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Emozioni in Musica 2019
MASSIMO RANIERI: L’INTERVISTA CHE AVREI VOLUTO FARE, DANDO DEL VOI AL MAESTRO...
Massimo Ranieri, durante il suo show a Roseto, il 9 agosto 2019.
[Cusano Photo]


Massimo Ranieri, durante il suo show a Roseto, il 9 agosto 2019.
[Marco Cimorosi]


Massimo Ranieri, durante il suo show a Roseto, il 9 agosto 2019.
[Cusano Photo]


Le domande restate sul foglio. Alla prossima occasione, spero...

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 14 Agosto 2019 - Ore 10:33

Bentornato a Roseto degli Abruzzi, Massimo Ranieri. Proviamo a incorniciare questo Caravaggio, giocoforza limitandoci stante il tempo a disposizione e la vastità dell’artista.

Iniziamo proprio dalla parola artista: voi avete iniziato come cantante, poi cinema, teatro, televisione, regia. Artista è la parola giusta per riassumere la vostra poliedricità e versatilità?

Charles Aznavour, nella sua meravigliosa “L’istrione”, canta: “«Perdonatemi se con nessuno di voi / non ho niente in comune: / io sono un istrione a cui la scena dà / la giusta dimensione.» Ecco: un artista completo come il compianto Aznavour, o come voi che questa canzone cantate, quando non è in scena fa fatica  a rapportarsi con le liturgie della quotidianità?

Vi ho rivisto proprio stamane su YouTube interpretare “Quel che si dice”. Perciò vi chiedo: quanti ritardati, in questi tempi bui e a tutti i livelli, ancheggiano malamente per scimmiottare qualcuno, senza comprendere che così facendo rendono la vita difficile a molti altri, che spesso sono i più deboli?

Frank Sinatra in America, Charles Aznavour in Francia, Massimo Ranieri in Italia. Tre istrioni. Chi, secondo voi, fra le nuove leve può ambire a entrare in questo club così esclusivo?

Avete iniziato a cantare giovanissimo, per poi passare alla settima arte e al teatro, infine la TV. Avete frequentato scuole, oppure quotidianamente lavorato sul vostro talento?

Quando eravate bambino, i vostri amici vi portavano su uno scoglio perché avevate una bella voce, ma non sapevate nuotare e non volevate cantare per i turisti. Eravate, insomma, una sorta di “faro bambino” e dovevate pagarvi il riscatto per tornare sulla terraferma. È perfidia pura da parte dei vostri aguzzini, ma da questa costrizione il mondo ha guadagnato un grande artista. Se ci ripensate adesso, qual è il sentimento che vi attraversa?

Nella musica, voi avete vinto Canzonissima nel 1970 con “Vent’anni” e nel 1972 con “Erba di casa mia” e il Festival di Sanremo nel 1988 con “Perdere l’amore”. La vostra produzione è praticamente sterminata. Esiste – comunque – una “canzone del cuore”, per Massimo Ranieri?

Nel cinema, appena maggiorenne avete esordito con Mauro Bolognini in “Metello”, vincendo il David di Donatello, nonostante foste doppiato – per la cadenza fiorentina – da Rodolfo Baldini. Insomma: altro che “Metodo Stanislavskij”... come avete fatto? Ci spiegate il “Metodo Ranieri”?

Pensando a “Metello”, ripenso a Berardo Viola, il protagonista di “Fontamara” (nel film interpretato da Michele Placido) dell’abruzzese Ignazio Silone e alla condizione dei cafoni e degli ultimi. La vostra esperienza nel “Metello”, da giovane, ha aiutato a sviluppare la vostra coscienza sociale?
   
Il filosofo russo Pitr Alekseevic Kropotkin, nel 1890, nel suo pamphlet “La morale anarchica”, scrisse alcune righe che vi voglio leggere: “Se le forze ti bastano appena per mantenere una vita grigia, monotona, priva di forti emozioni e di grandi godimenti, ma anche esente da grandi sofferenze, ebbene, attieniti ai semplici principi di uguaglianza. Nelle relazioni egualitarie troverai, comunque, la maggior somma di felicità, considerate le tue possibilità mediocri. Ma se senti in te il vigore della gioventù, sii forte, sii grande, sii energico in tutto ciò che fai. Semina intorno a te la vita. [...] Lotta! Rendi la vita sempre più intensa! E così tu avrai vissuto, e poche ore di questa vita valgono molto di più di anni interi passati a vegetare”. Voi, con la vostra arte, sentite di aver seminato tanta vita intorno a voi?

La vostra somiglianza con Pier Paolo Pasolini è impressionante, tanto che lo avete interpretato nel film “La macchinazione” di David Grieco. Un vostro pensiero, sull’intellettuale che scrisse il profetico “Io so”?

Nel cinema e nel teatro avete lavorato con persone importantissime: Mauro Bolognini, Anna Magnani, Giorgio Strehler e tanti altri. Io però vorrei chiedervi un pensiero su Vittorio De Sica, che curò la regia teatrale del vostro primo album dal vivo “O surdato ‘nnamurato”, registrato al Sistina di Roma. Vi chiedo di De Sica padre perché parliamo di un altro grande istrione, capace di vincere 4 premi Oscar da regista (Sciuscià, Ladri di biciclette, Ieri oggi e domani, Il giardino dei Finzi Contini), ma pure di interpretazioni attoriali eccezionali come ne “Il Generale Della Rovere”, diretto da Roberto Rossellini...

Chiudiamo con 3 liasion: 3 cose che vi collegano a Roseto. La prima è il compianto attore Renato De Carmine, con il quale avete lavorato diretto da Giorgio Strehler, nel 1980, portando in scena un’opera di Bertolt Brech (L’anima buona di Sezuan). De Carmine, quando nel 2010 fu nominato cittadino onorario, scrisse una lettera dicendo pure: “Roseto è stato il luogo, da sempre, dove mi sono riconosciuto, dove camminando per le vie della città oppure sulla riva del mare, ho trovato le risposte giuste, alle infinite domande della vita”. Qual è il vostro luogo dell’anima?

Secondo collegamento. Nel dicembre 2007 portaste il vostro spettacolo al PalaMaggetti di Roseto degli Abruzzi e l’allora sindaco, Franco Di Bonaventura, vi presentò un bambino di 12 anni, dicendo che sarebbe diventato un grande cantante ricalcando le vostre orme. Quel ragazzino era Gianluca Ginoble. Cosa vi ricordate di quella sera?

Voi e Gianluca Ginoble siete simili anche per gli inizi di carriera e la precoce avventura americana, visto che voi a 13 anni siete andato negli Stati Uniti come spalla di Sergio Bruni e il nome d’arte di “Gianni Rock”, mentre Ginoble è partito per l’America a 15 anni con “Il Volo”. Cosa ricorda dell’America vista da giovanissimo?

Il terzo è ultimo collegamento è legato a un giocatore di basket che ha giocato due stagioni a Roseto e oggi gioca con il Napoli. Si chiama Brandon Sherrod, è anche un cantante e ha dichiarato che dopo la carriera agonistica vuole diventare sindaco di Bridgeport, Connecticut: la stessa città della quale è stato sindaco Phineas Taylor Barnum, l’inventore del circo moderno. Voi, nel 1984, avete portato a teatro la commedia musicale “Barnum”, incidendo pure un disco. Quanto è stata dura prepararsi da funambolo e giocoliere?

Chiudiamo con Phineas Taylor Barnum. Anche per voi, come diceva lui: “L’arte più nobile è quella di rendere gli altri felici”?

Grazie, Maestro.

Luca Maggitti
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