troppa esasperazione che c’era dietro questa squadra, il continuo voler fare polemica e cercare il singolo da punzecchiare domenicalmente. Il messaggio che sta passando nella piazza è quello di un’annata disastrosa e io non lo condivido. Si poteva fare meglio, ma buttare tutto alle ortiche con una salvezza ottenuta in mezzo a tantissime difficoltà, mi sembra molto riduttivo. Il tifoso, ovviamente, può essere libero di vederla come vuole, ma dal sottoscritto è sempre uscita la parola salvezza o, al massimo, provare ad entrare nella griglia playoff. Poi non so da dove vengano altri tipi di convinzioni, ma sognare è un diritto di tutti: il prossimo anno, può svegliarsi un tifoso dell’Atalanta e credere di poter competere con la Juventus per la vittoria finale dello Scudetto. Io devo invece essere realista per il ruolo che ricopro, anche se una fetta di sogno la lascio sempre con me».
 
Alex Legion. Intuito nel prendere un giocatore chiacchierato che si è rivelato un MVP, solo fortuna o che altro?
«Legion è un giocatore che quando lo vedi giocare – e io l’ho visto in filmati della sua passata stagione in Ungheria – impressiona subito per la facilità di poter colpire in tanti modi. Ha buonissime doti tecniche, contornate da una forza fisica devastante in questa categoria. Quindi non mi restava che ingaggiarlo, avendo un po’ di intuito e mettendo da parte le voci sul suo aspetto caratteriale, cosa che quasi nessuno – fra le altre squadre di Silver – ha fatto. Noi sì ed il risultato è sotto gli occhi di tutti».
 
Kevin Sowell. Potevate gestirlo meglio quando volevate cederlo, invece di farlo incupire così?
«Il giocatore che hai appena citato, più che farlo incupire noi credo sia incupito di suo. Secondo me, il suo caso è stato gestito non bene, ma benissimo da parte di qualcuno. Altri non hanno fatto forse le cose giuste quando si doveva, ma nessun rimpianto. Io penso che un giocatore professionista debba pensare a parlare di meno e giocare di più. Nello sport le chiacchiere stanno a zero e io credo che noi lo abbiamo aspettato anche troppo. Io l’ho difeso anche quando non dovevo e ti dico che farei tornare non Conger, ma 10 Conger per farlo svegliare, visto che peggio di come stava giocando non poteva giocare. Abbiamo regalato, per ben 3 mesi, un giocatore americano alle altre squadre. È stata una mia scelta ingaggiarlo, ma sono anche convinto che in un determinato momento andava tagliato per il bene della squadra».
 
Nika Metreveli. Impiegheresti ancora tutto quel tempo per portarlo a Roseto?
«Il vero Nika, purtroppo, non l’abbiamo mai visto a Roseto. Certo che impiegherei il tempo speso dietro di lui: giocatore dalle qualità tecniche incredibili e ragazzo super, al contrario di quanto si pensava o si pensi. Forse, appena dopo l'infortunio, andavano fatte scelte diverse e si poteva provare a fare una rescissione con il suo disponibilissimo agente. Sapevo, almeno io, che i tempi sarebbero stati lunghi così come sarebbe stato altrettanto lungo il tempo per fargli ritrovare una condizione giusta. Purtroppo, il campionato è finito».
 
Tony Trullo. Un tuo giudizio sul campionato fatto dal coach che hai voluto al posto di Phil Melillo?
«Premetto che Tony Trullo faceva parte di una lista di 3 candidati, allenatori da me elencati alla società quando si è deciso di avvicendare il vecchio coach. La società – e dico la società, non Marco Verrigni – non ha avuto nessun tipo di dubbi nello scegliere lui, secondo me facendo una cosa più che giusta. Definisco Tony un bravissimo allenatore e, soprattutto, ritengo che abbia fatto un gran lavoro, cambiando volto a questa squadra e trovando un equilibrio che mai avevamo avuto prima di lui, alzando anche il livello delle prestazioni di alcuni singoli, su tutti Alex Legion che fino al suo arrivo era un giocatore americano normale. Mi fa specie leggere una dichiarazione di Alex, in cui dice che non è cambiato nulla da una gestione all'altra! Detto questo, allenare in corso una squadra che non è tua non è mai facile, come ci insegna Attilio Caja a Firenze, che ha avuto la possibilità di cambiare ben 5 giocatori con il risultato di una retrocessione. Quindi, secondo me, Tony ha grandi meriti nella stagione del Roseto Sharks».
 
Phil Melillo. Hai detto che se fosse rimasto lui il Roseto sarebbe retrocesso. Perchè?
«Non ho fatto il suo nome, ma ho parlato di avvicendamento della guida tecnica. Questo per far capire che non c’era e non c’è nulla di personale verso il precedente coach, da parte mia. Voglio solo chiarire che nella mia dichiarazione nella emittente televisiva Teleponte ho detto che se in quel determinato momento, con i problemi che avevamo, non ci fosse stata una scossa forte con un cambio di rotta di quel tipo, oggi quasi sicuramente eravamo qui a parlare di una retrocessione in DNB. Lo sport funziona così: a volte non puoi cambiare 10 giocatori e a pagare è quasi sempre uno e cioè il coach. Poi, anche qui mi fa specie che il sottoscritto passi per il solo responsabile di quell’avvicendamento, ammesso che sia una colpa, e alcuni atleti cupi, che hanno fatto un gran lavoro dietro, diventino come d’incanto suoi amici per la pelle!».
 
Futuro. Hai il contratto per la prossima stagione? Cosa ti piacerebbe fare? 
«Non ho nessun tipo di contratto, il mio accordo è praticamente terminato e non ho parlato con la società. O, meglio, ho espresso le mie considerazioni in privato alla proprietà sulla passata stagione. Saranno loro a valutare se io debba continuare a lavorare o no per il Roseto. Poi sarò io a decidere se voler continuare a lavorare per loro. Io voglio continuare a fare quello che ho iniziato da due anni: se ci sono i presupposti per continuare a farlo a Roseto bene, altrimenti farò tesoro delle mie esperienze e sarò pronto per farlo da qualche altra parte».
 
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Roseto Sharks 2013/2014
Interviste di fine stagione.
 
ALEX LEGION, giocatore.
 
Luca Maggitti
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