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Immigrazione clandestina
NESSUNO HA IL CORAGGIO DI DIRE ‘BASTA!’


La situazione sta diventando insostenibile e non è solo una questione economica: riguarda l’aspetto umano, culturale e di identità. L’editoriale di William Di Marco, pubblicato su Koinè uscito lo scorso 22 ottobre 2023.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Lunedì, 30 Ottobre 2023 - Ore 11:15

ROMA CADDE
Quanta doppiezza intorno a un argomento così scottante che spesso, per giustificare il concetto "l'immigrazione è sempre esistita", s'ammanta di retorica e di ipocrisia, facendo finta che il problema non esista e quantunque dovesse esistere, riguarderà chi verrà (giusto il contrario dell'ideologia ambientalista). Spesso s'invoca la Storia come magistra vitae, cioè come se avesse il compito di indicarci quello che accadrà o, almeno, certe dinamiche sociali. Ora, la storiografia di ciò che successe agli antichi Romani è molto esplicita. Le cause delle invasioni furono molteplici, ma tra le principali ci fu l'arrivo non tanto delle orde di barbari, che a partire dal V secolo invasero i territori dell'Impero e della penisola italica, quanto ciò che si profilò nel IV secolo. Alcuni imperatori accettarono le richieste di immigrati (ancora non proprio di popoli interi) e riuscirono a soddisfarle attraverso l'assimilazione, basandosi sul decantato mos maiorum, cioè il nucleo delle usanze, dei costumi, della morale che gli antichi latini avevano costruito nei secoli e che dovevano essere accettati dai nuovi arrivati. L'integrazione avvenne con grande partecipazione, ma crollò nel momento in cui si abbassò la guardia. Le richieste aumentarono all'inverosimile, l'integrazione fu abbandonata e dai singoli individui si passò ai popoli interi, che anche allora, riconoscendo i grandi vantaggi di vivere dentro il territorio imperiale, scappavano da guerre e carestie. Fu l'inizio della fine e il processo di disfacimento durò oltre un secolo, fino a quando nel 476 d.C. l'ultimo imperatore, Romolo Augustolo, fu deposto da Odoacre, re degli Èruli. Certo, occorrerebbe esaminare una complessità di dati per avere un quadro completo, ma nel tempo gli storici si sono convinti che quello dell'immigrazione fu un fattore determinante per un crollo non tanto di un potere statuale, bensì di una civiltà.

IL FALSO GIUSTIFICAZIONISMO
Che siamo di fronte a chi si gira sempre dall'altra parte è riscontrabile in due fattori, importanti per capire il fenomeno immigratorio che sta colpendo l'Italia e l'intera Europa. Il primo è legato ai numeri. Chi vorrebbe le porte aperte senza se e senza ma non riesce a snocciolare un dato fondamentale: cioè, quante persone il nostro Paese dovrebbe accogliere? Senza un numero preciso e senza politiche immigratorie fatte di vera integrazione, prende il sopravvento la retorica del "benaltrismo", cioè che il problema è altro. Si dice che non si può non considerare l'aspetto umano e caritatevole, ma tali approdi offrono il fianco a chi vuole lucrare, come scafisti, associazioni, organizzazioni di dubbia moralità (ci siamo dimenticati di Salvatore Buzzi, noto malavitoso coinvolto nello scandalo “Mafia Capitale”, che diceva che i migranti “rendono più del traffico di droga”?). Anche l'imperatore Lotario nel 399 d.C. aveva fatto notare che molti disonesti allora guadagnavano sulla povera gente che veniva da oltre confine, ma nessuno gli diede ascolto. Gli individui che fanno soldi e fortune alle spalle di questi bisognosi sono i peggiori. Il secondo fattore in cui trionfa l'ipocrisia è sul trasporto delle persone che partono dall'Africa, dal Medio Oriente e dall'Asia per approdare da noi. Se fossimo "umani" li andremmo a prendere con gli aerei e non li faremmo imbarcare su vere e proprie carrette del mare. Invece, spendiamo a dismisura (ogni rimpatrio costa €. 2.365) e quando sono da noi tanti fuggono dai centri per vivere nell'irregolarità, senza documenti e alla mercé della malavita organizzata. Il ponte aereo sarebbe molto più sicuro e avremmo persone utili al fabbisogno lavorativo del nostro Paese.

IL REGNO UNITO

Troppi politici hanno promesso soluzioni per poi disattenderle. Che il problema sia complesso è un dato di fatto, ma rimane la questione di fondo: così non può continuare. Quel "basta" iniziale è un'affermazione ripresa da una donna che si sfogava a beneficio di una telecamera, ma rappresentava un sentire molto diffuso tra la gente. Occorre agire subito con fermezza. D'altronde, due grandi democrazie ci hanno dato un esempio fattuale di come risolvere il problema. In Australia (venticinque volte più grande dell'Italia con 25 milioni di abitanti!), l'esercito, la marina e l'aviazione sono costantemente impegnati a non far sbarcare nessuno, con messaggi minacciosi. Il "blocco navale" (proprio così) è attuato su tutto il perimetro della grande isola e chi lo sfonda è rimandato subito indietro. In Gran Bretagna (madre della moderna democrazia) il Primo Ministro Rishi Sunak, ha coniato lo slogan "Stop the boats" (fermate le barche), ribadendo: "Abbiamo introdotto una legislazione senza precedenti, per chiarire che chi arriva qui illegalmente sarà trattenuto o allontanato in poche settimane, nel proprio Paese o un Paese terzo sicuro come il Ruanda. So che si tratta di misure difficili e non mi scuso per questo. La mia politica è molto semplice. Sono il Paese e il vostro governo a dover decidere chi viene qui e non le bande criminali. Farò tutto il necessario per raggiungere questo obiettivo. Ho detto che avrei fermato i barconi? E dicevo sul serio". La nuova legge (Illegal migration bill), in vigore dal 20 luglio 2023, stabilisce che chiunque arrivi nel Regno Unito in maniera illegale vada fermato e portato di forza in grandi barche (chiatte) strutturate al bisogno, nonostante le proteste dei movimenti confessionali e delle organizzazioni umanitarie. Ognuno di queste imbarcazioni può ospitare 500 persone. Lì il governo è impegnato per un vero controllo delle frontiere. Da noi, purtroppo, si pensa a formulare chiacchiere infarcite di ipocrisia. Che bella differenza!

William Di Marco
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