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Serie A2 – Amatori Pescara
STEFANO RAJOLA: COACH ENFANT PRODIGE!
Stefano Rajola, coach dell’Amatori Pescara, portato in trionfo a Montecatini, dopo aver conquistato la promozione in A2.
[Amatori Pescara / Federica Roselli]


Ampia premessa e intervista al coach, che ha centrato la promozione in A2 al suo secondo campionato da allenatore.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 22 Giugno 2019 - Ore 18:15

Lo scorso campionato, il 10 maggio 2018, intervistai Stefano Rajola al termine della sua prima stagione da allenatore alla guida del Pescara. L’Amatori uscì 1-2 contro Valmontone ai quarti playoff (fattore campo a favore) dopo aver disputato la Final Eight di Coppa Italia e Stefano definì il suo primo campionato da coach: «Esaltante, coinvolgente e costruttivo». Quando gli chiesi se a Pescara, dopo il pluriennale ciclo Salvemini, fosse partito il ciclo Rajola, mi rispose: «Spero proprio di sì: allenare e cercare di portare in alto la squadra della mia città è attualmente la mia priorità!».

Poco più di un anno dopo, torna buono l’adagio “la fortuna aiuta gli audaci”, pensando a come è finito il secondo anno del ciclo Rajola a Pescara. Già, perché anche stavolta la squadra, dopo la partecipazione alla Final Eight di Coppa Italia, era arrivata ai playoff e uscita ai quarti, perdendo 2-0 contro la Viola Reggio Calabria (fattore campo a favore). Una sconfitta che aveva persino fatto ipotizzare rimescolamenti tardo primaverili, con allenamenti punitivi al sapore di Amarena Fabbri.

Invece, per dirla con la poetessa Emily Dickinson:

Non sappiamo mai quanto siamo alti
finché qualcuno non ci chiede di alzarci
e allora se siamo conformi al progetto
le nostre stature toccano i cieli


E cioè accade che la FIP estromette la Viola Reggio Calabria dai playoff per rate federali non pagate e richiama l’Amatori, novella Danimarca di calcio del 1992 che, ripescata all’Europeo causa disgregazione della Jugoslavia, finì per vincere il titolo continentale.

In questo caso, gli dei del basket sono stati ancor più propizi con il Pescara, che oltre ad essere ripescato non partiva da “0-0” come le altre, bensì veniva da una sconfitta nella serie con relativa estromissione. E qui si compie il miracolo sportivo: l’Amatori, conforme evidentemente a qualche progetto divino e carezzata dalla buona sorte, si (ri)alza in piedi e si scopre alta al punto da toccare il cielo.

Altro che poteri forti avversi, come qualche mese prima denunciava il presidente e patron Carlo Di Fabio, che dopo una sconfitta (se ben ricordo a Porto Sant’Elpidio) aveva addirittura scudisciato sui social i suoi giocatori, intimando loro di “specchiarsi e vergognarsi” e ottenendo il primo like proprio da coach Rajola, evidentemente pienamente conscio della maturità psicologica raggiunta dai suoi giocatori, visto che, per quanto vilipesi, non l’hanno fatta pagare né al presidente né a lui sferrando inopportuni calci dell’asino. Anzi, hanno risposto sul campo vincendo il campionato.

Una vittoria che è quindi pure di Carlo Di Fabio, vulcanico patron che con le sue esternazioni ricorda l’ex Presidente della Repubblica Francesco Cossiga quando picconava, il quale evidentemente si è risciacquato in bocca l’adagio “un bel tacer non fu mai scritto”, abbracciando saggezza e meditazione in un momento nevralgico del campionato e tacendo fino alla promozione in A2, dimostrando di aver compreso appieno quando usare il valore vincente del silenzio.

Insomma: il Pescara resiliente, novella araba fenice della cadetteria, ha saputo risorgere dalle proprie ceneri e, rinvigorita dalla leggerezza del ripescaggio e rasserenata dalla versione “no comment” del presidente (bravo pure a simulare un suo disimpegno a fine anno), ha scritto la storia più incredibile della stagione 2018/2019. Una stagione che sarà ricordata anche perché le retrocessioni in A1 maschile, A1 femminile, A2 maschile (parzialmente) e B maschile (girone del Pescara) sono state tutte decise da fattori che con il basket giocato non c’entrano nulla.

E allora evviva il colpo di reni dell’Amatori, con i giocatori che lasciano gli aperitivi in riva al mare per rimettersi le scarpette e tornare in campo facendo a fette (3-0, fattore campo a favore) in semifinale il Nardò, altra squadra sorpresa che aveva eliminato la strafavorita Caserta. Poi, in finale, il capolavoro piegando il Salerno dopo aver ribaltato il fattore campo.

Infine, l’apoteosi: la Final Four di Montecatini con la sconfitta nel primo turno contro l’Urania Milano, ma la vittoria nello spareggio contro il San Severo dell’ex coach Salvemini, con il quale – dopo l’idillio degli anni passati – ultimamente c’erano storie tese (per non dire della seconda sconfitta consecutiva allo spareggio della Final Four per il tecnico teatino).

Insomma: delirio gioioso alla foce dell’Aterno!

Stefano Rajola, al suo secondo anno da coach, ha vinto la Serie B portando la sua squadra in A2 contro ogni pronostico. L’impresa vale sia l’ampia premessa sia l’intervista che segue.

Stefano, confessa: tutto merito della presenza del tuo amico Mario Boni, a Montecatini...
«Sicuramente Mario ha fatto il tifo per noi!».

Si è mai  saputo, poi, perché SuperMario ti soprannominò Braciola, quando giocavate insieme?
«Non mi ricordo (sorride, n.d.a.)».

Scherzi a parte: secondo campionato da coach e promozione dalla B alla A2. Ma non avrai precorso i tempi?
«Di sicuro in due soli anni è un risultato straordinario! Forse sono un po’ in anticipo...».

Ti ricordi dov’eri e cosa stavi facendo, quando hai saputo del vostro ripescaggio da parte della FIP, dopo l’esclusione di Reggio Calabria?
«Del possibile ripescaggio avevo parlato tutto il giovedì sera, fino a notte inoltrata, ed il venerdì mattina, ipotizzando le varie soluzioni a noi favorevoli. Quando è arrivata l’ufficialità, nel primo pomeriggio, stavo riposando e non avevo il coraggio di guardare il telefono. Poi, quando ho visto che avevo tantissimi messaggi, ho cominciato ad immaginare qualcosa di positivo».

Cos’hai detto alla squadra quando vi siete ritrovati in palestra, dopo il ripescaggio?
«Ho dovuto dire poco, perché i ragazzi avevano un entusiasmo indescrivibile. Sicuramente che ci saremmo dovuti far trovare pronti a questa grande, nuova opportunità che avevamo avuto».

Quando hai seriamente pensato di poter fare come la Danimarca di calcio del 1992: ripescata e squadra campionessa d’Europa?
«Sinceramente non ho pensato tanto a questa cosa. Ho pensato ad arrivare il più lontano possibile, agendo di partita in partita».

La leggerezza della resurrezione sportiva poteva spazzarvi via... come hai fatto invece a farla diventare un ricostituente?
«Più che altro ci trovavamo lì senza essercelo conquistato sul campo, quindi avevamo meno sicurezze degli altri e sapevamo di non poter sbagliare nuovamente. Ho puntato l’attenzione su quello che dovevamo fare, non pensando a tutto il resto».

Vi siete bevuti Nardò d’un fiato, eppure aveva eliminato la strafavorita Caserta. Qual è la tua analisi in merito?
«Con Nardò abbiamo vinto 3-0, ma non è stata affatto una serie facile, perché la squadra era cresciuta tanto nel finale di stagione. In entrambe le partite in casa siamo stati sotto a metà terzo quarto, ma siamo stati bravissimi a rimanere lucidi e andare sul 2-0. A Nardò, mentalmente l’inerzia era dalla nostra parte e sembrava che noi avessimo più energia di loro».

Contro la coriacea Salerno, invece, cosa ha funzionato al punto da farvi ribaltare il fattore campo e vincere i playoff?
«Con Salerno abbiamo disputato 4 grandi partite, sia offensivamente che difensivamente. In gara 2 e gara 3, grandissime prestazioni».

Eravate la Cenerentola di Montecatini, oltre che la squadra sulla carta meno attrezzata. E invece?
«Cenerentola forse sulla carta, rispetto alle valutazioni di inizio anno. Invece siamo andati lì convintissimi di riuscire a centrare la promozione, sulla scia della grande crescita che aveva avuto la squadra».

Le mosse che hanno deciso lo spareggio contro San Severo?
«Sicuramente la zona, poi le ampie rotazioni e giocare coi 4 piccoli per aprire il campo ed essere più rapidi».

La prima cosa che hai pensato, dopo la vittoria e la promozione in A2?
«Sono stato travolto da mille emozioni e pensieri che, sinceramente, non ricordo. Di sicuro, stentavo a crederci!».

A chi dedichi la promozione?
«Alla mia famiglia, che mi è stata sempre vicina, mai come quest’anno. Ai nostri tifosi e a Claudio il nostro “tifoso top del top”, che purtroppo ci ha lasciati prima dei playoff».

Pensi già al prossimo campionato di A2?
«Cominciamo a programmare, sarà sicuramente una sfida intrigante».

E al derby contro Roseto, dove sei notoriamente “molto amato”, ci pensi?
«Ci penserò a tempo debito, ma sarà una grandissima emozione giocarlo di nuovo non da giocatore, ma da allenatore».

Ultima: ti sei messo, anche solo per un momento, nei panni di coach Giorgio Salvemini in questi giorni?
«Sinceramente no, sto benissimo nei miei di panni!».

Luca Maggitti
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