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Venerdì, 26 Aprile 2024 - Ore 12:45 Fondatore e Direttore: Luca Maggitti.

Uomini di Basket
COACH PIERO MILLINA: PETER PAN CERCA LA SUA PROSSIMA ISOLA FELICE.
Coach Piero Millina durante un timeout.

Coach Piero Millina con il suo Campli nella Serie B 2015/2016.

Piero Millina insieme a Iwan Bisson, Italia Basket Hall of Fame.

Intervista all’ineffabile e veterano allenatore che in Abruzzo ha dispiegato la sua sapienza cestistica a Campli e che è ancora, orgogliosamente, su piazza dopo un ‘tagliando’.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Venerdì, 20 Maggio 2022 - Ore 18:04

Coach Piero Millina, come stai? Mi mancava farmi una chiacchierata con te...
«Ciao Luca, sto bene, anzi direi molto bene rispetto agli ultimi anni, dove ritenevo che tutto andasse perfettamente mentre in pratica, e senza rendermene conto, probabilmente andavo a “tre cilindri”. Poi mi hanno chiamato in officina per un “tagliando” e adesso sono tornato ad andare a pieno regime: direi quattro cilindri più il turbo!».

Ho deciso di farti questa intervista perché la vulgata dice che hai smesso di allenare dopo il “tagliando”. È vero?
«La vulgata stavolta sbaglia di grosso, almeno per ciò che mi compete. Non ho mai preso in considerazione l’idea di smettere, anzi sono proprio i medici che mi spingono a tornare in palestra il prima possibile. Poi sappiamo benissimo che per tornare in pista ci vuole l’invito di una società e questo non dipende da me, ma da altri che comunque nel mio caso hanno tutti gli strumenti necessari per decidere».

Come ti senti a vedere tanti giocatori da te presi “dal divano” o dalla serie C e che poi magari vincono campionati cadetti?
«Mi sento orgoglioso dei percorsi fatti da quei ragazzi, giovani o vecchi che fossero, perché anno vinto le loro battaglie, hanno raggiunto i loro obbiettivi e mi hanno dato stima e rispetto senza chiedermi nulla in cambio. Che si trattasse di under come Angelucci e Miglio; promesse non ancora sbocciate o solo parzialmente come Bottioni, Burini, Duranti, Serafini o Mirone; giocatori sottovalutati e che nessuno voleva come Petrazzuoli, Ponziani, Tomasello, Bolletta oppure grandi vecchi come Di Giuliomaria, Gaeta, Fattori, Montuori, Serroni o quel fenomeno di Petrucci… beh, io nella mia carriera non ho vinto tanto, ma qualcosa ho vinto e ti posso dire che se non hai giocatori con quella voglia di migliorare se stessi in funzione della squadra, o spendi “i miliardi” o vinci poco. E io so che quei giocatori, almeno per la mia esperienza, hanno sempre vinto perché più di così non potevano dare. Qindi mi sento orgoglioso di averli allenati e riconoscente per tutto quello che come uomo ho ricevuto».

Cosa ti manca di più della routine del coach?
«Per prima cosa l’adrenalina che precede le partite e che dopo tanti anni diventa una parte fondamentale della tua esistenza; a seguire la “puzza” dello spogliatoio che hai conosciuto da bambino quando eri tu che giocavi e che non ti ha mai abbandonato. Mi manca enormemente il sentire tutte le cazzate che si dicono sotto le docce e che sono il vero termometro della salute di ogni squadra. Mi mancano gli incontri coi giocatori davanti a un caffè o a una colazione dove si discute di futuro, di obiettivi, si fanno verifiche, ci si incazza o si ride. In poche parole: mi mancano quelle piccole cose che però sono una parte fondamentale  dell’essere allenatore, almeno per come lo interpreto io. E tante altre cose, ma lì andremmo su questioni tecniche che annoierebbero i tuoi lettori».

Come impieghi oggi le tue giornate?
«A grandi linee faccio l’uomo di casa che pulisce, cucina e fa la spesa. Sono il tutor-autista di mia figlia Martina e studio basket, ma di quello vecchio che mi dà ancora molti spunti di riflessione. Poi, alla fine della giornata, un film o un libro, chiaramente il tutto senza quell’adrenalina di cui dicevamo prima».

Insomma: sei ancora su piazza?
«Certamente sì, anche se in questo momento mi sembra di essere all’interno di un tunnel che spero finisca presto».

Dove ti piacerebbe allenare? Senior assistant di un giovane coach in Serie A, coach in cadetteria, progetto giovanile? Femminile? Altro? Dimmi...
«Bella domanda. Partiamo dal Senior assistant, che credo di poter fare solo a persone che di me si fidano totalmente e quindi direi mio figlio, Montuori o Di Giuliomaria; altri non mi vengono in mente. La serie B penso sia il campionato dove finora ho espresso il meglio sia per me che per le società, quindi credo che la cadetteria sia un campionato in cui mi ritroverei più a mio agio, soprattutto se c’è da gestire un processo di crescita duraturo nel tempo. Il settore femminile mi ha sempre stimolato, ma non ho mai avuto proposte interessanti che, se arrivassero, valuterei molto seriamente e con interesse. Sul settore giovanile, ormai, non mi illudo più: è da dopo la mia prima esperienza in Serie A a Porto San Giorgio che ho fatto di tutto per rientrare nelle giovanili e non ne ho mai avuto la possibilità. Ed è un peccato perché, presuntuosamente, spesso ho pensato a cosa avrei potuto insegnare a tanti ragazzini senza l’assillo di vincere tutte le domeniche, come invece si è verificato nella mia carriera di allenatore-istruttore. Altro? Niente di particolare, auguro al vecchio Peter Pan di trovare un’altra isola felice».

Grazie, Pierino!
«Grazie a te, Luca. Alla prossima chiacchierata».

Luca Maggitti
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