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Il Volo
GIANLUCA GINOBLE: 10 ANNI DI CARRIERA, 10 TOUR MONDIALI.
Gianluca Ginoble, con la sua Montepagano alle spalle, fotografato al pontile a mare di Roseto degli Abruzzi.
[Luca Maggitti]


Intervista alla star rosetana, che parla dei concerti passati e della voglia di tornare a esibirsi davanti al pubblico del mondo intero.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Mercoledì, 30 Dicembre 2020 - Ore 11:30

Gianluca Ginoble: 10 anni di carriera e 10 tour mondiali con Il Volo. Cosa significa questo per un giovane di 25 anni, partito ragazzino dall’antico borgo di Montepagano?
«La felicità di aver fatto della mia passione il mio lavoro: non tutti hanno questo grande privilegio, nella vita. Questo mi riempie il cuore di gioia e dà un senso a tutto».

Guardando certe foto sembra di vederti dentro un film, per l’importanza dei personaggi e l’eccezionalità delle platee...
«Ci pensavo proprio in questi giorni, seduto a tavola con la mia famiglia. Durante le feste natalizie, capita di tornare con il ricordo a tanti momenti belli e raccontarli. E quando ricordo certi momenti, mi sembra quasi una favola. A volte vorrei darmi dei pizzicotti e chiedermi: ma è successo tutto davvero?».

Quando ripensi a questi primi 10 anni, quindi, il sentimento maggiore qual è?
«La consapevolezza di fondo che tutto è accaduto, nobilitata dalla leggera ingenuità di chi fa fatica a crederci. Finché avrò questa fanciullesca genuinità, avrò la forza di fare sempre meglio».
 
Dopo aver girato il mondo per 10 volte in 10 anni, hai una sorta di “superclassifica” delle emozioni più belle vissute?
«L’emozione più grande di tutte è l’incredulità di vedere paesi e popoli nel mondo così diversi tra loro in tutto – cultura, tradizioni, cibo, religione, comportamenti – che però sono accomunati dalla loro passione per il nostro genere musicale. Dal composto e attento pubblico giapponese a quello più passionale e scatenato sudamericano, il tratto comune sono le nostre canzoni. Questo è davvero incredibile, perché credo sia anche la forza del bel canto, che riesce a unire persone in apparenza lontanissime».

A Natale avete ottenuto un grandissimo successo televisivo con il concerto su Rai 1. Pochi giorni prima, il Digital Journal, network mondiale di informazione, aveva eletto miglior concerto dell’anno 2020 il vostro al Radio City Music Hall di New York, tenuto il 6 febbraio. Se dovessi ricordare 3 concerti per te speciali, in questi 10 anni?
«Ogni concerto è per me speciale, perché è una benedizione. Io amo cantare e in questo lungo periodo di stop canto ogni giorno, a casa mia. Quindi quando ho il piacere di farlo per il pubblico è sempre un momento per me meraviglioso. Volendo costruire un podio, ovviamente partiamo da quello di New York, che ha ricevuto un riconoscimento importantissimo che ci ha sorpreso e onorato. Poi, legandomi alla riflessione precedente, vorrei ricordare la bellezza di due concerti tenuti agli opposti del mondo: quello al Bunkamura di Tokyo e quello al Luna Park di Buenos Aires. In Giappone il pubblico era estremamente pacato, silenzioso, molto attento. In Argentina c’era invece un’atmosfera molto più calorosa e viscerale. La cosa che accomuna questi due concerti è la passione di chi è venuto ad ascoltarci e, quindi, la magia di vedere genti diverse unite dalla musica».

Da molti mesi, la pandemia dovuta al Covid-19 ha paralizzato il mondo, relativamente alle attività culturali e musicali. Come vivi questo momento?
«Nell’affetto della mia famiglia e nella serenità di Montepagano. Dobbiamo aspettare che la pandemia passi e che ci siano le condizioni di sicurezza per tutti. Solo così potremo tornare in concerto ed essere di nuovo tutti felici, uniti dalla musica che per me è l’ossigeno della mia vita».

Pensando a quando sei in tour, quali sono le cose che più ti mancano?
«Umanamente parlando, l’abitudine ai viaggi e il piacere di adattarsi sempre alle nuove circostanze, le lacrime di gioia del pubblico, le sfaccettature e le sensazioni che il lavoro che faccio – che è il più bello del mondo – mi regala. Professionalmente parlando, le mie riflessioni su come sono andato e come è stato il concerto, dopo ogni esibizione».

Davvero dopo ogni concerto fai l’analisi della prestazione?
«Sì, è molto importante per rispetto di chi viene ad ascoltarci e per migliorarsi sempre. Una cosa che mi colpisce è la capacità che ho sviluppato, in questi anni, di percepire le reazioni del pubblico ai nostri concerti e, nello specifico, alla mia esibizione. Credo di avere la giusta empatia per percepire le emozioni delle persone quando canto».

E la tua empatia, credo figlia della sensibilità artistica, cosa ti dice?
«Mi dice se una cosa è piaciuta al pubblico o meno, se potevo farla meglio. Io sono estremamente autocritico e questo mi permette di capire se tutto è andato bene o quando e dove potevo fare di meglio. E, con un po’ di presunzione, mi permetto di dirti che raramente mi sbaglio. Perciò, quando dopo un concerto mi dico che avrei potuto fare meglio questa o quella cosa, mi attivo per farla meglio nella data successiva. E in un tour mondiale di 50 date, il miglioramento continuo è possibile e doveroso».

Ponendoti in modo così autocritico e analitico, in questi 10 anni avrai anche imparato lezioni o acquisito valori. Quali i più importanti?
«Intanto, aver acquisito la consapevolezza di sé, imparando a gestire le proprie emozioni e l’empatia, evitando ogni autoritarismo. Poi la forza di credere in se stessi per trasmettere la fiducia alle persone che ti circondano e che condividono questo meraviglioso e impegnativo viaggio con te, perché c’è sempre bisogno di sicurezza e noi che siamo i leader di un progetto dobbiamo essere di esempio, restando certamente umili ma consapevoli del nostro valore, proprio per tutelare la bellezza di quanto costruito e proteggere tutti quelli che fanno parte della nostra casa».

Dici cose più grandi dei tuoi 25 anni, segno che 10 anni in giro per il mondo ti hanno fatto crescere più della tua età...
«Credo sia il frutto di un percorso di crescita, dei libri letti e delle persone che ti arricchiscono con le loro riflessioni e i loro esempi. Io penso che c’è sempre un ragione al successo. E se il successo – scusa il gioco di parole – continua a succedere, c’è un motivo. Quindi, siccome per tanta gente sei un punto di riferimento, pur restando un essere umano e quindi vulnerabile, devi fare di tutto per essere un esempio positivo, un leader carismatico che trasmette sicurezza e serenità. Certo, questo è un percorso e io l’ho imparato nel corso degli anni. Agli inizi ero molto più timido e riservato, ma poi i giri del mondo e le esperienze mi hanno temprato, credo positivamente».

Dal tuo archivio personale, hai selezionato 19 foto da condividere con noi di concerti tenuti a New York, Verona, Rio de Janeiro, Budapest, Buenos Aires e Montreal. È il tuo augurio per l’anno che verrà?
«Il desiderio è di poter tornare a vivere quei meravigliosi momenti, la speranza è che questo avvenga il prima possibile, perché significherebbe un mondo guarito e ripartito. Citando il grandissimo Lucio Dalla: “Io mi sto preparando”».

Auguri di buon anno.
«Auguri di un anno migliore a tutti, con tutto il cuore».

Luca Maggitti
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