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Il Critico Condotto
MARIO POMILIO E LA LUCE
Mario Pomilio.

Simone Gambacorta riflette su un aspetto nelle opere dello scrittore abruzzese, vincitore del Premio Strega 1983 con ‘Il Natale del 1833’.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 28 Maggio 2022 - Ore 15:30

Non so se sia mai stata analizzata la presenza della luce nelle opere di Mario Pomilio. Quando la si incontra, per quanto discreta, non è mai una presenza casuale: penso, per esempio, a racconti come “Il cimitero cinese” o “Una lapide in Via del Babuino”.

Nel “Taccuino industriale”, da poco pubblicato da Hacca nella collana “Novecento.0”, diretta da Giuseppe Lupo, vi sono memorie e reportage, insomma pagine del Pomilio più “giornalistico” o comunque nate da occasioni o per motivi riferibili al rapporto tra il Meridione e la modernità.

Pomilio era uno scrittore che non poteva non rimanere comunque uno scrittore anche se e quando chiamato a indossare una veste diversa e allora penso che un punto di evidenza su questa continuità tra il Pomilio che fa il narratore e il Pomilio che fa il “giornalista” stia proprio nell'attenzione rivolta alla luce. La luce, nelle pagine del “Taccuino”, compare ora come «sterile e abbacinata» ora come «di latta» (con anche la variante «sole di latta»).

Un altro punto di continuità sta nella descrizione che Pomilio fa di un tecnico che lo accompagna all'Italsider di Taranto: «Avverto in lui, nei suoi modi, nel suo linguaggio, cui si mescolano di frequente espressioni tecniche straniere, nel suo stesso accento che s’adombra di sfumature settentrionali derivantigli, certo, dai contatti col personale del Nord che lavora qui, qualcosa di corretto, di sobrio e rigoroso, di vagamente militaresco, starei per dire, che raffrena in maniera strana, rendendolo più segreto, il suo sorriso aperto e tendenzialmente estroverso».

Questo splendido, breve, strutturatissimo brano, non è tanto, non è soltanto la descrizione di un uomo in carne e ossa, ma è anche, sembra essere anche un esercizio per la definizione di un possibile personaggio, una prova d'autore dove lo scrittore prende prodigiosamente la mano al reporter. Un momento della vita, un volto, una voce, diventano l'occasione per uno studio nel quale Pomilio sembra voler mettere alla prova, più che le proprie attitudini ritrattistiche, la propria libertà di scoperta e d'invenzione, come se la realtà offrisse improvvisamente lo spunto per una fuga.

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Simone Gambacorta
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