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Venerdì, 19 Aprile 2024 - Ore 2:38 Fondatore e Direttore: Luca Maggitti.

Donne che fanno imprese [Giannicola De Antoniis Bacchetta]
PATRIZIA DI BERARDINO
Patrizia Di Berardino.

Patrizia Di Berardino e Giannicola De Antoniis.

Giannicola De Antoniis Bacchetta, business coach rosetano, intervista imprenditori e liberi professionisti che hanno avuto successo.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Martedì, 28 Maggio 2019 - Ore 16:45

In questa tredicesima intervista ho chiesto a Patrizia Di Berardino, Libera Professionista ed esperta nell’ambito delle Relazioni d’Aiuto - di raccontare la sua esperienza, come ha iniziato la professione e come è arrivata ad essere un punto di riferimento nelle varie Organizzazioni che segue. Ci dirà perché è importante la relazione d’aiuto, come si può essere d’aiuto con un kit di ‘primo soccorso’, l’identikit di chi può aiutare, come si affrontano i problemi, quali sono i fattori più importanti e strategici per chi vuole farlo, quali sono i Valori  alla base di questa Professione, di Wim Wenders e degli angeli, e tanto altro…

Come succede sempre, in questa rubrica, diamo consigli utili grazie ad imprenditori, Liberi Professionisti e Manager a chi ci legge. Quindi attenzione perché i consigli che darà oggi Patrizia sono di inestimabile valore dal punto di vista dell’Apertura verso l’Altro, dell’Accoglienza e della capacità di Ascoltare ed essere d’Aiuto.

In più ci tengo a precisare che queste interviste non servono per far emergere, incensare o adulare il personaggio di turno ma esclusivamente per dar loro la possibilità di essere utili. Ci offrono spunti pratici e pensieri interessanti per dar forma ad un futuro migliore, per chi sa e vuole approfittarne, attraverso questa memoria scritta.

Niente è più interessante del Modello Mentale, dei Pensieri, dei Presupposti, delle Credenze, della Visione di Persone che ce l’hanno fatta, di Imprenditori Innovativi, di Liberi Professionisti all’avanguardia che si raccontano con il loro personale modo di esprimersi, con il loro singolare linguaggio.

Perché, alla fine, l’elemento indispensabile è sempre lo stesso: le Persone.
E nessuno dovrebbe mai fare l’errore di preferire un oggetto ad una bella conversazione…

Per tutto questo ringrazio Luca Maggitti, perché senza di lui tutto questo non si sarebbe realizzato.

Ognuno come può…
Abbi Gioia!


Giannicola De Antoniis
Business Coach


PS - Alla fine, trovi il link per vedere il video integrale dell’intervista
https://www.singolarmente.net/rosetocom-patrizia-di-berardino/ e in più, una volta dentro l’area riservata, puoi scaricare 4 report in omaggio che ti aiuteranno nel tuo Business e molte altre risorse preziose.


Tredicesimo appuntamento con 'uomini che fanno imprese’. Oggi una variante, ovviamente, perché si tratta di una donna: Patrizia Di Berardino, Libera Professionista, Psicologa e Psicoterapeuta. Per quale motivo siamo qui? Perché è un'esperta di relazioni d’aiuto. Ci spiegherà meglio lei di cosa si tratta e di come si aiutano le persone nelle loro problematiche e ci darà una serie d'informazioni pratiche molto interessanti. Ci sono due condizioni fondamentali nel Business: la prima è quella di capire il problema al quale ci si rivolge e il secondo passaggio è quello di dargli una soluzione. Queste sono le due chiavi fondamentali di ogni Business. Oggi parliamo con Patrizia non esplicitamente di questi aspetti prettamente economici ma di tutto quello che c’è prima. E che cosa c'è prima, in una relazione di Business? C’è l’intelligenza, c’è l’intuito, c'è l’ironia, c’è tutta una serie di condizioni che servono poi a sviluppare un Business.

D - Quindi fatta questa breve introduzione ora Patrizia ci parla di quello di cui si occupa. Grazie intanto per essere con noi qui oggi.
R - grazie dell’invito. la prima cosa è che mi fa un po’ impressione chiamarlo business perché nel mio lavoro c'è una grande parte di piacere nel farlo. Diciamo che se non c'è l’interesse verso l’umano, verso l'altro e quindi il piacere nella relazione, è difficile pensare di fare questo mestiere. Di cosa mi occupo? Come dicevamo, di relazione d’aiuto all'interno di percorsi di sostegno psicologico e di psicoterapia. Io ho la fortuna, perché veramente di fortuna si tratta, di poterlo fare in ambiti diversi per cui oltre all'attività clinica privata, nel mio studio a Roseto, ho avuto negli anni, e continuo ad avere, la possibilità di fare questa attività con organizzazioni del 'terzo settore’. Una con cui collaboro da vent'anni è l'associazione ‘On the Road’. Lì andiamo ad aiutare persone in condizioni di grave marginalità tra cui senza dimora, donne vittime di tratta, donne vittime di violenza di genere. Così come svolgo la stessa attività con un centro SPRAR che è un centro che ospita invece uomini e donne richiedenti asilo o rifugiati.

D - Come hai iniziato la tua attività e come sei arrivata a questo genere di professionalità?
R - Diciamo che io ho iniziato l'attività proprio con l'associazione ‘On the Road’ e dico sempre che se si vuole qualcosa ci si deve credere fino in fondo perché alla fine si riesce ad ottenerlo. Io volevo lavorare con le persone straniere e quindi avevo seguito un convegno che questa associazione aveva fatto sul nostro territorio. Mi ero presentata per poter collaborare con loro ma in realtà in quel momento non ne avevano bisogno. Dopo qualche tempo, l'allora ufficio di collocamento, mi ha chiamato per una selezione proprio con loro perché c'erano le prime borse lavoro del ministro Treu, che all'epoca hanno funzionato. Quindi ho cominciato da loro, ricoprendo vari ruoli all’interno, e non ci siamo lasciati mai più! Quindi la mia attività è cominciata da lì. Il mio desiderio di incontrare ‘l’altro', anche ‘diverso', probabilmente è nato nella mia storia personale perché io sono nata in un paese straniero, i miei genitori lavoravano all'estero e quindi l'incontro con persone che non comprendevano la nostra cultura e il nostro modo di fare è stato un impatto importante. Per cui diciamo che ho cominciato da subito a capire di cosa ha bisogno una persona in difficoltà e quando ho avuto l'opportunità ho intrapreso proprio il percorso di studi che mi permetteva di aiutare tutti coloro in difficoltà, non soltanto stranieri.

D - perché è importante la Relazione d’Aiuto?
R - perché è uno spazio dove la persona può prendersi del tempo. Può prendersi l'attenzione in un professionista e concentrarsi su di sé e sentire ciò di cui ha veramente bisogno. Spesso una Relazione d'Aiuto è anche una relazione riparativa di ciò che non ha funzionato nella propria storia.

D - tu hai parlato anche di esperienza personale, nel senso che sei nata in un paese straniero, quindi hai vissuto tutte quelle vicissitudini che si possono immaginare quando uno si trova all’estero, ma quali sono gli elementi fondamentali, vista la tua esperienza sia personale che professionale, in una Relazione d’Aiuto?
R - ci vogliono due persone: un professionista, o comunque una persona che abbia delle competenze nel gestire una relazione, e un altro che abbia voglia di mettersi in discussione, in relazione.

D - tu sai, perché spesso ne parliamo, che c'è uno zio nella mia vita che dice sempre questa cosa qui: 'ricordati che ci vogliono sempre due persone, uno che parla e uno che ascolta’. Ma in questo caso, cioè nella Relazione d’Aiuto, chi è che parla e chi è che ascolta? Perché potrebbe sembrare che tu dia consigli e l’altro debba ascoltare… Invece?
R - innanzi tutto la parola ‘consiglio’ non viene utilizzata nel nostro caso. Non solo come parola ma proprio come modalità. Poi, dovrebbe ascoltare il Professionista nelle Relazione d’Aiuto, attraverso delle competenze specifiche, proprio per dare la possibilità alla persona di narrarsi, di raccontarsi e poi attraverso il lavoro che può essere di Counseling o essere terapeutico, andare in profondità e cercare di far trovare alla persona le risorse per cambiare ciò che nella sua vita non sta funzionando. Questo fa anche riferimento al mio approccio formativo che è umanistico-integrato. Vuol dire che prendiamo tra i modelli della psicoterapia e della psicologia quello che ritiene la persona ricca di possibilità, che nasce con tutte queste opportunità che però nel percorso di vita si vanno a perdere. Quindi il terapeuta, il professionista della relazione, agevola questa ri-acquisizione di risorse e competenze.

D - mentre tu parlavi di questo, mi venivano in mente le parole di Abraham Maslow che dice così: 'le persone auto-realizzate non hanno nulla di più di quelle che non lo sono. Hanno un solo vantaggio rispetto a quelli che non sono auto-realizzati e cioè che a loro non è stato tolto nulla’.  Immagino che quello che si vada a fare con le relazioni d’aiuto sia proprio questo, vero? Cioè, come dicevi, reintegrare casomai quei percorsi che qualcuno ha smarrito nella propria vita. No?
R - assolutamente! Almeno nel mio approccio formativo è così. Maslow insieme a Rogers è l'autore di riferimento della psicologia umanistica e dicono proprio questo.

D - hai fatto accenno al Counseling. Vuoi spiegare che cos’è? E vogliamo anche dire che tu sei la presidentessa dell’ASPIC?
R - il Counseling è una Relazione d'Aiuto professionale che lavora per supportare persone in difficoltà nel 'qui e ora’. Vuol dire che non si vanno a toccare gli aspetti profondi della storia della persona ma si supporta l’individuo, in una condizione momentanea di difficoltà, a riprendere il proprio cammino. La psicoterapia invece lavora più sul profondo e ha un intento anche di ristrutturare ciò che nella personalità di un individuo non ha funzionato. Con l’ASPIC, spesso, qui sul territorio di Roseto, abbiamo fatto serate - le chiamiamo 'serate del Benessere' - proprio perché le persone, a volte, possono trovare nel gruppo, e su alcuni temi, anche le opportunità di riflettere e prendersi un tempo e darsi un'opportunità di perseguire il benessere. Il Counseling lavora sulla promozione del benessere e non sulla patologia.

D - tutti possono essere aiutati?
R - tutti quelli che vogliono essere aiutati! Deve esserci una motivazione di fondo. Per quelli che non vogliono essere aiutati non si può fare nulla. Si può aspettare, si possono spiegare le opportunità e attendere che il bisogno di cambiamento nasca ma se la persona non vuole, bisogna accogliere e accettare questo aspetto.

D- e allora andiamo dall’altra parte: tutti possono diventare capaci nell'offrire una possibilità d’aiuto a chi la richiede?
R - mi viene da dire un po' la stessa cosa di coloro che vogliono e che sono disposti ad acquisire alcune competenze, perché tutti possono aiutare ma aiutare in modo competente è diverso. Nel senso che bisogna sapere che una persona in difficoltà, ad esempio, non ha bisogno di essere giudicata ma accettata e accolta. A volte non c'è neppure bisogno di dire tante parole ma c’è solo bisogno di dare presenza. Quindi tutti possono aiutare se hanno la disponibilità a comprendere quali sono gli elementi principali dell’aiuto efficace.

D - se volessimo dare dei consigli pratici, da utilizzare oggi stesso nella vita chi ci legge, quale sarebbero? Quali sono quei due-tre elementi da cui iniziare e a cui fare attenzione nella relazione d'aiuto con gli altri, che potrebbe essere una moglie, un figlio, un fratello, una mamma…?
R - prima cosa: togliere il telefono, chiudere la porta, darsi un tempo e uno spazio. Poi fermarsi e Ascoltare - non ‘sentire’ ma proprio Ascoltare che vuol dire comprendere ciò che l’altro veramente sta dicendo e - infine - prima di lasciarsi andare alla tentazione di dare qualsiasi risposta, fermarsi e dare fiducia all’altro, che forse l'altro qualche soluzione è in grado di trovarla in autonomia, solo che ha bisogno di essere ascoltato. Quindi si può anche stare in silenzio ma dare una presenza vera, una possibilità.

D - bellissimi questi consigli. Molto pratici e quindi apprezzabili e spendibili. Una volta che si è creato questo contesto, questa situazione, quali sono i consigli per individuare e far emergere il problema?
R - quello che può essere utile è aiutare la persona a vedere tutte le sfaccettature di quella che è la propria difficoltà perché quando noi siamo immersi nelle difficoltà ne vediamo solo un aspetto e non tutte le potenzialità. Qualche volta è proprio la persona in difficoltà che non si rende conto nemmeno che è un problema quello che sta vivendo. Quello che può essere importante è rimanere vicino alla persona e sperare da una parte che ci si renda conto, oppure qualche volta - se non si riesce a parlare in famiglia - anche dare l'indicazione di recarsi da un professionista, che ha un ruolo ‘neutro’, con cui potersi relazionare e vedere se quello che si sta vivendo in quel momento è qualcosa che dà benessere oppure no. Il termine per capire se si ha una difficoltà o meno è quello di comprendere com’è la propria vita: se si è soddisfatti, tranquilli, se si fanno cose che piacciono e danno soddisfazione alla propria vita. Sarebbe estremamente bello, utile e anche rispettoso verso se stessi viverla al meglio.

D - grazie di queste parole. A questo punto ti faccio la domanda che è la mamma di tutte le domande fatte fin qui: cos'è un problema?
R - nell’ambito del mio lavoro è qualcosa che non fa stare bene. È qualcosa che rende la vita poco soddisfacente. tutto ciò che impedisce di realizzare se stessi al meglio. Quindi un impedimento verso qualcosa che si vorrebbe ottenere ma non si riesce. Possono essere di vario tipo ed è difficile dare una definizione unica perché gli esseri umani sono vari e le situazioni di vita diverse. Ad esempio con alcune delle persone con cui lavoro, il problema è che non hanno casa e questo poi diventa, a cascata, mancanza di rispetto per se stessi, mancanza di valore che si esprime con il ’non valgo niente’. Per tante persone che seguo, ad esempio nei centri per richiedenti asilo, il problema è, nonostante tutto quello che hanno vissuto, non riuscire ad aiutare economicamente le proprie famiglie e quindi questo va ad inficiare tutti gli aspetti della loro vita. Oppure non riuscire a comunicare con il proprio compagno/a di vita dove uno parla ma l’altro/a comprende tutt’altro rispetto a quello che si cerca di dire. Oppure la preoccupazione perché il proprio figlio non raggiunge risultati dovuti a scuola. Oppure sentire di non avere valore. Oppure dipendere da qualcosa: essere contenti solo quando si gioca alle slot machine. Quindi è veramente difficile definire un problema in questo ambito perché potrebbe essere tutto o nulla.

D - dopo vent'anni di esperienza sul campo, qual è l’aspetto della tua professione che ti  piace di più e quale meno?
R - la cosa in assoluto più bella è veramente incontrare la storia delle persone. Poi io ho la fortuna di incontrare storie totalmente diverse negli ambiti nei quali mi muovo. Non dimenticherò mai un fatto meraviglioso che mi è accaduto: una collega si trovava a Torino per lavoro e incontra una ragazza straniera che avevo aiutato. Forse è stata una delle prime persone che ho aiutato. In realtà pensavo di non aver fatto nulla per lei. Avevamo fatto un colloquio ma poi, siccome per questa ragazza era molto pericoloso rimanere sul nostro territorio, era stata inviata in un'organizzazione di Torino. Lei lì ha fatto il suo percorso, è diventata una mediatrice culturale e alla mia collega ha detto che la sua vita era stata salvata dal colloquio che aveva fatto con me. Dare senso ad una professione in questo modo credo che sia la parte più bella e che non ha prezzo. La parte più difficile forse è il lato organizzativo. Svolgo la mia professione in vari ambiti e la parte organizzativa e burocratica può essere un po’ complessa però si dimentica in fretta pensando a tutto il resto che questa professione regala.

D - mi viene in mente di Wim Wenders, il regista, che dice: 'gli angeli moderni sono quelli che riescono ad aiutare gli altri’. Tu sei  consapevole di esser un angelo, oppure cosa…?
R - io sono una persona che ama il proprio lavoro. Questo è quanto. Non c’è niente di angelico in questo, anzi, forse c’è tanto di fortuna perché, non so come, ma mi sono ritrovata a fare l’unico lavoro che potevo fare e che mi ha dato tante soddisfazioni.

D - fin qui abbiamo parlato di te come la Professionista in grado di offrire aiuto. Ma tu hai bisogno di aiuto?
R - certamente sì! Nel lavoro sociale, con le varie organizzazioni, lo spazio di supervisione è una parte assolutamente necessaria per poter stare in certi contesti. Così come nella parte clinica c’è una supervisione diversa, c’è una condivisione con i colleghi anche alla pari. C'è bisogno di ‘manutenzione’.

D - va benissimo Patrizia, ti ringrazio per questa intervista e per i tanti consigli pratici pronti all’uso che ci hai dato. Per tutti quelli che ci leggono, se qualcuno avesse bisogno, l’associazione ASPIC e il tuo studio professionale sono a Roseto degli Abruzzi in vicolo Metauro, 7.
R - grazie a te.

Ognuno come può…
Abbi Gioia!
Giannicola

www.giannicoladeantoniis.com
Il video completo dell’intervista lo trovi su
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Giannicola De Antoniis Bacchetta
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