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Giovedì, 9 Maggio 2024 - Ore 16:24 Fondatore e Direttore: Luca Maggitti.

Via Seneca [Il privè di ROSETO.com]
GLI STATI CAPORALI DEL BASKET
Foto ricordo a fine serata. Da sinistra: Domenico Faragalli, Pierpaolo Marchetti, Daniele Francani, Alfonso Borghese, Marco Rapone, Davide Di Sante, Lorenzo Settepanella, Gabri Di Bonaventura, Dante Falasca, Roberto Perricci, Luca Maggitti.

Gabriella e Alfonso Borghese dell’Hercules, riabbracciano dopo un po’ di tempo il ‘figliol prodigo’ Pierpaolo Marchetti.

Il colore del silenzio di Elia Barcelò, romanzo tradotto da Pierpaolo Marchetti per Elliot edizioni.

Cena Timeout allargata e una performance tanto gradita quanto inaspettata. Cronaca di una gustosissima serata, alla vigilia della stagione sportiva 2023/2024. In calce, una puntata a tema del Taccuino di coach Dido Guerrieri, datato 1987.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 12 Agosto 2023 - Ore 16:30

Stati generali? Pretenzioso.
Stati maggiori? Baldanzoso.
Stati colonnelli? Dittatoriale.
Stati caporali? Ecco, sì. Stati caporali.

Serata con fritti e pizza per gente che sta in trincea, che nulla comanda ma ugualmente con passione contribuisce, a vario titolo e con vari ruoli, al piccolo mondo antico dell’italica pallacanestro.

La mensile “Cena Timeout”, che ci regaliamo di venerdì, stavolta è stata bissata dopo quella della scorsa settimana, per allargarla ad amici che da un po’ non si riabbracciavano e che a vario titolo hanno qualche inciampo per spostarsi.

Grazie al “welfare logistico” dell’amicizia, stavolta ci siamo quasi tutti. Assenti giustificati i due coach stellati dell’Abruzzo cestistico: Domenico Sorgentone – a cena con la figliola, come da impegno precedentemente preso – e Franco Gramenzi, che invece da Ferentino era un attimo fuori mano e non ha potuto unire altre ragioni per una trasferta anticipata. Pazienza, seppur mancano 21 campionati vinti all’appello!

La serata è stata ricca di abbracci, perché Gabri Di Bonaventura e Pierpaolo Marchetti – che ho il verticale merito di aver fatto conoscere – dovevano scambiarsi doni culturali (un libro di Gustavo Malajovich e cioè “Il giardino di bronzo”, tradotto da Pierpaolo a Gabri, che ha contraccambiato con l’album “Maison Maravilha” di Joe Barbieri) e finalmente rivedersi, dopo qualche contrattempo reciproco. Inoltre, Dante “Cavallo” Falasca e Roberto “Perro” Perricci erano attesi al loro battesimo della cena, insieme a Roberto Faragalli.

Per il resto, il nucleo storico con Gabri Di Bonaventura, Daniele Francani, Lorenzo Settepanella, Marco Rapone, Davide Di Sante e il sottoscritto hanno risposto presente.

Poco basket ieri sera – per fortuna – anche perché qualcuno è direttamente impegnato professionalmente in sodalizi sportivi che fra un po’ inizieranno e non era il caso.

Per fortuna, la serata ha preso subito una piega ridanciana quando Pierpaolo si è presentato con la più bella maglietta del 2023, recitante: “NON È PANCIA MA DISTANZIAMENTO SOCIALE” (la voglio!).

Di lì in poi è stato un crescendo rossiniano, anzi dibonaventuriano, visto che Gabri Di Bonaventura si è prodotto in una performance narrativa dei “tipi giuliesi” che ci ha fatto ridere a crepapalle.

Per quanto mi riguarda, prima volta in un quarto di secolo che vedo Gabri così in forma e soprattutto in veste comica. Strepitoso!

Certo anche Lorenzo non è stato da meno, predicando buonumore alla stregua di Dante e Pierpaolo. A turno, ognuno ha messo la sua fiche sul tavolo del sorriso, ma sempre con Gabri cannoniere della serata.

Così, tra un: “Fammi un primo piano che non posso salire le scale” e un “Yvonne... e ì còmbre” si è arrivati a far fare tardi al buon Alfonso Borghese, che ha chiuso con noi, posando nella foto ricordo. Si era fatta l’una. In 25 anni, forse abbiamo fatto più tardi soltanto la sera in cui allo stesso tavolo c’erano Cesare Pancotto ed Ernesto Ciafardoni in vena di ricordi.

Tutti stamane a scrivermi: quando la rifacciamo? Magari ordinando “Maccarunìtte”...

Grazie. Grazie a tutti. Agli amici per aver partecipato, all’Hercules per essere il nostro porto tranquillo e accogliente nonostante i marosi della vita e – soprattutto – al basket per averci fatti conoscere.

Ed è per ringraziare il basket – inviando uno sportivo “in bocca al lupo” a tutte le amiche e a tutti gli amici per la stagione 2023/2024, qualsiasi sia il loro ruolo e coinvolgimento – che trascrivo di seguito una puntata del Taccuino di Dido Guerrieri pubblicato nel 1987 su Superbasket. Il compianto coach è uno dei padri nobili dell’italica pallacanestro e questo suo taccuino è perfetto, visto che tratta – con rara poesia – dell’imminenza di una nuova stagione agonistica.

IN PANCHINA COME ORAZIO


Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi, finem di dederint, Leuconoe...

(Quinto Orazio Fiacco)


L’aria di fine settembre a Roma, è tiepida e trasparente, nulla fa presagire l'autunno, eppure già senti nel sangue la nostalgia dell'estate che si spegne lentamente, quasi di nascosto, con lo stesso pudore degli animali che vanno a morire da soli, con dignità.

Nulla fa neppure presagire che stia per iniziare il Campionato, ma è così: è finito il precampionato, il regno dell'effimero, delle illusioni, dei fuochi fatui, delle impressioni fallaci. Inizia il redde rationem, non è più permesso sbagliare, meno che a tutti è permesso a noi allenatori. Le chiacchiere stanno a zero, si dice a Roma: le apparizioni pubbliche, le interviste, le cognizioni, i problemi non servono più. Bisogna vincere e basta.

Un paio di anni fa, in una intervista alla «Gazzetta dello Sport» Dan Peterson, richiesto di un parere su di me, mi paragonò a K.C. Jones, allenatore dei Boston Celtics. Un grande onore, per me. Dan comunque intendeva dire che, come K.C. mi preoccupo più della sostanza che della forma, e che cerco di mantenere in partita un contegno abbastanza controllato.

Racconterò qui un episodio accaduto a K.C. Jones che a me non sarebbe certo capitato. Nel 1974 era allenatore capo dei Washington Bullets. Durante una semifinale di playoffs giocata contro i Golden State Warriors, verso la fine dell'incontro, la telecamera della CBS inquadro la panchina, dei Bullets durante un time-out. Bene, sul video apparve l'assistente Bickerstaff (attuale allenatore dei Sonics) che disegnava un'azione su una lavagnetta e la mostrava ai giocatori, mentre Jones assisteva impassibile. I Bullets furono eliminati dai Warriors, tutti parlarono della scena apparsa in TV. Jones non conta niente, dissero, fatto è che K.C. fu licenziato, e prima di diventare allenatore capo dei Celtics dovette pagare con un nuovo e lungo lavoro di assistentato.

Beh, dico subito che io non somiglio a Jones, perché se un mio assistente si permettesse simili iniziative, gliele scoraggerei tosto con una pedata sui denti. Ho poi espresso sempre la mia perplessità sull'utilità dell'impiego delle famose lavagnette durante la partita. Bene ora posso dire che sono suffragato dall'autorevole parere di Red Auerbach.

Auerbach, come ognuno sa, è stato l'allenatore più vincente della storia del Basket «pro» americano, ed attualmente ricopre la carica di Presidente dei Boston Celtics. Nel libro uscito a sua firma nella scorsa primavera negli Stati Uniti «On And Off The Court» sull'argomento lavagnette scrive quanto segue: «Noi non abbiamo mai paura e non cominciamo, durante i time-outs, a tirare fuori le lavagnette per tracciare azioni di emergenza. Cosa diavolo volete fare in un minuto: col pubblico che urla e con tutti che sono in tensione? Non c'è tempo per una nuova azione. Occorre roba con cui avete già familiarità... quando vedo un coach agitare la lavagnetta, tracciarvi su furiosamente diagrammi, vedo un coach che sta vendendosi alle telecamere ed al pubblico, mentre quello che dovrebbe fare è "vendersi" alla propria squadra».

Non si può certo dire che Auerbach ci sia andato con mano leggera. Naturalmente molti altri sono di opinione diversa. Beh, a costoro dico soltanto tanti auguri e complimenti, se riescono a farsi capire dai giocatori con l'ausilio di un simile attrezzo ed in circostanze cosi tempestose.

Potrebbe anche essere che, a livello inconscio, io odiassi la lavagnetta perché mi ricorda la lavagna sulla quale, ai tempi del liceo, tentavo miserevolmente di scrivere equazioni sotto lo sguardo malevolo del professore. Non so, la matematica era un incubo, l'educazione fisica una speranza che spesso si trasformava in amara delusione quando il professore, anziché il pallone, faceva tirar fuori dal magazzino gli appoggi Bauman. Ma quando usciva il pallone, che gioia ineffabile! Ero il giocatore più bravo del Giulio Cesare, quindi giocare mi spettava di diritto, comunque fossero formate le squadre io c'ero sempre. Quando suonava la campanella che segnava la fine dell'ora mi sentivo realizzato e felice, pronto anche ad affrontare matematica, fisica e chimica assieme.

Ammiratore di Leopardi e del suo «Sabato del Villaggio» sapevo però, da seguace di Orazio, godere il momento. Ed il presagio, l'attesa hanno sempre significato, nella mia vita, consapevolezza, gioia, speranza. Proprio le sensazioni che provo ora nell'imminenza dell'inizio della mia ventinovesima stagione come allenatore.


DIDO GUERRIERI
(Il Taccuino, Superbasket, 1987.)


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Luca Maggitti Di Tecco
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