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Libriamoci [invito alla lettura]
ANTONIO PETILLO E LE SUE STORIE DI BASKET VISSUTO: L’AMERIKANO.
I libri ‘Storie di basket vissuto’ di Antonio Petillo, I e II edizione.

Antonio Petillo, in uno dei suoi impegni con le Nazionali giovanili.

Antonio Petillo vice di coach Franco Gramenzi, in A2 a Scafati.

Pagine di pallacanestro che diventano letteratura, grazie alla sensibilità e alla cultura del coach e scrittore Antonio Petillo. Dedicata a tutti quelli che si credono ‘Stobasket’ e invece sono tanti fra tantissimi e niente di speciale.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 20 Marzo 2023 - Ore 12:15

[Estratto dalle pagine 43, 44, 45.]

L’AMERIKANO

Birra, hamburger, hot dog e ketchup, quantità bibliche di ketchup spremute su salsicce, patatine, fritture e perfino su piatti di pasta al sugo e pizze margherita erano il suo breakfast. Dopodiché, visto che non risultava mai rintracciabile nel primo pomeriggio, si presume che trascorresse molto tempo sul water di casa sua.

Dal primo giorno che si presentò in palestra non aveva mai salutato nessuno né risposto ai cordiali buongiorno degli alri. Compagni di squadra, allenatori, dirigenti non erano mai stati considerati da quel gigante di colore venuto dalla mitica America per sospingere quella squadra nel “paradiso” della prima serie. Perfino con il presidente, suo fondamentale pagatore, il suo sguardo rimaneva basso e senza un “ciao”, “hello”, “hi”, o “nice to meet you”. Niente. Il nulla. L’assenza più completa. I suoi allenamenti erano un passeggiare sul parquette non curante di tattiche e schemi. Poi, a sorpresa, s’innalzava nel cielo e schiacciava, stoppava, segnava canestri impossibili, sbalordendo i presenti e i compagni di squadra.

Le sue notti erano un misto di birre e cazzotti. Quella sua faccia era nota in tutti i locali coloured che andavano da Licola a Varcaturo. Eppure, nonostante fosse rissoso e aggressivo, nessun “buttafuori” si era mai sognato di sfidare quell’omone di due metri e dieci, negandogli l’accesso nel night club.

Il giovane occhialuto dirigente della società conosceva benissimo tutti i commissariati della provincia, e ogni fine settimana, svegliato puntualmente in piena notte da Carabinieri e Polizia, si faceva garante per riportare a casa il pivottone, minaccioso e fuori di sé. Nello stesso tempo, i coinquilini del molesto soggetto si riunivano ormai sempre più spesso in assemblee e riunioni, fatte meschinamente di nascosto e assolutamente in assenza dell’interessato, per contestare all’amministratore condominiale di non avere “le palle” di sbattere fuori dal “nobile” palazzo l’indesiderato giocatore. Poi non si andava oltre, in quanto nessun proprietario si trovava, guarda caso, mai disponibile al momento di firmare l’ordinanza.

Fra i molteplici tumultuosi avvenimenti accaduti nella storia recente dell’antico palazzo, si ricorda che in una tranquilla e sentimentale notte trascorsa in casa, il ragazzone, nell’accomodare un semplice e banale dissenso avuto con la fidanzata, appena atterrata dagli USA, le si avventà brutalmente contro, prendendola a buffi e cazzotti. Tutto il caseggiato, allarmato ed impaurito per l’accaduto, restò rigorosamente tappato in casa tremando dalla fifa, fino all’arrivo delle forze dell’ordine. La poverina, nel frattempo, era già scappata in aeroporto, si dice a piedi e senza neanche prendersi la valigia. Cosicché, ritornò in America dopo appena quattro ore di permanenza in Italia. Eppur, per mesi, aveva sognato romantiche passeggiate con il suo boy sul lungomare più bello del mondo...

Una mattina successe che lui si ritirò visibilmente ingrassato. Gonfio. Abbuffato come un maiale. Ma non per le birre o il ketchup, né per gli hamburger preconfezionati che ingurgitava in quantità industriali, ma per la boxe! Un incontro di boxe finito male. Una rissa nel solito locale. Che baraonda quella notte.

Al mattino i suoi occhi erano lividi e rossi, gli zigomi rigonfi di ematomi di colore tra il blu carogna e il verde speranza. Chi avrebbe mai potuto ridurlo così? Si chiedevano stupefatti i compagni di squadra. Chi poteva essere questo “Polifemo” capace di domare l’irruenza del loro pivottone? Eppure c’era. Esisteva. E proprio lui era incappato nelle ringhia di questo qualcuno.

Quel suo connazionale, reduce chissà da quale guerra dei Bush, padre o figlio, “esaurito” certamente più di lui, lo aveva abbattuto. Demolito. Reso nullo. Distrutto. Lui! Sempre alle prese con innocui palloni da infilare in un cesto del campo di basket, aveva “scoperto” un coetaneo alle prese con ben altre sfere, pesanti, molto più pesanti; e forse per questo aveva i muscoli più sviluppati...

Nel vederlo così conciato i compagni di squadra ebbero istintivamente una sensazione di piacere e compiacimento, ma poi tutti provarono una gran tenerezza. In fondo lo trovavano tanto ingenuo ed indifeso.

Ognuno lo confortava e rincuorava per l’accaduto. Il bravo Giovanni lo rimise in ordine, medicandolo con cascate di acqua ghiacciata e i suoi unguenti miracolosi: i novellini delle giovanili gli sorridevano innocentemente e perfino il suo presidente gli diede una pacca sulla spalla.

Quella sera giocò una radiosa partita. Volò ancora più in alto del solito e stoppava e schiacciava. Ai compagni elargiva passaggi e consigli, incoraggiava, ammiccava e perdonava gli errori. Dava ascolto perfino ai suoi detestati istruttori. Alla fine una festa, erano tutti entusiasti: presidente, compagni, allenatori e tifosi. Ed anche lui pareva felice.

Forse, quel “soldatone”, così simile a lui, gli aveva fatto riflettere che non tutto nella vita andava affrontato con quella sua grinta. Mentre i compagni di squadra, così solidali con lui, gli avevano fatto capire che bastava giocare col cuore e la “grinta” per riuscire a vincere le partite sportive e di vita.

Antonio Petillo
STORIE DI BASKET VISSUTO

II Edizione riveduta e ampliata
Edizioni Grafica del Golfo, 2004, Euro 10.


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