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ESCLUSIVO
Roseto Basket Story
VANGELIS MANTZARIS: I MIEI RICORDI FRA OLYMPIACOS, ALLENATORI, COMPAGNI DI SQUADRA E NAZIONALE GRECA.
Vangelis Mantzaris bacia l’Eurolega vinta nel 2012 con l’Olympiacos Pireo.
[Ciamillo&Castoria]


Davide Di Sante e Vangelis Mantzaris, durante l’intervista.
[Luca Maggitti Di Tecco]


Vangelis Mantzaris difende su Milos Teodosic, durante la finale di Eurolega 2012 vinta con l’Olympiacos Pireo battendo il CSKA Mosca.
[Ciamillo&Castoria]


Intervista di Davide Di Sante al fuoriclasse greco, in forza alla Pallacanestro Roseto, vincitore di una Coppa Intercontinentale, 2 Euroleghe e 3 Campionati di Grecia. In calce, l’intervista video e un divertissement fra arrosticini e souvlaki.

Roseto degli Abruzzi (TE)
Sabato, 17 Febbraio 2024 - Ore 11:15

Vangelis Mantzaris, greco classe 1990, combo guard che in Serie B Nazionale può giocare i tre ruoli esterni, è il giocatore più blasonato in 103 anni di storia rosetana, avendo firmato per la compagine del Lido delle Rose dopo aver vinto con l’Olympiacos Pireo 1 Coppa Intercontinentale, 2 Euroleghe e 3 Campionati in Grecia.

Da poche settimane, “Mantza” – come lo chiamano i compagni di squadra e lo staff rosetano – è ulteriormente entrato nella storia della pallacanestro rosetana, con la tripla doppia più prestigiosa mai confezionata nel Lido delle Rose in 103 anni, realizzata nella vittoria interna contro Mestre con 10 punti, 10 rimbalzi, 12 assist e 31 di valutazione, in 29 minuti di gioco.

Questa è un’intervista esclusiva, realizzata da Davide Di Sante in occasione della puntata 20 del 12 febbraio 2024 del magazine TIMEOUT 2.0.

Di seguito l’intervista. In calce, il link per rivedere la puntata integrale di TIMEOUT 2.0 (con l’intervista che parte al 36° minuto del video). Infine, pochi secondi di video per un divertissement – fra intervistante e intervistato – a tema arrosticini e souvlaki.

Vangelis Mantzaris, sei cresciuto nel Peristeri, la squadra del tuo quartiere nella zona nord-ovest di Atene, debuttando giovanissimo nel massimo campionato greco, giocando anche con il tuo fratello maggiore Antonis. Nel 2011 ricevi la chiamata dell’Olympiacos. Come sono avvenuti i primi contatti e successivamente come si è concretizzato il tuo trasferimento al Pireo?
«In quell’anno giocavo in A1 al Peristeri dove all’età di 16 anni avevo debuttato in Serie B, la terza divisione greca, e mio fratello era il capitano della squadra. Siamo stati promossi subito in A2 e dopo due stagioni in A1, quando Argyris Pedoulakis, che nel Peristeri è stato una bandiera da giocatore, venne ad allenare la squadra. Da neopromossi abbiamo avuto un ottima annata chiudendo all’ottavo posto in stagione regolare e sfidando il Panathinaikos ai play off ed in gara 1 ad OAKA sfiorammo la vittoria, che sfumò soprattutto a causa di una tripla di Mike Batiste negli istanti decisivi. Nell’estate che venne fui anche molto vicino a firmare con il Panathinaikos, con il mio agente che aveva condotto la trattativa. All’epoca c’era Dimitris Itoudis che era il vice di Obradovic e si occupava anche dei giovani e mi disse che c’erano anche altri talenti in prima squadra e che lo spazio non sarebbe stato molto, il che non era il massimo per me. C’è stata anche la possibilità di andare in Spagna ma poi, per mia fortuna, si fece avanti anche l’Olympiacos con i proprietari, i fratelli Aggeolopulos, che ogni stagione mettevano per la squadra un budget di circa trenta milioni di euro, prelevando giocatori importanti come Josh Childress, Linas Kleiza, Arvidas Macijauskas ecc., che decisero di tagliare un po’ il budget e di inserire giovani giocatori greci per creare un mix con quelli più esperti. Quindi, nel corso degli anni, andammo io, Kostas Sloukas, Kostas Papanikolau, Dimitris Katsivelis che ora gioca all’Aris, con i quali abbiamo vinto diversi titoli con la nazionale giovanile. C’erano già Spanoulis e Printezis che portavano esperienza ed arrivarono alcuni giocatori stranieri come Kyle Hines, che fu prelevato dal Bamberg di coach Trinchieri e non era ancora al livello top, ma che poi nel corso degli anni lo diventò decisamente andando a al CSKA e che ora è a Milano. La squadra era composta da un ottimo mix di giovani e giocatori esperti, allenata da un grande coach come Dusan Ivkovic e durante la stagione miglioravamo sempre di più. Nonostante si fecero male elementi importanti come Joey Dorsey ed Acie Law, riuscimmo ad arrivare fino alla Final 4 di Eurolega e vincerla».
 
All’Olympiacos, nel corso degli anni, si è composta una vera e propria anima greca anche per la Nazionale, con gli arrivi nel corso degli anni anche di Papanikolaou, Sloukas, Katsivelis, Papapetrou ed Agravanis. Come hai già detto c’erano già gli esperti Spanoulis e Printezis. Quanto sono stati importanti durante le prime stagioni all’Olympiacos?
«Dal Peristeri all’Olympiacos ovviamente sono passato ad un livello decisamente alto, dalla A2 greca all’Eurolega. Avevamo un grande spogliatoio e soprattutto con Printezis si è instaurato un rapporto da fratelli. In generale, lui fu fondamentale per noi giovani. Spanoulis ha un carattere diverso, sempre concentrato sugli obiettivi da vero Capitano e aveva un carattere un po’ più introverso rispetto a Giorgos. Ci hanno insegnato soprattutto l’essere disciplinati, in quanto eravamo in un top team europeo, ma anche di godere dell’esperienza che stavamo vivendo, perché appunto ogni tanto dimenticavamo di farlo. Quegli anni furono però bellissimi, anche se avevamo iniziato una nuova era con il taglio del budget e l’arrivo di noi giovani e di alcuni giocatori stranieri che erano scommesse a quei livelli. Eccezion fatta per Spanoulis e Pero Antic, non avevamo ancora top player, con lo stesso Printezis che tornò qualche anno prima da un’esperienza non troppo positiva a Malaga, in prestito. Ma in palestra, in allenamento, davamo sempre tutto ed eravamo dei veri combattenti, giocavamo sempre meglio, ottenevamo risultati ed il palazzetto era praticamente sempre sold out. L’Olympiacos, dopo la vittoria dell’Eurolega a Roma del 1997, veniva da alcuni anni difficili, ma in quegli anni si stava ricostruendo per tornare un top team europeo».
 
Hai avuto diversi coach importanti all’Olympiacos, iniziando da una leggenda come Dusan Ivkovic e passando da Giorgios Bartzokas, Giannis Sfairopoulos e David Blatt. Cosa ti ha lasciato ognuno di loro sia dentro che fuori dal campo?
«Sono quattro persone molto differenti tra loro, con differenti personalità. Con Ivkovic ero un giovane al primo anno e ovviamente il tipo di relazione non era troppo forte, ma molto molto rispettosa. Una delle sue doti principali era di sapere sempre quando doveva mettere pressione alla squadra e quando, al contrario, doveva fare in modo di farla tranquillizzare in modo da giocare sempre meglio. Era davvero molto bravo nel “manipolarci” per quando essere seri e quando essere rilassati.
Coach Bartzokas per me è la miglior persona con la quale conversare fuori dal campo e prendere un caffè, perché in campo nei quaranta minuti delle partite è un po’ “psycho”. Con lui ho sempre avuto un grandissimo rapporto e, come già detto, è stata una delle persone migliori che abbia mai incontrato nella mia vita. Quando la squadra andava bene lui era davvero incredibile. Ricordo che la stagione successiva al back to back in Eurolega, per due-tre mesi non perdemmo mai una partita tra campionato e coppa, vincendone oltre venti consecutive. Sicuramente è stata la miglior stagione della mia vita, perché nello spogliatoio c’era un clima fantastico con tutti gli altri ragazzi greci, nonostante avessimo perso Papanikolaou che nel frattempo era andato in NBA a Houston. Ma alla fine non vincemmo nulla! Fummo eliminati in gara 5 dai play off di Eurolega a Madrid e perdemmo sempre alla quinta la finale di campionato con il Panathinaikos. Nonostante tutto, Bartzokas rimane per me il migliore: è una persona molto emotiva psicologicamente. Ovviamente, ci dava regole ed impostazioni tattiche ma ci lasciava molta libertà individuale. Soffriva un po’ la pressione quando magari c’erano dei periodi difficili e andava un po’ in difficoltà perché l’Olympiacos per me è la squadra europea che ha più pressioni all’interno, considerando la rivalità fortissima con il Panathinaikos. E soprattutto su noi greci Bartzokas, ma anche Sfairopoulos successivamente, a volte trovava difficoltà nel gestire tutte queste pressioni.
Coach Sfairopoulos era una persona molto disciplinata e con lui facevamo praticamente tutti i giorni video su tutto, circa 45 minuti ogni giorno. La cosa divertente quando entrava negli spogliatoi era la sua espressione facciale quando ci salutava e da li capivamo che giornata sarebbe stata per noi. Ed anche alla fine degli allenamenti capivamo dal tono in cui ci salutava se era soddisfatto o meno. Lui era davvero molto bravo nel preparare le partite, specialmente nella fase difensiva. Durante le gare poteva capitare che avesse qualche difficoltà, raramente però, ma prima in fase di preparazione era davvero uno dei migliori.
Coach Blatt purtroppo all’Olympiacos iniziò ad avere problemi di salute. Spesso si sentiva giù di forze senza apparenti motivi e a volte veniva agli allenamenti in sedia a rotelle e ci sentivamo davvero male in quelle circostanze. Anche con lui era piacevolissimo parlare fuori dal campo ed era molto positivo, come tutte le persone israeliane. Ogni volta che ti parlava ti faceva sentire il miglior giocatore del mondo e ogni volta che veniva da me mi diceva sempre che era orgoglioso di allenare me, come se stesse parlando con Lebron James, che ha anche allenato! Qualsiasi cosa diceva era sempre al 100% verità».
 
Durante le otto stagioni al Pireo sono passati tantissimi giocatori stranieri: qual è quello di cui hai i ricordi migliori?
«Sicuramente Kyle Hines perché, oltre ad aver vinto insieme tanti trofei, era forse l’americano più europeo che abbia mai incontrato, per i suoi modi di fare e per i suoi comportamenti. Un uomo davvero fantastico, sembrava quasi un ragazzino in certi frangenti, in quanto a rispetto ed educazione. Chiedeva scusa praticamente per tutto ed era un vero gentleman, nonostante il suo aspetto fisico imponente: una specie di Ercole! Ok, adesso ovviamente comincia a sentire il peso dell’età, ma dieci anni fa era davvero atletico e non potevi passare contro di lui, con le sue braccia infinite. Come carattere, sicuramente il migliore che ho mai incontrato. Poi c’è stato anche Nikola Milutinov, ma lui per me è come un greco per i suoi modi di fare quindi fatico a considerarlo straniero».
 
Parliamo della carriera con la Nazionale. La tua generazione veniva dopo quella di una delle squadre europee più forti di sempre, quella che annoverava gente come Diamantidis, Spanoulis, Papaloukas, Fotsis, Zisis ecc., che per intenderci sconfisse Team USA di Lebron James, Kobe Bryant e compagnia nella semifinale dei Mondiali in Giappone. La squadra era comunque molto competitiva, con la presenza anche di un giovane Giannis Antetokounmpo, ma avete sempre mancato il grande risultato. Hai qualche rimpianto?
«Sicuramente qualche rimpianto c’è, soprattutto perché la nostra generazione ha vinto praticamente tutto a livello giovanile. Inoltre, non sono mai riuscito a giocare le Olimpiadi e questo per me è l’unica tristezza della mia carriera sportiva. Come dicevo, specialmente la nostra generazione, quella del 1990 per intenderci, ha fatto il pieno di medaglie ad europei e mondiali Under 20, Under 19 ed Under 16, vincendone tre d’oro e due d’argento. Giocare con la Nazionale maggiore, significava affrontare un torneo con tutte le insidie del caso. Avevamo Giannis che era giovane e spesso andava in difficoltà per le differenti regole tra NBA e resto del mondo, soprattutto quelle difensive. Alcune difficoltà le ha ancora tutt’ora, quindi immaginate quando era più giovane. Spesso e volentieri, tra mondiali ed europei, abbiamo sempre giocato benissimo nelle prime fasi a gironi, spesso uscendone anche imbattuti, ma poi trovavamo la giornata storta nella fase ad eliminazione diretta, venendo così estromessi con una sola sconfitta. Un esempio lampante fu agli europei in Spagna nel 2015, quando chiudemmo la fase a gironi con 5 vittorie e 0 sconfitte, al primo posto, e incrociammo la Spagna nei quarti di finale (dopo aver eliminato il Belgio agli ottavi, n.d.r.), che ci eliminò arrivando poi fino alla finale e vincendo il titolo. In quelle gare ad eliminazione diretta abbiamo anche avuto un po’ di sfortuna e, di conseguenza, per noi di quella generazione non essere riusciti a conquistare un gran risultato con la Nazionale maggiore rappresenta una delusione».
 
Ultima, ma non meno importante domanda. Sei a Roseto, in Abruzzo, da quasi sei mesi, preferisci gli arrosticini o ancora il souvlaki?
«(Grande sorriso, n.d.r.) Gli arrosticini sono sicuramente fantastici e gustosi e sono abbastanza simili al souvlaki. Ma ovviamente devo dire souvlaki, per patriottismo!».

TIMEOUT 2.0 stagione 2023/2024.
Il basket tra un canestro e l’altro.
Puntata 20. Lunedì 12.02.2024.

Ospiti: Vangelis Mantzaris, Allegra Botteghi, Vincenzo Provenzani.
Intervista di Davide Di Sante a Vangelis Mantzaris dal 26° minuto.
https://www.facebook.com/lucamaggitti/videos/744827540912723

ARROSTICINI vs SOUVLAKI
Davide Di Sante & Vangelis Mantzaris
https://www.facebook.com/lucamaggitti/videos/1168435864146405


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Davide Di Sante
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