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Sabato, 27 Aprile 2024 - Ore 2:00 Fondatore e Direttore: Luca Maggitti.

Donne che fanno imprese [Giannicola De Antoniis Bacchetta]
GAIA CIOCI
Gaia Cioci.

Gaia Cioci e Giannicola De Antoniis.

Giannicola De Antoniis Bacchetta, business coach rosetano, intervista imprenditori e liberi professionisti che hanno avuto successo.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 28 Agosto 2018 - Ore 12:15

Oggi con noi Gaia Cioci, Manager nell'ambito del credito, per il quarto appuntamento con “uomini che fanno imprese”.

Ci tengo a precisare che queste interviste non servono per far emergere, incensare o adulare il personaggio di turno ma per dar loro la possibilità di essere utili. Ci offrono spunti pratici e pensieri interessanti per dar forma ad un futuro migliore, per chi sa e vuole approfittarne, attraverso questa memoria scritta.

Niente è più interessante del modello mentale, dei pensieri, dei presupposti, delle credenze, della visione di persone che ce l’hanno fatta, di imprenditori innovativi, di liberi professionisti all’avanguardia che si raccontano con il loro personale modo di esprimersi, con il loro singolare linguaggio.

Perché, alla fine, l’elemento indispensabile è sempre quello: le persone.
E nessuno dovrebbe mai fare l’errore di preferire un oggetto ad una bella conversazione…

Per tutto questo ringrazio Luca Maggitti, perché senza di lui tutto questo non si sarebbe realizzato.

Ognuno come può…
Abbi Gioia!

Giannicola De Antoniis
Business Coach


PS - Alla fine, trovi il link per vedere il video integrale dell’intervista e in più puoi scaricare un micro-report speciale in omaggio che ti aiuta nel tuo Business

Domanda- Eccoci per il quarto appuntamento con “uomini che fanno imprese” e come al solito diamo consigli a chi ci ascolta e soprattutto a coloro che sono liberi professionisti e imprenditori. Oggi però c’è una rottura di schema, perché il titolo è “uomini che fanno imprese” ma come è evidente oggi abbiamo con noi una bellissima ragazza che è Gaia Cioci.
Oggi Gaia ci racconta un po’ come aiuta e come contribuisce a creare business per la sua azienda e per i suoi clienti. Quindi, dacci qualche informazione.
Risposta- Io sono marketing e sales director per la società che si chiama CRIF SPA (Crif: centrale rischi finanziaria). È una società che ha 33 sedi tra Italia e il resto del mondo e che lavora sostanzialmente per banche e finanziarie, facendo prodotti e servizi per il sistema bancario e in primis è nata tanti anni fa come banca dati che collezionava i finanziamenti concessi a privati e aziende.

D- Tu hai una squadra che devi guidare perché nel tuo ruolo hai delle persone che fanno parte del tuo team. In questa attività che svolgi ti senti più un manager o più un leader? E c’è differenza tra i due ruoli?
R- A mio avviso un manager deve essere leader e un leader deve essere manager, nel senso che le due cose devono in qualche modo coesistere quindi il buon leader è buon manager e viceversa, non so se sono una buona manager e una buona leader ma diciamo che l'esperienza mi ha insegnato che per essere leader bisogna saper gestire le persone, ascoltarle, indirizzarle, guidarle e soprattutto ascoltarle sul lavoro che è forse la cosa più impegnativa.

D- Quindi queste che hai citato sono le caratteristiche per essere un leader efficace?
R- Sicuramente per essere un leader efficace bisogna essere il primo e stare sul pezzo. Quindi non bisogna risparmiarsi e dire agli altri cosa fare ma mettersi a fare le cose in prima battuta e quindi dare l’esempio. Essere i primi ad arrivare la mattina ed essere gli ultimi ad andarsene la sera, essere disponibili ed esserci, essere sempre sul pezzo e quindi capire esattamente di cosa si sta parlando. A volte si gestiscono delle persone che fanno dei lavori anche molto tecnici, di dettaglio, dai quali tu sei un po' fuori perché hai una posizione più alta ma non bisogna però perdere la conoscenza; magari nel super dettaglio non sai come fare le cose però sai più o meno qual è l'obiettivo e sai cosa sta facendo quella persona. Questo è molto importante perché altrimenti non si è credibili.

D- Quanto è importante essere donna nel mondo del lavoro e nell'attività che svolgi tu?
R- Sicuramente essere donna è un plus, penso che sia un plus per le aziende, penso che non debba essere un elemento distintivo nel senso che molte donne giocano in difesa nel lavoro, cercano di assomigliare molto agli uomini, invece bisogna imparare delle cose dal mondo maschile, sicuramente molto più abituato a guidare e a gestire le persone e poi però mantenere le proprie caratteristiche più femminili. Ad esempio gli uomini sono molto più concreti, un po’ più semplici e lineari all’obiettivo e meno emotivi, ecco le donne devono imparare ad essere meno emotive penare meno a dimostrare, nel senso che si dimostra poi con il lavoro che si fa, quindi essere abbastanza pacate perché la donna che si arrabbia diventa isterica. Pacate ma determinate e sempre molto serie sul lavoro perché poi l’uomo può “sbragare” ma la donna no!

D- Abbiamo parlato in maniera molto rapida della differenza, sul lavoro, del mondo maschile con quello femminile ma tu hai fatto l’università negli Stati Uniti, quindi quanto ti ha aiutato apprendere una cultura nella quale tu hai vissuto degli anni, e forse gli anni più belli per un ragazzo che sono quelli dell’università, gli anni nei quali si esce dall’adolescenza e si inizia ad essere maturi e guardare il futuro. Quanto questo momento, questi anni della tua formazione, ti sono utili oggi nella tua attività?
R- Sicuramente ci sono 3 aspetti che io mi porto dietro da quella formazione. Poi avendo fatto l’università li, avendo fatto dopo anche l’università qui, sicuramente ci sono cose che insegnano gli Stati Uniti e molte cose che insegna l’università in Italia. Le tre cose a mio avviso sono:  il fatto di non risparmiarsi e di pensare che tutto sia possibile. In America tutto è possibile. Noi a volte, come popolo italiano, ci piangiamo un po’ addosso. Loro sono quelli del “yes we can”, e quindi cercare, anche noi, di andare sempre con quell’approccio del “ma sì, perché non si può fare?”
Un altro aspetto è sicuramente l’approccio calvinista che loro hanno, il fatto di lavorare e di non perdersi, di stare sul pezzo, di cercare una approccio più razionale, lineare per arrivare all’obiettivo, loro lavorano molto con gli obiettivi. Noi stiamo arrivando tutti quanti a lavorare con gli obiettivi e questa è una cosa molto positiva, quindi se tu hai un obiettivo, una scadenza da rispettare ed essere pronto giorni prima non il giorno dopo la scadenza. Questo è un insegnamento positivo.
Il terzo, il più importante è il fatto di dare ascolto a chiunque intervenga. Ovviamente non a caso ma diciamo che noi molto spesso reprimiamo le persone più giovani che magari entrano in un gruppo di lavoro, lavorano con te e siamo portati a pensare “ma questo cosa ne sa, è appena arrivato”, invece chi non è immerso in una cultura aziendale molto spesso capisce delle cose che tu non riesci più a vedere perché sei perso lì dentro. Quindi quando c’è un contributo fresco va valorizzato sempre e dire: “questo è un buon punto ma forse considera che ci sono questi altri aspetti”, invece di stroncare con un: “no no, che stai dicendo”. E questo è un atteggiamento importate per far sì che le persone continuino a dare il loro contributo.

D- Questo è molto bello e sopratutto molto utile, quindi sarà utile anche per chi ci legge perché sono dei consigli veramente fantastici quelli che ci stai dando. Tu hai una grande esperienza però stai sempre in una sola azienda, io ti dico che girandone diverse, quello che tu dici è veramente indispensabile da avere e sopratutto da consigliare, se poi si riuscisse anche a mettere in pratica saremmo forse dei piccoli Stati Uniti.
R- A me è rimasto in mente il racconto dell'amministratore delegato dell’IBM, cha ha portato l'IBM al livello dove è arrivata negli anni, che prima di arrivare lì era l'amministratore delegato di un'azienda di biscotti. Quando lui entrò la prima volta in azienda disse “io di computer non ne so niente, io vengo da un'azienda di biscotti”, il che significa che il punto di vista esterno dà sicuramente un contributo positivo.

D- Siccome hai parlato di ragazzi, di giovani che entrano, e tu hai delle figlie che ormai si stanno preparando ad entrare nel mondo del lavoro da qui a pochi anni, qual è il consiglio che puoi dare ai giovani e soprattutto alle ragazze, visto che tu sei una donna? Quindi in questo momento ti chiedo io di parlare alle ragazze che stanno studiando e che vogliono fare la carriera in un'azienda come quella che hai fatto tu. Quali sono i consigli utili da dare e casomai anche quali sono delle cose da prendere dai giovani che possono risultare utili anche per persone con esperienza come te?
R- Secondo me ci dobbiamo mettere nella mentalità e le cose da prendere sono superiori rispetto alle cose che possiamo dare, perché solo così riusciamo ad andare avanti.
La prima cosa per un giovane che si affaccia al mondo del lavoro è di non avere paura, di andare avanti, senza limitazioni e cercare di dare il meglio di se stessi. Poi se uno cerca di dare il meglio di se stesso e si prepara pure, di solito arriva. È faticoso, ci sono tante cose da mettere insieme e alcune ogni tanto scricchiolano un po’ nel percorso di vita, però alla fine si gestiscono le priorità. E poi, sopratutto se uno viene da Roseto degli Abruzzi può andare ovunque nel mondo!
Quando sento qualcuno con l’accento abruzzese, ad esempio sul treno quando viaggio per lavoro, chiedo: “sei di Roseto degli Abruzzi, del centro del mondo?”. Perché se uno viene da Roseto non può sbagliare. A parte gli scherzi, quindi, non avere paura, andare, dedicarsi, fare le cose al meglio e avere sempre una certa integrità morale perché alla fine paga sempre. Nelle aziende di medie/grandi dimensioni ci sono molti manager che come sport principale hanno quello di dire male dell’altro, perché solo così ci si valorizza! invece il consiglio che che posso dare è di non ascoltare quello che viene detto e “avanti tutta!!!”
Mentre possiamo prendere molto di più dai ragazzi. Ci sono dei ragazzi bravissimi che secondo me sono un passo avanti rispetto a noi. Hanno facilità con le tecnologie, hanno un modo di pensare molto più lineare, razionale, moto più diretto. Noi siamo molto più filosofi, abbiamo un retaggio molto più filosofico… Secondo me dobbiamo anche qui ascoltarli di più perché a volte ci fanno vedere le cose da punti di vista nuovi e differenti perché sono un po’ più diretti, un po’ più veloci di noi. Forse si fermano poco a pensare e da noi possono imparare a riflettere.

D- Come si dice: “il giovane va più veloce però è il vecchio che conosce la strada”. Bisogna mediare tra questi due aspetti: la velocità di apprendimento e di errore dei giovani e invece da parte nostra trasferire l’idea di aspettare un attimo e dire: “ok vediamo bene dove mettiamo i piedi prima di correre”.
R- Non so se sono stata fortunata, però anche nell’azienda precedente nella quale sono stata, la HERA, ho assunto dei ragazzi giovani (alcuni abruzzesi e secondo me gli abruzzesi hanno una marcia in più) e ho dovuto ricredermi perché pensavo che fossero molto maleducati e invece li ho visti impegnati, sul pezzo e rispettosi, a volte perfino spaventati. Secondo me bisogna essere tranquilli nei loro confronti e ogni tanto anche fare delle battute sempre rimanendo nei limiti.
Ad esempio io ho dei colleghi giovani che vanno in giro per tutta l’Italia e io, quando loro iniziano, li chiamo la sera per chiede come è andata la giornata, per farmi sentire vicino. Bisogna certo portare il risultato ma si può fare con leggerezza che non è il contrario di serietà. Infatti secondo me molto spesso nella leadership più classica, che ci hanno insegnato, il fatto di dire: “devi fare questo”, e tu questo devi fare, secondo me non paga mai. Se tu sei serio, gli altri capiscono che devono essere seri, altrimenti li rimetti al loro posto però ogni tanto un po’ di leggerezza ci vuole perché loro devono essere contenti di lavorare insieme a te e insieme agli altri, nella stessa azienda.

D- Quindi qual è la cosa che ti piace di più e quella che ti piace di meno della tua attività?
R- Nella mia attività sicuramente la cosa che mi piace di più è il fatto di lavorare sul mercato, a contatto con le persone, direttamente col successo o l’insuccesso dei progetti perché dipende da quanto tu sei bravo a convincere e da quanto sei competente. Questa è la cosa che mi piace di più, sentirmi dire: ”bene, mi hai convinto”.
Io vivo in una regione come l’Emilia Romagna dove ci sono tante startup, quindi tante persone che investono, l’Italia esprime delle eccellenze e questo fatto di contribuire, nel mio piccolo, mi fa piacere.
L’aspetto che mi piace meno è il fatto che si è in un'organizzazione e come in tutte le organizzazioni in qualche modo le devi gestire e quindi devi capire come muoverti, controllando molto l’emotività, studiando molto la situazione, cercando di essere diplomatica e dire le cose in un certo modo perché le perone poi lavorano bene se tu sei una persona equilibrata. Mia madre mi diceva sempre: “tu Gaia, prima di parlare devi contare fino a dieci, anzi venti!”, quindi io adesso faccio sempre l’esercizio perché mi arriva la cosa di dire: “ma costa sta dicendo questo?” e poi penso a mia madre e inizio a contare…

D- Visto che hai introdotto l’elemento mamma, quanto sono stati utili i tuoi genitori in quello che tu sei oggi?
R- Sicuramente i genitori sono tutto nel bene e nel male, i genitori ti danno una grande impronta

D- Cosa ti riconosci di tuo padre e cosa ti riconosci di tua madre?
R- Di mio padre, lui mi ha insegnato il fatto di continuare a fare delle cose che danno un contributo nella società. Lui è un uomo che ha 80 anni e continua a fare il medico, quindi questa forza di continuare a essere utili nel contesto nel quale si vive che è un grosso motore anche per stare bene e continuare a star bene. Mio padre diceva: “andate a studiare finché potete e sapete fare, sennò ritiro la squadra!”
Mia mamma, invece, l’insegnamento che mi ha passato, ma io non riesco a metterlo in pratica, è di essere equilibrati e di non farsi sopraffare, di avere un certo equilibrio come lei aveva e che ci ha permesso di crescere con una grande solidità.

D- Rientriamo adesso nel mondo del business e del lavoro. Qual è stato l’errore che ti ricordi in maniera chiara che però è diventato la stella guida della tua attività?
R- quando si fanno le cose gli errori si commettono. Io ne ho fatti più di uno. Ma un errore che mi ha insegnato molto è stato quando ero nel l’azienda precedente. Ero ad un incontro con l’amministratore delegato della direzione centrale nella quale andavo con il mio capo e pensavo che lui facesse la presentazione ma in realtà il capo ti chiama quando tu servi, sopratutto quando lui non può rispondere e quindi devi essere doppiamente preparato.
Questa cosa mi ha insegnato ad andare sempre nelle riunioni dove mi chiamano più preparata rispetto alle cose che faccio io, perché nessuno ti chiama per andare lì ad ascoltare. Ti chiamano per un contributo e ci scappa sempre una domanda che presuppone competenze per dare una risposta appropriata con numeri alla mano. L’approccio quantitativo è quello che bisogna sempre aver presente (anche per me che ho fatto il liceo classico), bisogna avere idea dei numeri di cui si parla, dei numeri futuri che si vogliono realizzare e delle relazioni tra i vari dati. Insomma ho imparato che bisogna sforzarsi di più su questo aspetto, perché sono i numeri quelli che parlano, e cercare di andare sempre più preparati del necessario o di quanto possa piacere.

D- Quindi leader si nasce o si diventa?
R- Sicuramente un pochino si nasce, cioè si nasce con questa voglia di fare, poi molto si diventa. Secondo me bisogna mettersi nella situazione in cui anche se tu sei sopra non è detto che tu sei più bravo degli altri. Anzi tu non devi essere più bravo, devi avere nella tua squadra della gente più brava di te e questo non ti deve mettere in difficoltà e tutti questi aspetti sono cose che si apprendono, che si imparano e che ti devono anche insegnare e la formazione nelle aziende è molto importante. Sono cose fondamentali perché oggi non si va più avanti nelle aziende se ci sono alcuni che comandano e altri che seguono. Adesso c’è un discorso di inclusione di tutti perché se non sono tutti coinvolti l’azienda non va avanti e non migliora. Bisogna lavorare tutti per andare alla stessa velocità e nella stessa direzione.
La formazione in azienda porta ad acquisire uno spirito di corpo, ad avere chiari altri elementi come la collaborazione tra l’area commerciale e quella tecnica. Lavorando insieme sulla formazione abbiamo scelto un’immagine di gruppo che è quella della squadra di Rugby che è molto indicativa, dove la squadra va avanti ma per farlo devi passare la palla a chi sta indietro. E questo va fatto tutti insieme, tutti alla stessa velocità, all’unisono.

D- Vista la tua esperienza e vista la maniera competente in cui parli qual è il consiglio che diamo a chi ci legge, per prepararsi ad essere un leader dei prossimi anni, un leader del futuro? Quali caratteristiche deve avere?
R- Nel mio lavoro, praticamente sono giorni 4 a settimana a Milano, lavoro con le banche, le finanziarie e ci sono parecchie società, anche nuove, gestite da persone giovani che per esempio la cravatta non la portano più. Ci sono però due cose che distinguono queste persone e questo nuovo modo di lavorare:
il primo è il fatto di essere molto competenti, dire “io so esattamente di cosa sto parlando, non saprò il minimo dettaglio però ho il dominio della materia” e questa è una cosa che vuol dire continuare ad aggiornarsi, continuare a studiare, perché il mondo è in evoluzione ed è tutto in cambiamento. Poi con internet si è stravolto il mondo del lavoro e la velocità.
L’atro aspetto è quello del lavoro di gruppo che non è “io sono a capo” ma io lavoro insieme agli altri e sono il primo che mi sporco le mani. E questo lo vedo di più nei giovani e nel campo internazionale. Ci sono delle società finanziarie francesi, americane, che vedo hanno gente molto più disposta a lavorare in gruppo e anche molto più inclusiva. Non capisci più chi è il capo e chi è l’altro. Ecco, questo vuol dire che c’è perfetta coesione e un ottimo lavoro di gruppo.

D- Questo mi piace molto perché rientra nella leadership situazionale, dove a seconda di chi in quel momento ha più competenza, più padronanza, prende in mano la situazione, quindi è bellissimo questo esempio che hai fatto e sopratutto il consiglio che ci dai per guardare un po’ più là, un po’ più in avanti. Non c’è più l’obiettivo a breve termine, a qualche mese ma la forma mentis è proprio quella di guardare avanti ed essere pronti, nel momento in cui le cose cambiano rapidamente, a stare sempre sul pezzo come dicevi tu all’inizio.
R- Se posso dire una cosa riguardo alle donne e al lavoro: che forse l’aspetto che la donna riesce a fare un po’ meglio dell’uomo è la delega. La donna secondo me sa delegare meglio rispetto agli uomini, poi nel resto sono più bravi gli uomini, perché la donna ha più presente l’aspetto del controllo, quindi riesce a dire “tu fai questa cosa” e riesce a controllare che sia fatta bene. Gli uomini forse, a volte, delegano senza troppa supervisione.
La donna potrebbe diventare ossessiva, se poi è mamma diventa ancora più facile, ma la sfida è nel non diventare ossessiva nel controllo. Anche questo secondo me, soprattutto con i giovani, per far sì che loro imparino è molto importante, perché non è vero che i giovani che escono dall’università sanno fare le cose peggio di noi quando abbiamo iniziato a lavorare. Loro studiano parecchio, anche nelle nostre scuole superiori ci sono dei livelli molto elevati, anche in confronto con quello che vedo in giro. Abbiamo 33 sedi in giro per il mondo, e all’estero hanno questo aspetto positivo: di riuscire a dire meglio le cose perché hanno meno paura delle critiche. Torno a dire che dobbiamo incentivare i giovani a offrire il loro contributo.

D- Infatti questo si riallaccia a quello che dicevi all’inizio “uno dei tre aspetti…” che tu ti sei portata dagli Stati Uniti e cioè aiutare i ragazzi sopratutto i più giovani che hanno bisogno di un po' di fiducia in loro stessi, questa gliela possiamo solo dare noi. Quindi è chiaro che bisogna consentire loro di dire la propria, di sbagliare e poi di aiutarli a correggere un atteggiamento. Questa è la base del feedback, ed è utilissimo per far crescere le generazioni nel miglior modo possibile e soprattutto prepararle al futuro.
R- Lasciare il testimone sapendo che se la persona che è sotto di te sbaglia, l’errore è il tuo, quindi assumersi la responsabilità. E anche questo è un aspetto che molte volte si cerca di nascondere. Si cerca il capro espiatorio. Ma se tu sei il manager, il coordinatore di un progetto sei anche il responsabile di quelle persone che lo portano avanti e se sbagliano tu sei responsabile.

D- Grazie mille Gaia!
R- Grazie mille a te!

www.giannicoladeantoniis.com
Il video dell’intervista.
https://www.singolarmente.net/rosetocom-gaia-cioci/

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Giannicola De Antoniis Bacchetta
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